mercoledì 25 aprile 2012

Jennifer Catanzaro

In piazza ha riaperto il bar. Lo gestisce un gruppo di uomini vestiti di nero e con la barba incolta. Si mangia roba mista siciliana-milanese ma non ha molto successo con i pakistani che vanno dal barbiere e i clienti dell'internet point. La titolare è Jennifer Catanzaro che ancora non si vede. Alla cassa, invece un tipo svogliato, ti dà il resto senza dire grazie.

Chi ha rilevato il bar deve avere molti soldi anche se ha risparmiato sulle insegne. Invece di sostituirle tutte, sono almeno cinque o sei, ci ha messo sopra una pezza con un altro nome. L'interno è stato rimodernato, grandi pezzi di vetro spesso e un soppalco sempre vuoto a riempire la sala verso l'alto. Entri, o stai sul bancone in piedi come un cavallo a prendere il caffè oppure ti metti in vetrina su dei tavoli a quattro.

Il gestore di prima andava avanti con il solo caffè. I cinesi stanno comprando tutto, diceva. Anche il bar da aperitivi di fronte pieno di palme e poltroncine. Qualche mese prima avevano preso il bar del sardo e quello del marchigiano. Ora sarebbe toccato a lui, ma non voleva cedere subito. Aspettava l'offerta e così è arrivata Jennifer Catanzaro, forse la figlia del titolare vero.

Ora un milanese alto ordina il decaffeinato. Dalla cucina arriva una cuoca vestita di nero con cordone allo stomaco, ordina al barista di guardare la pentola ora che lei esce. Il ragazzo ha la barba incolta e il distintivo sulla camicia scura aperta sui peli del petto. Dice: - Va bene, lo farò. A casa mia, però, comando io.

La signora che accompagna il milanese vorrebbe trovare il tabacchi di prima e il gioco del lotto. Peccato, forse non torna più allo Steven Bar. La sala è vuota, il bancone anche. I tavoli fuori hanno una bella vista sul traffico di gente e l'importazione dei popoli. Ogni giorno passano migliaia di persone, sbucano dalla fermata del metro e vanno verso un altro viale. Trafficanti di schede telefoniche internazionali spostano i pacchi e traslocano.

martedì 24 aprile 2012

Lo spiaggione

Il biondo Tevere, in realtà, è verde delle foglie di platano a Roma e il Simeto è come una colata di creta tra le frasche alte di canne a Catania. Il Po, invece, è un fiume grigio metallizzato nel mezzo ai campi di mais. Lungo l'acqua e sul viale la folla di gente in cammino, c'è chi attacca la bicicletta a una panchina di legno e chi si tiene per mano come per fare un girotondo.

Un giorno d'inverno la colata di argilla ha coperto gli argini, gli alberi e i cespugli sono del colore della polvere bianca. Fuliggine sporca, i filamenti come del grasso del latte bollito oltre la pentola o un lenzuolo dei fantasmi, sono attaccati ai tronchi e al secco degli arbusti.

Dall'altra parte del greto una ciminiera a cono e strisce bianche e rosse, un nastro in diagonale porta le pietre sul cassone di un camion. La fila di alberi forma una griglia di piume o di lance di ferro, passano amici e conoscenti e il sole dietro scende verso l'occidente.

Dopo la scomparsa dell'acqua restano le impronte di flussi e reflussi come sulla superficie dei pianeti. Il grande serpente di acqua si muove nella pianura di mezzo, tira le pietre verso la foce. Il suo spiaggione si allarga ora sul lato della manca. Siamo seduti uno di fronte all'altro, torneremo verso un altro letto di fiori e tulipani appesi al muro.

Tra le assi di una scala a chiocciola andata a fuoco e un pianoforte nero gentiluomini e gentildonne sorridono in una foto di gruppo in un esterno. La casa di fronte ha una tenda viola che nasconde e una finestra del bagno sempre illuminata aperta nel freddo della notte.
- Vuoi una tazza di Macha?
- Suona John Sebastian, ti abbraccerò le spalle.

mercoledì 18 aprile 2012

Annhako è vivo

Il mio cane per tre giorni a gennaio, Nako Annhako, è stato ritrovato sano e salvo. E' un labrador nero a pelo corto con una punta bianca sul torace. Sembra muto perché non abbaia mai ma è solo educato. Anzi sarebbe un vero gentiluomo, se fosse un signore, perché alza la zampa per metterla nella tua mano.

Lo avevo lasciato nel cortile con la cuccia e le crocchette sperando nel conforto di Franco l'imbroglione. Ma il cane cucciolo era fuggito per la mia assenza e la testardaggine di chi ha lasciato aperto il portone.

Ora Nako gioca in un altro cortile di una famiglia di ricchi. Ho il permesso di fargli fare una passeggiata ogni tanto. Mi ha baciato e slurpato tanto ma poi è tornato dalla sua nuova padrona.

Lo ha preso il mio vicino di casa Vadalà che è nipote di don Giovanni il cassamortaio. Si è comprato la casa degli Arcifa da quando viaggia negli appalti pubblici. Ha una moglie e due figli di cui uno maschio uguale a lui e una femmina uguale alla madre. Gioca in borsa e mi chiede consigli.

