mercoledì 18 agosto 2010

Albanese spazza il semaforo

All'incrocio con la via di Porta Vigentina e la cerchia dei Bastioni, la città di Milano vanta un presidio importante. E' una donna vestita da uomo che chiede mezzo euro a tutte le auto senza promettere lavaggi di vetri. Di solito piazza sulla siepe le sue borse e poi passeggia lungo i diversi finestrini come una guardia rossa del Cremlino davanti alla tomba di Lenin.

Ma oggi l'albanese del semaforo ha fatto un regalo a tutti i milanesi. Armata di scopa da spazzino, non minaccia i creditori automobilisti. Semplicemente toglie di mezzo i mozziconi di sigaretta, perchè con le ferie l'Amsa va in vacanza e il suo territorio è come un ufficio in disordine già alle undici di mattina.

L'albanese è piccola e magra. Avrà i suoi 50 anni con un solco lungo il viso come una specie di fossato. Chi si ferma al semaforo ha già le scatole girate e in più deve sorbirsi la minaccia universale del senso di colpa per non aver sfamato i suoi poveri familiari. Così la maggior parte si prende i suoi insulti in albanese o riesce a evitare lo sguardo insolente.

L'incasso medio giornaliero stimato è di circa 200 euro al giorno che è ancora poco considerando i giorni di pioggia e le festività. Chi la guarda dal finestrino e non dà nulla riceve l'invito, anzi la minaccia, a versare la moneta per l'indomani. Lei guarda dentro la macchina e certe volte si accontenta anche di una caramella o di una mentina. E poi dice Vaffanculo in albanese.

Una volta stavo mangiando una pesca e gli ho detto se voleva dare un morso. Un'altra volta gli ho dato un cd di un gruppo irlandese. Ma ormai, dopo circa dieci anni di attività, conosce tutte le possibili reazioni e in pochi secondi ti manda a quel paese se capisce che sei il solito tirchio che promette e poi non da mai un tubo di niente. Di certo tutte le mattine lei controlla gli ingressi alla città e chiede conto di quello che fai. Forse è un esattore dell'erario o forse è un angelo ai cancelli dell'Eden.

venerdì 13 agosto 2010

Setti fimmini

Sono tutte uguali le donne della mia vita. Si lamentano sempre di qualcosa e io le ascolto. Le rassicuro quando piangono o se parlano delle mie assenze o degli imbrogli. Di solito hanno gli occhi neri e grandi, però, per rovinare tutto, portano la frangetta sugli occhi o qualcosa di simile. Le odio per questo e perciò ho fondato dentro di me l'MLF, il Movimento per la Liberazione della Fronte.
Le amo per compassione e le adoro per passione. Il lamento del dolore si trasforma in lamento di piacere e questo è il miracolo. La pelle è bianca e liscia, la bocca è morbida e crudele. Confido sempre nel gioco della scoperta del mistero insondabile che si cela dietro alla decisione: "Porto la mia borsetta con il trucco entro la borsa più grande oppure la metto a parte nella valigia quando parto?"
Sogno sempre che mi prendano così come io le prendo. Vorrei che mi seguissero sempre nelle mie manie. Ma non lo fanno quasi mai quelle che amo. Invece lo farebbero sempre quelle che mi lasciano indifferente.
Alla fine mi adorano talmente che sopportano ogni tortura. Fino quando passa il primo che passa e allora mi fanno: "Mi dispiace ma ora sono impegnata. Non ti dimenticherò mai. Buona fortuna". In fondo i rapporti a due soffrono dello stesso male della cabine del telefono. Uno dei due è rotto oppure l'altro è occupato.