giovedì 27 gennaio 2011

Magreb a Parigi

I palazzi de La Defense sono di vetro, uno è a forma di Arco di Tito. Ma si chiama La Grande Arche, la porta oltre il Diluvio, dove tira un vento gelido nei giorni della Merla, la compagna del merlo. Sotto l'arco della salvezza passano le migliaia di ragazzi muti, salgono e scendono dagli ascensori fino al 39 piano. Oltre gli scalini della pausa sigaretta, il bar prepara gli spiedini per duecento. Fuori c'è un cimitero americano circondato da una strada di assi di legno panoramica, per i pedoni volenterosi di fare tre o quattro chilometri nell'aria frizzante.

Siamo qui per sentire come fanno ad evitare i crash e moltiplicare gli earnings, come fanno dai piani alti a guardare il mondo piccolino e perchè zero è il numero e nero è il colore. Le cinesi arrivate da Londra fanno domande sulle tecniche di moltiplicazione degli investimenti. Quaranta ingegneri di ventidue anni muovono dozzine di masse di soldi a telecomando. Forse abbiamo esagerato con la fetta di torta di troppa panna. Ci vorrebbe una mela fresca, ma questa nel cestello è forse finta?

Oggi i giovani arabi sono in piazza e sopra i carri armati del Cairo. Come fosse Praga del '68 allargano le braccia verso il cielo, onde di facce simpatiche e ragazze con il fazzoletto affacciate all'altra sponda del nostro mare. Ci sono i morti per le strade e c'è sentore di peste, la chiamano la rivoluzione dei gelsomini. Ma ora è meglio andare in albergo, lasciamo perdere la visita guidata alla borsa valori con sua campanella di fine contrattazioni. Chi se ne frega. Quelli di Wall Street sono delle comparse che si agitano solo per le telecamere.

Arriva un taxi bianco sporco con l'interno bianco sporco. Il tassista prenotato prima si è perso, se sbagli l'ingresso della rotatoria sei rimandato di una settimana. Questo caronte è algerino come Zinedine Zidane, detto Zizu. Pero' assomiglia più a David Trezeguet perché ha la testa ovale, la pelle marrone e la bocca come certi faraoni. Il suo nome non lo sentirò neanche alla fine quando ci salutiamo dietro il finestrino.

Ad Algeri, Tangeri e Tunisi sono alcune centinaia di milioni, sono magrebini come il tassista che è giovane e auto didatta, che Dio t'assista. Com'era magrebino S. Agostino ma anche il comandante Settimio Severo nel primo secolo. I romani sono arrivati in Africa e il popolo del Magreb era inteso anche come Romì. Mi fa sedere a fianco e gli altri dietro.
- Allaccia la cintura almeno tu.
- Io avrei la faccia da romano o da siciliano?
- Si vede subito. Ma la Sicilia ha una sua lingua. Appartiene all'Italia?

In confronto a tanti seduti su questo taxi il Romì ne sa di storia anche se porta la gente con la cravatta sporca di formaggio da La Defense fino alla vie de Rome all'Opera. Di sera abbiamo festa all'americana con torta di cartone, champagnetta e estrazione di premi. Un altro algerino nella sala fa correre una stazione orbitante di mezzo metro con l'iPhone.
- Vuoi provare anche tu?
- No grazie. Sono troppo impegnato a mettere in tasca i biglietti da visita.

La mattina dopo il collega calabrese fa lo shopping di creme salutari. Ci troviamo al bar Vapeur, vorrei una Capovtì. Comment? Prendiamo il metro facciamo prima per Charles de Gaulle. Mezzora di tritacarne di uomini ridotti a formichette con l'auricolare, dieci cancelli, fiumi di gente ammucchiata sulle scale mobili e addetti della municipale, a spingere e tenere la disciplina a ogni porta di questo paradiso di città.

mercoledì 26 gennaio 2011

Dice Pavese

Pupe fiape
cume rape
rape d'ua
d'na fummna patanua

lunedì 24 gennaio 2011

Relai per pompa

Turi Balsamo, il meccanico, dice che il motore è una seta. Anzi, ora, la macchina è nuova nuova. Andrebbe tutto al cento per cento se non fosse per il relai della pompa. Che purtroppo si è rotto e Salvo Scalisi ci ha messo una pezza.

Dei fili rossi pendono attorno a una scatoletta sotto il cruscotto. Chi sale a fianco ci può infilare un piede. Ma intanto ho fatto dei chilometri in una settimana, sono arrivato fino a Sferro con questa Mitsubishi, per una decina di volte sono uscito e tornato tranne una. Ha fatto tiki tikki davanti alla barra di Valcorrente, aspettando Parisi per prezzare le arance, e non si è messa in moto. Ma era colpa della batteria, Balsamo non c'entra. Dice Scalisi - ne mettiamo una mezza mezza di batteria. E sono altri 20 euro, d'altra parte.