La sua figliola aveva giusto bisogno di un nuovo cane e quando il mio Annakho si è presentato ha aperto il portone. Ha messo anche la foto del cane su facebook e respinto le avances di un tipo che afferma di aver perso un cane preciso preciso a lui sull'Etna verso la Segreta.

Gli addetti al cantiere di Vadalà mi guardavano quando Nako mi ha fatto le feste. Uno ha detto: - Lo ha riconosciuto. Gli altri sulla strada Dritta appoggiati alla balaustra sull'incrocio con la Quarta traversa non mi vedono neanche e mangiano brioche. Sono uno che si affaccia e poi scompare. Solo Nino Garibaldi, il parrucchiere mi saluta e offre il caffè. O anche Alfio che finge di essere scemo per non pagare il dazio.

Gonna con le balze

Lei non portava le calze, vestiva una gonna con le balze. Ogni volta parcheggiava lontano una decina di metri. I passi erano come di una danza di avvicinamento per il tango. Le sue gambe scendevano dopo l'apertura dello sportello, sembrava come un angelo vestito da passante.

Da quando aveva abbracciato la libertà i suoi amori erano diversi dal solito. Il senso del possesso e il senso dell'abbandono non sempre avevano un confine nella sua testa. Cercava conferme o smentite dai racconti o dalle esperienze passate dalla gente.

Mi aveva detto che dei nostri incontri poteva farne a meno. Anche di rifiutare di vederci poteva fare a meno. Così ci vedevamo, una volta ogni mille mai. Si parlava per osservare le reazioni dell'altro, il pudore di stringere le mani, in attesa di un colpo di scena.

Qualche volta io mi scioglievo e lei anche nel parlare di noi. Una confidenza e una pacca sul braccio erano troppo. Il patto era: ci vediamo perché siamo amici. Poi se ne tornava indietro da sola verso la collina.

Avrei voluto inseguirla tutte le volte per i tornanti e i muretti di pietra allippati di verde. Invece me ne tornavo a dormire su trispiti di ferro e tavole di legno. Qualcuno mi aveva detto, meglio lasciare le cose intatte per non rovinare il buono che c'è. Mamma, Cicco mi tocca. Toccami Cicco che la mamma non c'è!

- Ciao ragazza, possiamo vederci?
- Che ne dici di domani pomeriggio?
- Fantastico. Allora ci sentiamo domani dopo pranzo. Concordiamo i details. Il tuo terrazzo forse è fiorito.
- Ok, uomo.

- Oggi ho una spina nel cuore. Vorrei rimandare il nostro incontro. Confido nella tua comprensione. In alternativa, nel perdono. Ti bacio.
- Sono io che ti bacio. Fammi sapere se posso fare qualcosa per aiutarti.
- Apprezzo, grazie...

- Ciao reginella. Che ne dici di una grigliata di pesce?
- Ci vediamo la prossima volta. Promesso.

venerdì 13 aprile 2012

Il posto alla luce

Franchetto, Sicilia. In questi giorni arriva la pioggia ad incoraggiare le erbe. Anche la vite ha fatto le sue nuove foglie. Dopo il vento da ponente nel pomeriggio l'ondata di nuvole ha cambiato il verso alle cose. Non c'è freddo o siccità, l'acqua è venuta dal mare Jonio verso il verde dei campi di frumento.

Il fondo della terra è fatto di creta e sembra rosso in qualche punto. L'acqua salmastra sul poggio tiene libero il terreno anche dall'acetazzo, l'erbaccia dal fiore giallo come le senapi. D'estate il nuovo vento riporterà altra terra sui tetti e la prossima pioggia lo impasterà alle pareti e alle porte. Così che tutto prenderà la stessa salsa e sapore.

Non ho niente da fare aspettando Angelo, il custode delle mie terre. La terra bagnata impedirà per qualche ora di lavorare alle ruote dei trattori che si impastano tra il fango. Potrei fare due passi e sgranchire la schiena. Stanotte ho dormito su un lato con la faccia sporca da due giorni dei baci e abbracci di Beatrice, la mia migliore nipote di sette anni.

Mi sono steso sull'erba vicino il cipresso e dopo l'eucalipto. Le ho chiesto di contare fino a 99 e poi di svegliarmi perché ne avevo bisogno. Per due volte lo ha fatto, così ha detto poi, mentre ballava sulla mia pancia. Ha corso e calciato la palla. Ha detto: "Zio, secondo me Valerica è una ragazza in gamba." Su un foglio ritagliato come un abete ha scritto: "Nonno guarisci presto."

Dopo il restauro nelle buone annate la chiesa del Cristo Re con le sue tre finestre per lato si è colorato di giallo. E' arrivata una gazza a cercare la serpe che si nasconde dietro al muretto del pozzo. Questa mattina la foschia ha preso il posto del verde di fronte per mezz'ora. Ora il rumore degli aerei lascia il posto alla luce del sole.