lunedì 21 dicembre 2015

Giocattoli

I regali li trovo utili per un giorno, li smonto e rompo e poi li restauro per sempre. Lo stesso per le cose nuove acquistate come le auto, i telefoni o gli apparecchi che si possono aprire per vederci dentro.

Le creazioni, invece, vanno avanti per decenni, all'inizio sembrano quasi fatte ma incomplete. A lungo restano monche e scheggiate. Quando alla fine sono perfette le abbandono. E qualcuno le apprezza al posto mio.

Devo passare dall'ansia della scoperta al piacere di scartare la confezione. Devo fare tante cose. Devo anche capire perché il respiro si è fatto più pesante. E perché non sento più gli stessi odori dalle stesse cose.

Falso pepe

Ho trovato un fossile di conchiglia, un guscio di perla come l'insegna di un benzinaio Shell. Ha una certa dimensione e le righe a raggiera lasciano solchi profondi a forma di archetto. Segno che il deserto avanza lentamente su questa zolla di Africa, un vecchio posto di mare vicino al vulcano dell'Etna che ha lasciato ferro, calcare e bocche di acqua salata. 

La terra si fa creta quando le pietre passano via. Se resta arida ogni giorno diventa più tagliente come carta vetrata, dura come il cemento. Se la terra è zuppa di acqua, invece, si fa come una melma fangosa, come sabbie mobili dove affondano le scarpe e i paletti di legno per le piantine. C'è voluto un cavo di acciaio per tirarmi fuori da tutto questo quando le ruote si sono messe a girare a vuoto.

Il nuovo albero di falso pepe dovrebbe dare ombra a macchine e trattori, forse al rimorchio, la carriola e biciclette. Il piccolo stelo dista nove piccoli passi dal mandorlo che non vuole saperne di perdere le foglie. Più sotto l'alloro e poi la falsa mimosa, oltre il cipresso. Potremmo dire che la fazenda comincia a prendere forma, il suo nome potrebbe essere Bike Blues Cafe. Ma è ancora presto, mancano tante cose. Mancano le oche, un agnello, una capretta e un gatto sul ramo.

Dopo la creazione mi sono fermato a contemplare e ho detto è cosa buona, ora ci vuole qualcuno a formare la band, a guidare la zattera sul mare. Ci ha pensato la mia piccola di 10 anni a fare una vela con il telo celeste di stampo zingaresco. Prima ha fatto un nodo, lo ha attaccato alla porta di legno stesa sui trespoli, è salita sopra e si è fatta portare. Accanto i tre cuccioli messi in una cassetta di frutta, due bianchi e uno nero come il carbone.

Un pettirosso viene a trovarmi mattina e sera. Ho cominciato a parlarmi da solo. Non sento ancora le voci di qualcuno intorno che poi non c'è. Sono io che parlo come se fosse un amico o un collega di lavoro. Va finire che rumino i pensieri come le noccioline tra i denti. Mi dico di dare una risposta alle urgenze, dai allora prendi una decisione e chiudi. Come quando devi chiudere il fazzoletto lasciato libero dai solchi di un aratro.

Faccio una riunione con me stesso e decido che è ora di smetterla, basta rinviare e portare la croce. Discutiamone tra noi. Non pensi che dovresti farlo. Se ci fosse qualcuno penserei a cosa sta pensando della situazione. Gli parlerei senza parlargli dei soprannomi di famiglia, di cosa vuol dire Don Pietro il Rizzo o il Frisingo. Il raccolto andrà bene? Il tempo deve dirlo.

sabato 19 dicembre 2015

Trimmie is gone

Adesso Trimmie è un cumulo di ossa e di polmoni e di cuore carbonizzati sparsi nel terreno dietro il cumulo di legname. Prima correva, pareva dicesse Ora sono signorina! Prima bianca e poi giallo foglia cadente sulla schiena. Trimmie aveva le ciglie dorate e gli occhi buoni e bellissimi. 

