martedì 30 settembre 2008

Alan Sorrenti doc

Vorrei incontrarti proprio sul punto di cadere,
Vorrei incontrarti fuori i cancelli di una fabbrica,
Vorrei incontrarti lungo le strade che portano in India.
Vorrei conoscerti ma non so come chiamarti,
vorrei seguirti ma la gente ti sommerge,
vorrei incontrarti ma non so cosa farei.

(cit. dall'album Aria)

lunedì 29 settembre 2008

U capisti?


Cascata delle Marmore. Ho abbracciato i miei in una terra straniera. Ho fatto la doccia a mio padre e lavato i piedi a mia madre. Mia nipote Beatrice è come una spugna quando sente le parole nuove. Io le dico: "U capisti?" oppure "Ma chi cci 'ncucchi?" E lei ripete e ride. 

Insieme siamo andati a vedere una partita di calcio e anche in piscina. Abbiamo fatto una passeggiata nel bosco rischiando di essere sbranati dai cani. Per fortuna erano legati. L'ho portata sulle spalle e le ho fatto assaggiare una mora da un rovo. E lei la sera si è ricordata: lo sai mi è piaciuta questa mora.

venerdì 19 settembre 2008

Greca albanese

Lavinio, Roma. A Lavinio avevo fatto dei segni sulla sabbia mentre cominciava a far freddo nella sera. Stavo dentro la giacchetta di jeans comprata a piazza Vittorio e lei mi guardava con i suoi occhi grandi da greca albanese.

Più avanti ci siamo trovati a Roma. Quando piove a novembre l'aria si fa pulita e le luci del lungotevere danno un colore apparente giallo oro mentre nelle ossa senti il freddo dell'inverno. Piazza San Pietro era vuota di gente e piena di sedie accatastate, tranne alcune in mezzo alla sala gigantesca aperta solo per noi. Così ci siamo stretti su una sola di queste con la luna nascosta dalle nuvole in volo.

venerdì 5 settembre 2008

Tessere di Greenaway

Milano, palazzo Reale. Ho visto le luci di Peter Greenaway sul Cenacolo di Leonardo. Sulla parete della sala delle Cariatidi l'immagine del volto di San Giovanni si avvicina fino al punto da far volare tutte le tessere di calce e di colore. L'affresco si corrode ma alla fine torna intero ed eterno. Se qualcuno (ma anche qualcosa) mi affascina, per possederla, la trituro, la scompongo fino a vedere tutte le sue parti più intime e poi rimetterle a posto. Faccio lo stesso con le cose. Taglio un'anguria in due grandi parti. La svuoto della polpa e la mangio. Le due coppe vuote della buccia le taglio a pezzetti, via via sempre più piccoli. La poltiglia con il tempo si ricompone (compost) e diventa preziosa o funesta per le piante.

giovedì 4 settembre 2008

Allevi suona per noi

Bresso (MI) Fly Festival. In grande prato fresco e senza zanzare c'è un palco enorme dove suoneranno Ron, Tiro Mancino e perfino Al Di Meola. Le sedie sono numerate con un'etichetta adesiva sul retro e tutte su un parquet rialzato a due livelli. Sullo sfondo un telo bianco avorio, davanti l'immenso pianoforte nero e alato. Ad aspettare il pianista e compositore Giovanni Allevi almeno quattro o cinque mila persone giovani e perbene. Io ho camminato tra l'erba secca per coprire le distanze. Ho imbracciato il bicchierone di birra alla spina e poi seduto l'ho messo per terra sotto la sedia.

Il Giovanni è arrivato con la sua zazzera e la felpa con cappuccio correndo e agitando le mani come per volare. Ho sentito per la prima volta la sua voce e questo suo modo di parlare concitato e con il ritmo dell'ansietà. Ma Giovanni è un'anima purissima come la sua musica. Leggero e penetrante ti riempie la testa la fa girare in tutte le direzioni. La sua musica riconcilia con il giorno che muore, con la serata freschissima e con le tue dita che non sanno cosa fare.

Con la sua aria di Amadeus ha fatto da solo Aria, Monolocale 7.30 am, Go with the Flow, L'orologio degli Dei, Back to Life, Jazzmatic. Poi sono entrati gli orchestrali ed è andato avanti con un siparietto monologo tra i diversi pezzi. Whisper, Keep moving, A perfect day, Corale, Angelo ribelle. Giovanni è una specie di angelo. Suona sollevato dal peso della giornata comune, parla della sofferenza che non si vede.


Ogni tanto ho alzato la testa per guardare il cielo e sentire meglio la sua musica. Una farfalla di notte ha fatto la diagonale del palco, un areo ha lampeggiato e più lontano all'incrocio fuori dal recinto del parco ho visto le luci di un semaforo andare da sole senza traffico. Prima rosse poi verdi poi gialle, al ritmo stabilito dai vigili urbani. Giovanni ha chiuso il programma ufficiale con Foglie di Beslan, Come sei veramente, Prendimi, e 300 anelli. Alla fine ha detto "Come siete belli" "E' incredibile sono a Milano, anzi a Bresso". Si è preso un mazzo di fiori e l'ha messo sul pianoforte prima dei cinque o sei bis.

Le migliaia di persone, dopo gli applausi e le luci abbassate, si sono ritirate in ordine sparso verso l'uscita lontana nel prato. Ma Giovanni, spinto dai fan della curva irriducibili, è rientrato quando quasi tutta la gente era già lontano e ha ricominciato a suonare da solo. Allora la massa dei camminatori verso l'uscita in fondo si è fermata. Tutti hanno girato le spalle al suono del piano lontano e sono rimasti immobili con la testa rivolta verso di lui mentre le gambe ancora andavano dall'altra parte. Le facce scure si sono illuminate della luce del palco e piano piano il corteo ordinato è tornato indietro a sentire le note più da vicino. Come attratti da una forza misteriosa, come i topi della favola del pifferaio magico, come gli zombi dei film dell'ultimo uomo sulla terra con Vincent Price. Mi sono seduto nella sedia sollevata e anche il mio spirito ha fatto lo stesso movimento.

Islanda non ha alberi

Reykjavik. Sono stato via per il long week end in questo posto che si chiama Islanda. I ghiacciai si stanno sciogliendo, ma i cavalli e le pecore pascolano senza saperlo. Il vento è forte e avresti bisogno di qualcosa per proteggerti. Le ragazze annaffiano i fiori del giardino pubblico. 

La terra non ha alberi ma grandi distese di muschio grigio che copre le colate di lava. Nei bar si beve la stessa birra e si guarda la stessa tv di tutto il mondo. C'è una spaccatura nella terra che separa i continenti. C'è anche un muro nella mia testa che mi separa da certe cose o anche da te.