Intanto ho preso nota della sigla del relai per la pompa a benzina e ho scritto a un norvegese trovato con google, e oggi Cristian ha risposto via mail:
- 300 corone per il relai della pompa e 150 per la spedizione da pagare in anticipo
- Ok Cristian, guarda solo se il relai va bene per il modello a benzina. Come si dice in inglese? Gasoline..

Questa Mitsubishi è modello Space Runner, mi è piaciuta subito. Ha il tettuccio apribile, era un usato sicuro del salone Mercedes quando l'ho presa in comode rate a tasso zero. Ha avuto il merito di portarmi a Messina a vedere la chiesa e di notte mangiare la mussaka nella piazza dell'orologio. Ma anche fino alla fine dell'isola di Ortigia per sentire come si gioca a palla nella piazza più bella del Mediterraneo. Invece a Milano portavo a spasso Bobbie fino al parco della Martesana. Bobbie scendeva, litigava con gli altri cani e si buttava nel canale. Oppure si sedeva a fianco nel sedile ed era felice di guardarmi. Ora la Mitsu è parcheggiata e aspetta la pompa.

martedì 18 gennaio 2011

Martedì dentista

Nella notte stringevo i denti e non sapevo di farmi del male. La bocca era tutta un fuoco nelle gengive sotto gli incisivi inferiori davanti. Il governo di unità nazionale del '78 fece la riforma sanitaria e tutto era diventato gratis. Sicchè ero seduto su una seggiola dell'ospedale del policlinico di Roma. Con gli studenti attorno che si esercitavano su di me che ero andato solo per sapere qualcosa del mio malanno. Uno disse: "Ma questa bocca è perfetta da manuale, guarda come chiude ai lati il molare e il contromolare." Mi fecero ruotare la mascella da una parte e dall'altra ma non fu prescritto alcunchè. Mi ricordo solo, sempre in viale Regina Margherita, di una dottoressa con la sigaretta accesa in bocca che bruciava le verruche sulla mia mano qualche mese dopo.

Nel maggio del '79 avevo mollato Lidia seduti sulla scalinata del Campidoglio. Così ho dovuto aspettare che mi mollasse Albina nell' '86 per tornare a sedermi su una poltrona di metallo. Stavolta con il primo stipendio da giornalista andai dal miglior dentista di Roma dietro la posta di Piazza Bologna. Era bello e dentato coi capelli biondi. Tirai fuori una cifra spaventosa ma anche qui senza risultato. Dice che era il miglior partito della capitale al momento storico, secondo quanto riferì la collega giornalista in erba Giulia.

Nei primi anni degli anni novanta avevo perso notti e giorni a cercare di capire delle cose. Può darsi che di notte stringevo più forte gli stessi denti che stringevo anni prima. Il dottore milanese aveva un assistente a forma di tricheco con il riporto dei capelli. Il dentista decise di infilare un chiodo al posto dell'incisivo ormai decotto, era il '93, e ora dopo tanti anni lo stesso incisivo a fianco si muove come la Torre di Pisa. Si muove al tatto anche il dente finto di titanio che per stare fermo era stato dotato di due alette laterali e posteriori. Il risultato è stato una specie di morso sotto la lingua e vicino al palato. Il morso non si vede e se non ci pensi non c'è. Nel frattempo i resti del cibo si infilano nelle fessure e ci vuole un filo di paglia per eliminarle.

Pensavo di avere un bel sorriso. C'è ora una diapositiva che dimostra il contrario.  Dovrei togliere le alette su cui pressa il palato. Come la terra espelle i lapilli di fuoco anche la mia bocca sputa fuori i suoi denti. E' arrivato il momento di togliere il freno a questa bocca e a questo cavallo che passeggia e non corre come dovrebbe.

domenica 16 gennaio 2011

Dall'Est all'Ovest

Stelika ha i capelli ricci e crespi,  una risata fragorosa e l'odore delle frittelle addosso. Sarebbe come una valanga in cammino per la stazza e per i modi bruschi da fornaio. La faccia è bella e quadrata, la mascella da compagna del socialismo e le labbra giuste regolari sono adornate dai denti bianchi. Di mestiere ora fa l'infermiera e donna delle pulizie ma da ragazza tirava il giavellotto o il disco negli stadi. Veste con pizzo nero sul grande seno, un cappottino beige a ingentilire la presenza nei giorni di festa.