Trimmie si chiamava così perché da piccola tremava. Le era anche cresciuta una noce di grasso vicino l'orecchio, per tanto tempo era troppo magra. Ma poi si era rifatta grande e muscolosa. Si era adattata al regime, abbaiava e correva dietro a ogni cosa. Rubava il formaggio e lo sgombro sulla tavola di legno della cucina. Inghiottiva le cose per intero senza masticare, per la fretta di essere scacciata dalla madre o dai fratelli.

Trimmie era nata nel marzo del 2014. Ieri l'altro ha inseguito il trattore nella salita prima della curva, una macchina in senso contrario l'ha presa in pieno tanto che è perfino saltata la mascherina. Nino il grillaio era furente perché è diabetico da tempo e non ci vede neanche tanto bene. L'aveva presa di mira da un pò di tempo. Poteva fermarsi con il suo gommato alto tre metri e mezzo e invece ha accelerato, così tutti e due gli sono corse dietro di gran carriera. 

Tante volte Zorika e Trimmie hanno inseguito auto e trattori e camion e biciclette. Lo so che è pericoloso e le tenevo legate spesso. Stavolta non ho fatto in tempo. Stavolta sono scappate e io dietro a loro. Dopo il botto ho maledetto quel bastardo e lui voleva denunciarmi a non so chi. Ho trascinato Trimmie sulla terra togliendola dall'asfalto. Sanguinava dalla bocca e non respirava quasi, aveva la lingua schiacciata su un lato ed era ancora calda quando ha finito di muoversi per sempre.

La macchina si è fermata e per un pò ha aspettato, poi per paura di qualcosa se ne sono andati, mentre il grillaio voleva seguirli a piedi ma il suo trattore era rimasto sulla strada. Dopo dieci minuti era tutto finito. Zorika mi ha leccato il sangue di Trimmie sulla manica e poi ha preso un pezzo di osso e lo ha sepolto sotto un piccolo albero ulivo. Un altro pezzo lo ha portato giù a ponente verso il lavinaio, prima però si è guardata intorno ed ha detto qualcosa verso la casa del grillaio.

giovedì 17 dicembre 2015

Jona, Unghefer & Giabbaluffo

Il problema è questo. Entrano in casa e la riducono in una latrina. I cuccioli di cane producono una quantità insospettata di rifiuti organici. Al punto che una parte si potrebbe riciclarli in concime compostato. E perciò in un angoletto del giardino ho pensato di erigere una specie di Ara di Giove dove bruciare gli incensi di sera nel pomeriggio. Quando il vento si è placato e la girandola si ferma.

Ora sono in tre i nuovi pargoli di Zorika, nati il 25 ottobre 2015. Perciò occhio al prossimo 25 aprile quando ricominciano le perdite di sangue e il ciclo della vita riporta al desiderio di accoppiamento implacabile della femmina. Il maschio invece è sempre disponibile, guai sennò. Questa volta sono due maschi e una femmina. 

Per una questione pratica Zorika, nera lucida dagli occhi ramati, si è accoppiata con il vicino maremmano bianco, pastore delle pecore di Alfio La Rosa sulla collina verso nord. L'unico nero è maschio, Unghefer. Grasso come un orso, lotta con l'altro maschio dal pelo bianco e fitto di nome Giabbaluffo, per la proprietà di un qualche cosa tirato per i denti. La femmina bianca, più piccola e quasi beige, invece si chiama Yona.

Li ha generati il baldo Obregon, giovane e valoroso ma anche taciturno, un esemplare che governa il gregge orientato verso le terre di Franchetto e Monte San Giovanni. Obregon lascia in giro le sue tracce e la sera viene a salutare tutti. Zorika e Trimmie, madre e figlia, lo inseguono fino al confine. Non dovrebbe oltrepassarlo, ma invano. Perciò, passata la lotta verbale e le rimostranze di tutti i legittimi controllori del territorio della masseria, i cinque componenti della famiglia si addormentano.

A volte il generatore di cuccioli si lascia cadere in disparte verso il confine del poggio. Da lì può controllare i movimenti del suo gregge e visionare le eventuali minacce. Non abbaia mai o quasi. Mostra i denti solo se Zorika gli morde il collo e si avvicina troppo. E' giovane e ogni tanto vorrebbe tirare anche lui un calcio al pallone.

