mercoledì 21 aprile 2010

Altri mari a Fondachello

Sicilia dell'Est. In inverno la carbonella di scorza di mandorla e le foglie di arancio per i conigli nelle nasse si mischiavano alla salsa di aglio e pomodoro. Ad aprile, invece, nel vicolo esposto ai venti il profumo delle prime zagare si perdeva dalle narici in una zona impalbabile della testa. Ma come veniva l'estate, nel pomeriggio, la signorina della radio ripeteva a litania le quotazioni delle Rinascente privilegiate e poi la voce dell'uomo annunciava le temperature massime di Cagliari Elmas e Santa Maria di Leuca.

E finalmente un mattino presto si apriva il mare, dopo un'ora di vigneti a terrazze, davanti al corteo dei pellegrini venuti dalle colline. La 600 blu a 3 porte di zio Santo, con la direzione inversa dello sportello in favore di gamba, poi la nostra 850 sabbiata come una jeep militare nel deserto e la 128 pistacchio di zio Mario. Dai finestrini in corsa entrava nel naso l'ossigeno del mare e la salsedine, i pini marittimi o il colore turchese dell'alba.

E andavamo incontro alla calura della spiaggia davanti alla pineta portando la croce della calura della pasta al forno sotto le coperte di lana, le borracce nuove e le borse del ghiaccio nuove nuove, con il costume sotto i pantaloni per provare a nuotare in questo mare con la corrente. Con l'acqua sempre fredda di Fiumefreddo e le onde sempre alte che le previsioni del tempo dicevano sempre, poco mossi gli altri mari, ma quali sono gli altri mari dopo Fondachello.

Sotto alberi bianchi davanti al mare al tavolo o in piedi in una nuvola di sigarette accese giocavano a carte. E dopo una mano uno dice: "Pezzo di scecco!" E l'altro: "Fatti abboattare (in una scatola di pelati)." Coperti o non coperti dall'ombrellone piantato nel pietrisco grigio e bianco torniamo nelle macchine spettinati, come peperoni rossi al forno. E per giorni le braccia mandano in giro luce fosforescente, zaffate di sale e di alghe marine e di ossigeno, ma le ustioni sulle spalle non finiscono mai, la fronte si fa a strisce. Un'altra mattina nel sonno, tutto a un tuttùno, d'improvviso all'alba arriva un altro annuncio "il costume, forza, andiamo che è tardi" e alla radio a transistor uno canta, come fosse Elvis, "domenica d'agosto, la spiaggia è un girarrosto".