I suoi amici erano Nick l'albanese, la fidanzata Nadia l'ucraina dai cinque figli, Jasser l'egiziano troppo buono. Siamo entrati nella camera da letto per cinque persone, a cercare i suoi 50 libri Harmony in una borsa della spesa e la valigia rosa. Hanno offerto prima il panettone e lo spumante a saldo da un euro e cinquanta. Ma poi l'ucraina ha tirato fuori lo Spirit, una bottiglia di liquido bianco di vodka sui 60 gradi.

In partenza verso l'Italia si pagano quattro mila euro da spartire ai mafiosi dell'est Europa. Stellina ha attraversato le frontiere per un mese lasciandosi dietro due figli. Una, la più grande, ha sedici anni e le ha chiesto Mamma cos'è il sesso orale? Deve spedire indietro 400 euro di mantenimento un mese sì e un mese no. L'ex marito fa molto meno, ha problemi di prostata, lavora a Mosca e solo per le feste torna a Chishinau in Moldavia.

Per festeggiare l'incontro è arrivato anche un altro albanese proprietario di hotel, una coppia di fidanzati e la signora anziana ancora digiuna di italiano. Dai vasetti sono fuoriusciti i cetrioli, grano cotto con zucchero e formaggi, il lardo affumicato e le carote alle cipolle fresche.

venerdì 14 gennaio 2011

Giornalista in erba

Io sono giornalista, in effetti mi pagano perché sono giornalista. Il giornalista è un impiegato che lavora in una redazione dove ci sono un sacco di mancati professori di lettere e di storia oppure sportellisti delle poste e acide & grasse di vario genere. Pensavo di fare il giornalista inviato di guerra o di sport. Invece sono solo il direttore di una newsletter che riporta i risultati di bilancio delle società, i giri di poltrone, a quanto ammonta la cedola del dividendo, perché hanno emesso questa obbligazione, chi è stato radiato dall'albo dei promotori, chi ha truffato ed è scappato alle Cayman coi soldi della cassa. Poi dirigo anche altre testate e testatine sempre dello stesso gruppo. Ogni tanto scrivo roba del tipo, perché investire in Vietnam ora che la crisi è passata?

Faccio informazione utile però. A vent'anni ho lanciato un notiziario alla radio di Belpasso (Catania) e un dibattito dal titolo, Processo al sindaco. Senza patentino sono andato a chiedere come mai l'acqua non arriva nelle case della gente ogni volta che fa caldo. E lui, sprezzante, mi disse in una nuvola di fumo sotto i suoi denti da cavallo gialli e neri: "Mi fa piacere la sua domanda ma non le posso rispondere, giornalista in erba, ah".

Sono a Milano da 20 anni, sembra che si parli di Alcatraz ma non è così, e ho investito nella mia vecchia casa della prateria. Un pezzo di terra come quello dei pionieri con tanti ettari e vento in un posto che si chiama Castel di Judica a Franchetto, vicino Catania dove sono nato. Ogni tanto scappo, perciò, in Sicilia. Come sono scappato a Roma quando ero in Sicilia o come sono scappato a Milano quando ero a Roma.

Mi piacerebbe vivere facendo lo scrittore, questo si. Da qualche tempo ci sto pensando. Ma non mi piace leggere preferisco ascoltare. Forse perché c'è poco di interessante da leggere a portata di mano o forse perché si fa prima a vivere le cose direttamente. Così da un paio di anni scrivo per conto mio quello che mi pare. E tengo una specie di pozzo dove butto dentro gli sbuffi di coscienza. Chissà che un giorno riesca a capire cosa mi è successo in questa vita.

Faccio l'agricoltore in Sicilia per via delle terre che mio padre ha accumulato spostando pietre e liberando cm quadrati per seminare il grano. Mi piace molto guardare, e non pensare, i margini della terra di fronte a me. Mi piace tagliare l'erba all'inglese sotto l'eucalipto e piazzarci sotto un tavolo per un caffè e per suonare, da solo o in compagnia, sempre le stesse canzoni di amore e di odio per le ingiustizie.

giovedì 13 gennaio 2011

La chiusa e il Giardino

Il cane era in gabbia e il gatto era libero al Casale dei Borghese di Valcorrente. Lui si fa accarezzare attraverso i quadrati della rete di ferro. L'altro miagola la sua preghiera e salta dentro l'auto di Don Santo il fattore. Gli altri gatti intorno alla casa e sotto la scala guardano zitti nel Giardino di aranci, limoni e fichi d'India. Finchè arrivano le crocchette per il cane e il prosciutto cotto e si fa festa.