I tre fratelli dormono uno sull'altro per sentirsi al caldo. Da qualche tempo hanno scoperto la bontà di alcuni legumi proteici e ne fanno incetta insieme a latte a lunga conservazione, ricotta, pane e sopratutto ossa di bovini e pollami macellati per il supermarket e poi lasciati fuori nel parcheggio delle auto. Le scatole di cartone ripiene di frattaglie sono riservate ai clienti possessori di orde di affamati insaziabili a quattro zampe.

Il sole di dicembre scalda la mattina, il terreno seminato a grano e rullato sembra un grande tavolo di biliardo marrone. Tutta la band dei Zoticones si porta verso la zona del prato erboso dove ormai crescono fichidindia, alloro, arancio, gelsomino e nespolo ben confusi e senza un'ordine preciso. Ora che tutta la terra è inseminata, non resta che piantare ancora qualche altro albero come il falso pepe, l'abete esotico e un pò di altri ulivi. 

Al momento ho preso alcuni del tipo Giarraffa, Moresca, Uovo di Modica e Nocellare dell'Etna. Ci vorranno altri 15 anni perchè comincino a fare olio ma non importa questo particolare. Sono povero di soldi in contanti e ricco di cose intorno, questo mi importa ora e anche allora. Quando vestivo di camicia bianca tutti i giorni e guardavo negli occhi scuri di una moltitudine di uomini ammassati ad aspettare la fine della giornata.

Tutto quello che ho fatto non l'ho fatto per ferire qualcuno. C'è gente che mi vuole baciare per vendere noccioline americane, altri mi baciano portando sacchi di cicoria selvatica che dicono che sanno che mi piace. Altri mi compatiscono per le scelte biologiche, c'è chi mi ripete quello che dovrei fare con le terre da seminare a vizza o a frumento. Uno mi racconta di come è contrario alle unioni con donne separate e con figli, della disperazione della madre che ne potrebbe morire.

Ho portato mio padre a morire nel suo ultimo letto lontano da casa. Mia madre vuole che dorma con lei, nel posto di mio padre. Io, invece, dormo da solo girato su un lato fino all'alba. Mia nipote vuole che giochi con lei a pallone, a mercante in fiera e a scopone scientifico. Ma non sa le regole, si vince un solo punto quando fai la primiera di sette.

sabato 29 agosto 2015

Pane scordato

Quanti alberi ho piantato intorno a me in questa casa. Ogni anno ne pianto diversi. Tanti seccano per mancanza di acqua e di accudimento. Altri superano la barriera del secco, del vento micidiale e sembrano dare i frutti sperati. Limoni, cinque limoni, melograno un melograno, fichidindia 50 fichidindia. C'è una strada stretta da fare per chiunque, i primi anni sono difficili. Ma quando la pianta ha fatto le radici l'anno dopo tutto si moltiplica e i le foglie e i rami si moltiplicano, anzi devi cominciare a potare e riportare ordine e disciplina.

Sono passati una decina di anni da quando ho iniziato a scavare buche e coprire di terra radici di ulivi e gelsomini. Ne sono passati anche venti di anni. Sembra ieri, non è vero? Invece non è così. Papà diceva, scava ancora. Fai la fossa ancora più grande per dare umido alle radici. Io pensavo, che scocciatura. Invece aveva ragione lui. Le piccole fosse fanno morire le piante e così è stato quando ho fatto da solo. La culla deve essere spaziosa per il piccolo che cresce.

Se vuoi vedere un pulcino qualcuno deve covare le uova fecondate. Se vuoi qualcosa non aspettare, cercala questa cosa. Investire è la cosa decisiva e delicata perché richiede risorse e tempestività. La fortuna fa il resto, poi la sfortuna compensa tutto. Il maestro disse a mia madre, questo ragazzo ha un anno di vantaggio sugli altri ma prima o poi lo perderà. Un altro disse chi è primo a scuola sarà l'ultimo nella vita. Infatti un pò è andata così e i profeti sono stati accontentati.

Pare che mangio pane scordato. Non sono tante le cose che restano da fare perché non ci sarà il tempo farle. E neanche la stessa forza ci sarà più. Forse troverò un'altra energia ancora più intensa, forse mi fa piacere pensarlo. Intanto, però, il cipresso si è fatto alto e anche l'oleandro è quasi adulto. Per la prima volta raccoglierò quanto basta per avere l'olio a tavola e non comprarlo.

Ora forse ho capito cosa mi è successo in questi anni, posso farcela ad andare avanti, magari a zigzag, ma guardando sempre lo stessa boa davanti a me. Avrei voluto avere qualcuno vicino che si chiamasse Consolazione, magari una figlia di nome Consuelo. Avrebbe accarezzato le mie sere di vecchio signore rimbambito. Invece non ho figli nè mi chiamo Consolato. Ma ne ho tanti di amici e di affetti lo stesso, per lo più lontani. Mi consola saperlo in questi giorni di solitudine e di confinamento che sembrano e sono anche i giorni di salute e di sogno nella natura.

Sono libero di isolarmi o confondermi, non posso lamentarmi. Devo solo ringraziare di non essere dentro un camion dimenticato fuori dall'autostrada in viaggio verso la morte. Sono stato fortunato ad incontrare la gente che ho incontrato. Come ha detto Nino, l'ultima volta che ha detto qualcosa: voglio chiedere scusa, se ho sbagliato. Voleva dire che aveva vissuto in pace con se stesso e qualche volta non era stato sempre gentile come qualcuno si aspettava.

Sera con l'archetto

Sotto la veranda attorno al tavolo ci sono una decina di persone comprese le coppie di motoristi dell'ultima ora, un belga single, i vicini di casale due signori uno italiano, due che vengono da Clermont più i quattro dell'Harley Davidson. Questa sera arriva un tipo con l'archetto e, una volta finito di mangiare il salame il patè e il formaggio, noi che eravamo quasi vegani, apre una specie di grande valigetta astuccio ed esegue il suo repertorio di musiche sul genere celtico occitano sfiorando una specie di sega pieghevole ma senza denti.

 Io cerco di seguirlo in tonalità di La minore con la chitarra ma lui va avanti con degli accordi impossibili finché gli altri un pò stufi mi costringono a suonare qualcosa da solo e allora intono Bella Ciao, un hit globale nel frattempo. Lo strumentista ha le basette bianche, i suoi occhi sono un pò tristi ma sereni. Avrà una settantina di anni come la moglie che è magra come lui. Indossa una camicia a quadri del tipo azzurrino a righe. Il suono dell'archetto sfregato sulla lama della sega si muove come un'onda lunga della campanella di scuola.

A un certo punto mi invita a provare, muovo su e giù l'archetto sulla lama senza alcun risultato tranne un sibilo quando mi spinge il gomito per chiudere l'esperienza. Dico grazie e lui dice di niente. Prendo coraggio con la chitarra e improvviso il repertorio folk italo blues anni sessanta. Fino a We Shall Overcome tutto in versione ridotta. Sono tutti gentili gli amici di Christian, hanno l'aria di chi ha capito che qualcuno vuole annegarci e dividerci e farci del male. Invece noi resistiamo alle tempeste e camminiamo dritti verso la pace dei sensi.

Il padrone di casa, invece, ha il naso lungo come il presidente De Gaulle o il regista e attore Tati. Di profilo assomiglia ad almeno un milione di francesi alti sul metro e ottanta. In più ha anche un paio di baffi neri con macchie bianche. Si chiama Christian, marito di Marie-Lise insegnante dagli occhi da marmotta, e non sta fermo un momento, ha sempre qualcosa da fare in fretta. Se hai bisogno lui è sorridente e disponibile, fresco come una rosa pronto a dare risposte esaurienti. Ma appena ti distrai e giri le spalle per guardarti intorno lui sparisce come un coniglio dietro le frasche.