L'ultimo feudo esistente, 'ntò Prìncipi, coi suoi 100 ettari è assediato da strade nuove, cassiere e cinema multisala a grande schermo. Il feudo lo governa il Ragioniere e a lavorarci ci pensano i suoi amici. Ma ci sono ancora gli ultimi tre o quattro inquilini, come lo erano le tante decine di mezzadri. Come era nonno Pietro che aveva preso la zona del Castello e aveva trasformato la chiusa in agrumeto. E lo stesso compare Ignazio Russo che era a fianco e così anche Bocca o il paternese a sfamare le famiglie. A portare a casa le verdure e, d'estate nella notte, abbeverare le piante con il lume a petrolio appeso ai rami.

Sono 100 anni, il principe romano sposa una nobile siciliana, fanno dei figli e ognuno prende un pezzo di feudo. Uno dei tre, tale Marcantonio, vende tutto e dove prima erano le piante e i solchi di terra per l'irrigazione a conca ora c'è un centro commerciale. Il principe Camillo, invece, il più grande dei tre figli resta e non molla neanche ora che è vecchio e cieco e non ha più neanche una moglie. Nei fine settimana e dopo le feste scende da Roma accompagnato a vista. Lo aspetta sempre un cane del tipo feroce che ogni tanto salta addosso al gatto tigre intelligente.

Ieri sono passati seri il capo dei mercanti e la sua banda a trattare con il Ragioniere e la sua pancia di 120 chili. Niente accordo a colpo oggi. Se ne parla domani quando la notte porterà consiglio e ci si verrà incontro. Tarocco e sanguinello, come l'anno scorso, sono verso i 20 centesimi di euro per un chilo. 
- Le arance non le cerca nessuno.
- Ma la pezzatura è buona quest'anno. Quando il commerciante si innamora della merce è fatta.

Il cartello dice, questa proprietà non è in vendita ma il feudo ha le ore contate. Il principe adesso non ci vede, sente con il naso gli odori di zagara e i fumi degli aerei che passano sopra. Il principe ha già gli occhi chiusi e il gatto a forma di tigre ha sempre fame.

martedì 11 gennaio 2011

Porco a tre peli

La conversazione non è uno scambio di informazioni.  
E' un parlarsi allo specchio.
Se mi rispondi è la prova che io sto parlando.
Ti parlo per sapere che esisto in qualche forma.

Da qui il famoso scambio di convenevoli in uso nel catanese
quando una donna o un uomo incontra un uomo o una donna:

- Il mio porcellino ha tre peli
- Tre peli ha il mio porcellino

-  U me porcu avi tri pila
 - Tri pila avi u me porcu

sabato 8 gennaio 2011

Tumuli e salme

A Franchetto il vento di ponente si leva a mezzogiorno, il gallo del vicino Nino il Grillaio canta alle due di pomeriggio e la campana di Cristo Re suona all'ora sesta prima del tramonto.

Stamattina dopo 50 anni di gavetta ho deciso di seminare anche io qualcosa. Avevo dei semi di melone giallo raschiati da un melone giallo con un coltello e dei semi di fagioli. Erano due tipi di semi ma li ho mischiati e seminati insieme vicino la casa sul lato di ponente. Il seme deve essere ricoperto per avere delle probabilità e perciò ho steso con la zappa la terra sopra facendo un solco.

Io sarei un agricoltore. Gli agricoltori suonano al palato meglio dei contadini. Di solito gli operai lottano insieme ai contadini, da cui la falce e il martello. Invece gli agricoltori sarebbero solo dei ricchi possidenti sfruttatori dei braccianti ma non è vero.

Sono figlio di gente che ha lavorato la terra. Non una qualsiasi, la propria terra. Mio padre ha messo insieme 40 ettari, cioè 13 salme e 13 tumuli. Il padre di mio padre era anche pastore di greggi. E avevano un cane di nome Liborio. Una mattina hanno messo in moto la trebbia e il cane stava dormendo tra la falce piccola e quella grande. 

Oggi è l'inizio del nuovo anno di raccolti, è passato Alfio La Rosa un contadino pastore di pecore. Voleva la mia terra per un anno e per sempre. Lui la coltiva e io guardo. Gli ho detto di no.

sabato 1 gennaio 2011

Ciuccio vivente

Un presepe vivente in un paese morente
le mucche vere e vecchi asinelli
Un vero bambino in mezzo alla vacca
con il ciuccio in bocca e la cuffietta celeste

Ma a Betlemme il ciuccio non c'era
ma di che ciuccio parliamo, se il signore si sposta
Turisti fotografano il presepe vigente
e filmano statue incollate alle stelle

Chiese a misura dell'uomo bassino
il suo gregge e il suo fiato è vicino
Un caffè e una pizza ad Arrone
ma a pensarci meglio era bello Ferentillo