Per favore, gli dico, si può avere una indicazione per andare verso Sud sulla costa? Lui rientra in casa dal patio dove eravamo e torna con una vecchia cartina stradale. La puoi tenere, mi dice. Portala via con te. Apriamo insieme la mappa, è vero mancano gli aggiornamenti sulle ultime autostrade. Ma non importa. Per la zona dei vigneti e delle cantine dell'Aube si passa dalla statale. E anche verso Roussilllon e Perpignan fino ad Argeles sur Mer.

Allora andate a Collioure, dice un amico della gang internazionale delle moto HD che passa in quel momento. La sua compagna dai capelli melanzana mangia uno yogurt per dimagrire, saluta con affetto e poi vanno per il giro dei villaggi medievali nei dintorni di Albi. Altri passano a fare un bagnetto nella piscina.

Domani sera non ci siamo, andiamo alla chiusura del festival Pause Guitar. In un pomeriggio di sole caldo, sotto gli alberi e seduti ai tavoli di legno, aspettiamo le esibizioni di una marocchina naturalizzata e di un francese agitatore di folle che corre in mezzo ai chioschi prima di sentire e vedere sua Santità, il ragazzo che inventò il folk rock dopo il rock and roll.

Stasera il trovatore incrocia le strade dello Zingaro, la sua festa è arrivata come ogni anno. Il colle prima dei monti Pirenei ha una tomba da qualche parte. Lui, Bobby, stasera cambia programma, La scaletta dei pezzi a un certo punto prende una direzione, basta con i pezzi noiosi di Tempest, via con Visions of Johanna e Desolation Row. Ho fatto mille miglia solo per questo.

giovedì 13 agosto 2015

Laqa

Sono finito a Laqa verso le tre di notte a dormire su una panchina di legno. Ho lasciato le scarpe a terra e usato la borsa da viaggio come cuscino. I miei poveri piedi erano un fuoco, li ho sollevati e stesi sul bracciolo. Dopo qualche minuto mi sono addormentato, mentre l'ultimo posto al neon con bibite fresche chiudeva e i ragazzi dell'altra panchina andavano a casa sulle loro auto pagate a rate.

La notte era umida e afosa, come succede alla fine di luglio. Scendendo in aereo sull'isola ho visto le chiese di Gozo, mi sarebbe piaciuto restare un giorno in questo posto in mezzo al mar Mediterraneo dove passano uomini migranti e uccelli migratori per almeno una volta nella vita. La parte meno fortunata non ci torna più perché viene abbattuta. Gli altri ci restano per almeno visitare le chiese dei Cavalieri o frequentare un corso di inglese e poi andare al mare.

Vengo da Venezia e dalla costa di Barcellona. Un vento di scirocco mi ha portato, ancor prima, nel mezzogiorno della Francia ad Albi, la città dei vescovi e poi sulla terra dei Templari a sud di Perpignan dove tutti si sentono catalani anche se sono ancora al di qua dei Pirenei. Ho rifatto alla rovescia la mezzaluna del mare nostrum che, più o meno, assomiglia alla mezzaluna medio orientale.

Dentro l'aeroporto di Malta non sopportavo più le luci accese e le persone appisolate nelle sedie del Caffè Costa. Così ho pensato di prendere un taxi e fare un giro di un'ora della città ma in quel momento il posteggio era vuoto e ho lasciato perdere l'idea, anche per i 30 euro della tariffa. Ma tutto era perfetto e funzionale. Si vede che gli inglesi rimasti gestiscono bene il loro disordine e caos, come i francesi del resto e le potenze coloniali. Invece italiani e spagnoli, per non parlare del resto del Mediterraneo, fanno a gara a chi rovescia più spazzatura sul marciapiede o sulla terra del vicino.

La questione meridionale nasce da questa assenza dello Stato come vera autorità, ma adesso farei bene a pensare di riposare. In altri tempi avrei passato la notte ad ascoltare musica jazz o magari una cantante di fado o di blues, ma questa sera mi sento stanco, più di una pietra che rotola a caso. O forse questo caos apparente, questo disordine non previsto perché non pianificato, non è proprio così casuale, mi sono detto. Forse il mondo mi vuol dire qualcosa, forse quello che ho imparato finora mi serve a capire i segnali in codice di fuori. E così, contro la logica dell'energia disponibile, ho continuato a camminare verso la prima chiesa e il suo campanile barocco illuminata fuori.

Dopo un paio di rotonde e spartitraffico e macchine guidate sulla corsia di sinistra (guarda a destra quando attraversi!) i cartelli stradali dicevano ancora sei km per La Valletta e uno solo per l'aeroporto. Venti minuti passano in fretta, potevo arrivare nella capitale nel giro di un'oretta. Se cammini e non ti fermi vai alla stessa velocità di qualsiasi mezzo meccanico. Ero regolare come la tartaruga e, di giorno, sarei stato più veloce delle auto costrette agli stop. Le vecchie città sono state costruite per la gente che cammina, le nuove per le colonne che vanno a senso unico.

Ho superato i giardini di aranci protetti da alte mura di pietra bianca e la luna piena era ancora nascosta quando sono entrato nel piccolo paese. Era deserto ma le strade di pietra erano più fresche di quelle asfaltate. I vicoli stretti alla fine giravano intorno ed erano chiusi in qualche caso. Laqa ha una specie di labirinto e anche una via di uscita. Il rumore dei passi nella notte si alzava di intensità come quando uno straniero entra nella tua casa o quando torni nella tua camera da letto in piena notte.

Camminando mi chiedevo cosa era successo questa volta. Stavo tornando a casa ormai, anche se passavo di gente in gente senza averlo voluto e ammettevo che every distance is not near. Non si viaggia per fare le stesse cose e farle peggio, si viaggia per imparare dal nuovo. E stavolta il nuovo non c'era nei luoghi di arrivo convenzionali, almeno non in superficie. Mi sembrava di aver ripreso a ritroso il cammino di qualcuno che era fuggito cambiando nome e paese. Qualcuno che francesi, spagnoli e inglesi avrebbero voluto evitare di incontrare perché la sua presenza pubblica avrebbe cambiato il senso delle loro vite.

Forse l'unico senso di questo viaggio era la strada di quest'uomo e della sua compagna passati sotto le foglie di un eucalipto pendente nell'acqua e sotto i monti di neve come fossero Piramidi di ghiaccio. O forse anche quella dei Crociati, cioè l'avventura di uomini inviati dalla Chiesa per liberare Gerusalemme. Che al ritorno in Europa hanno capito di essere presi per il collo e infatti i Catari si sono ribellati ai vescovi e agli imperatori. Anche perché la storia della Resurrezione, stando sul posto a combattere contro i turchi, faceva acqua da tutte le parti.

Dormivo con la testa sopra un una borsa piena di maglie e di una cosa molto fragile. Ma di questo mi sono reso conto solo dopo, verso le quattro e mezza, quando sono tornato a piedi verso la pista. La verità delle cose ci è ignota perché vogliamo che lo sia. La oscuriamo come il sole dietro le nuvole. Viceversa, sarebbe troppo pericoloso ammettere che ci siamo sbagliati, che tutti si sono sbagliati. La terra è rotonda e gira intorno al sole, finalmente poi succederà anche questo.

A Banyoul ho comprato per cinque euro, dopo una trattativa fallita per 4 auro, un disco in vinile con George Brassens in copertina. Il cantautore francese era nato da queste parti e Gino Paoli e Fabrizio De Andrè lo consideravano una specie di fratello maggiore che viveva sulla stessa sponda di fronte alle Baleari. Il disco non è granché in effetti, George è vecchio e non canta quasi mai, gli altri del disco suonano il dixieland sul motivetto delle sue ballate, idea commerciale della Philips.

Ho comprato anche una vecchia bilancia con i piatti di rame e la base di marmo per pesare gli ingredienti dei piatti che farò. Ho comprato due romanzi in edizione tascabile di Stendhal e di Balzac nel caso volessi trovare il tempo di leggerli in francese. Niente di nuovo, accumulo sempre le stesse cose e gli stessi pensieri. Tranne che una ragazza del tourist office dal viso angelico come Santa Elisabetta mi ha fatto incontrare un tale che mi sembrava di riconoscere come fratello o qualcosa del genere per via della voce e degli occhi.

Questo Daniel, dal cognome che ricorda il suono Gesù, ha aperto la sua casa e ho dormito alcune notti, sette notti e poi una notte e un'altra ancora. La sua casa era al Cas del avis, cioè la casa dei padri. Intorno viti in gradoni e terrazze, qualche minicucco e delle mandorle. Su una parete delle ceramiche con dei catalani che ballano come dei siciliani con gli stessi abiti e copricapo. I muretti delle vigne e delle ville come costruiti su foglie di pietre.

Ho bevuto il vino rosso trattato nelle damigiane di vetro al sole e fatto visita alle cattedrali del potere di Girona e Barcellona. La Sagrada Famiglia, l'ultimo esempio della oppressione e dell'ossessione di Gaudì. Quanto è diversa, invece, la forma del chiostro e la fontana delle terme arabe. Aperto l'armadio della casa degli avi di Daniel ho sistemato la mia giacca in camera da letto e non l'ho più portata via. Forse un giorno mi arriverà per posta.

Una sera verso il porto di Collioure, uno spagnolo-arabo-marocchino suonava la chitarra e pochi lo pagavano. Poco distante una croce nell'ombra guardava il tramonto del sole come lo guardavano in silenzio uomini e bambini, madri e figli tenuti per mano. La notte il vento soffia sui battenti delle finestre aperte alla frescura e scoppiano dei petardi verso i muri. Due cani neri fanno la guardia nel giardino del vicino. Hanno smesso di abbaiare presto stavolta e anche gli altri a guardia delle case in collina hanno fatto lo stesso.  Ha piovuto finalmente e l'acqua ricomincia a scorrere nel fiume sotto il colle.

domenica 22 marzo 2015

La nausea

Le riforme annunciate dalla Grecia all'esame dell'Europa
Le riforme annunciate dall'Italia all'esame dell'Europa
I piatti di plastica nel ristorante tipico
I bicchieri di plastica per il caffè al bancone del bar
I film gialli fatti in Usa dove il cattivo si rialza quando è già morto e poi rimuore
La massa di rifiuti ovunque per le strade
I manifesti di auguri di Pasqua sui muri della città del Sindaco della città
Fabio Fazio che intervista un suo amico sodale (fate voi)
Il tecnico che dice Sapevamo che la partita era difficile ma noi siamo stati bravi

sabato 21 marzo 2015

Deo Ontologico

Come diceva Cascio 
il giornalista deve cercare la verità
il quale Percival assetato di verità 
ma il Graal è la verità
lui aveva una virtù dell'umiltà
ben sapendo che l'obiettività è irta di ostacoli e difficoltà

coniugato in forma attiva e in forma passiva
una costituzione di stile personalistico
la più bella del mondo forse quella sovietica
loro già nel 48 i nostri padri avevano pensato al digitale
io che sono preside i ragazzi mi dicono signor preside
ma il comma trova difficoltà ad essere interpretato umanamente

per come informazione ma come sottolineatura
quello che dice il Corano, la Umma
tutti gli endicap che non aggiungo se non poi dopo
oralmente per scritto attraverso il paragrafo due
naturalmente sappiamo benissimo
libertà senza responsabilità il mio stupore

il fanciullo esercita il diritto sottoposto ai diritti altrui
gli stati parti devono rispettare
quale deflagrazione avrebbe il comma
o all'occorrenza i tutori in modo consono
la libertà di manifestare eccetera eccetera

l'articolo che proprio menziona
che non vi leggo perchè è un corollario
di molte fonti della persona umana
che grazie a Dio la Costituzione per avere il massimo di informazione

ogni cosa umana è da prendere con le molle
come persone civili ci interessa o ne facciamo a meno
a mio uso personale diciamo una definizione
siccome però a me piace

il dovere della crescita della ricchezza umana
ti sarai posto tu dei problemi
se vuoi da persona matura
è qualcosa di significativo

scrivi un articolo e rileggilo come se lo leggesse tua madre
rispetta il fruitore approvato dalla madre 
dalla mamma anche nei riguardi dei nostri alter ego
vedere nell'altro un altro me stesso
perché in buona fede la sofferenza dell'altro verso di lui
tenuta a livello internazionale da una certa chiara lubich

rispettatevi tra di voi nel rispetto tra di noi tra di voi
ecco per noi un imperativo categorico
alla fine comunque adeguato rilievo alla presunzione di innocenza
uno giudicato estraneo dopo che se ne è parlato per mesi
su cui mi permetterei di ritornare di tanto in tanto
per adeguato senso di responsabilità

una credibilità personale ma anche umana
alcuni ad alto livello che dicono la verità togliendo qualche comma
e non vogliamo noi che sia quello
la tentazione di eliminare qualche cosa che sia essenziale
come i titoli i sommari che travisano i fatti e che interessano solo relativamente

a cerchi concentrici sempre più ampi cari amici fino a quando non ci stanchiamo
e apriamo il dibattito ai tempi del famigerato olocausto
il massimo rispetto dei nostri padri primitivi
e loro a noi ce la stanno mettendo tutta

attenzione a mettere in prima pagina fatti raccapriccianti
mi sono arrischiato su jutubbi davanti alla vita umana
l'altro che viene colpito lasciato a una resipiscenza
in tal caso è chiaro siamo nella linea migliore
lo stesso evento produce effetti diversi con un pò di sforzo
 
(Extract from Corso Deontologico per Giornalisti valevole 6 crediti)

giovedì 5 febbraio 2015

Millassata

Quando il sole scende fa piacere pensare a qualcosa di buono per cena. Le cose cotte hanno il sapore delle cose e dei loro condimenti. Il gusto dell'acido, del sale, del dolce e dell'amaro.

Perciò si prendono delle uova, si sbattono con mollica e formaggio forse anche prezzemolo e questa sarebbe la cosa che si chiama Millassata. Più precisamente diventa una cosa da mangiare fritta in padella nell'olio di oliva di quest'anno, scarico di sentina perciò del mese di febbraio come minimo.

L'abbinamento classico come la formazione di una rock band sarebbe questo: uova sbattute, pecorino pepato stagionato in granelli grattugiati freschi, pangrattato di pane di grano duro raffermo, aglio e prezzemolo.

A vederla da vicino la Millassata è un misto fisso indistinto indissolubile, come una crema dalla consistenza simile a un composto sabbioso, impaccato e tenuto insieme da una certa collosità umida e granulare.

Da sola quasi non si mangia mai. Forse per disperazione con delle fette di pane in padella. Di solito, invece, si abbina a qualcosa da insaporire e guarnire. Come i carciofi da stufare ripieni di Millassata appunto. O i filetti di sarde come fossero dei sandwich, ho detto sand wich e per caso c'entra qualcosa con la sabbia di prima. Altre idee per la Millassata? La finitura di una pasta e verdure e legumi, per esempio. O su un risotto e altri stufati di cose di stagione misti.

Intanto ieri sera stavo aspettando in una sala con della gente povera alla canna del gas.  Lei aveva sui 30 anni. Ha detto - Eravamo fidanzati, anzi lo siamo ancora. E per sei anni abbiamo anche convissuto.

Ma per colpa di sua madre e del lavoro perso ora ognuno vive per conto proprio. Io dai miei genitori e lui è rimasto nel nostro appartamento arredato insieme. Andavamo su dalla madre per mangiare fino a quando mi hanno detto che ero diventata un peso.

Le strade del paese sono piene di luce del mattino. Dai balconi pendono dei fili con dei sacchi di spazzatura appesi. Restano a dondolare nel vento fino a quando passa Dusty un camion di privilegiati che guadagnano ogni mese sui rifiuti degli altri.