mercoledì 28 luglio 2010

Sing a song for me

Come suono? Non so suonare. Prendo la chitarra acustica e suono. Non ci capisco niente di bemolle e di scale. Non so leggere la musica. Però le canzoni nella stanza e nelle strade le ho sempre sentite.

In questo periodo suono Hollis Brown. Parla di un povero negro del Sud Dakota. Ma ha una melodia antica e diabolica che funziona sempre. Sono due accordi. Mi minore e Do. Quindi più che altro devo essere intonato, ricordarmi le parole e dare il tempo giusto. Oppure mi esercito con l'arpeggio per Dont think twice, it's all right che ha una progressione fantastica. Mi piace anche il giro di Non è Francesca e I wish You were Here.

Adesso che ho imparato a suonare qualcosa non ho piu tanto tempo per suonare. Mentre quando avevo il tempo di suonare perdevo tempo ad accordare la chitarra e mi restavano dieci minuti per provare. Il regalo che cambia la vita me lo ha fatto Andrea, un accordatore che da le indicazioni giuste quanto tiri la corda da una parte o dall'altra. Risparmio mezzora ogni volta che prendo in mano lo strumento. Poi l'altra variabile è la tonalità, più alta o più bassa a seconda di dove arriva la voce. Ma per quello c'è una specie di capotasto che cambia la nota di partenza.

Una volta ho visto un cantastorie siciliano in una piazza semi vuota. Era uno degli ultimi telegiornali ambulanti. Aveva alle spalle tanti quadri della storia di Salvatore Giuliano. Cantava senza suonare perchè sotto c'era un nastro che andava, ma con la bacchetta lunga due metri mostrava il disegno fatto con lo stile dei pupi siciliani di Orlando e Rinaldo. E dal tono della voce si capiva quanto fosse drammatica o decisiva quella scena. Andava in trance su certe scene a alla fine vendeva le cassette registrate.

Attorno a un tavolo con un bicchiere di vino cantavamo in una stanza di tre metri per tre. Poi la chitarra passava di mano in mano, qualcuno faceva il coro, un altro batteva le posate come batteria. C'era un sardo che cantava a squarciagola Bocca di rosa. Invece Osvaldo mi ha insegnato le canzoni delle Union inglesi e anche come suonare l'armonica. E' stato lui a farmi il disegno degli accordi su un pezzo di carta a quadretti. Le stesse canzoni le cantavamo in moto facendo i Fori imperiali o piazza Venezia. Love the one you with o Hello cowgirl in the sand di Neil Young.

venerdì 23 luglio 2010

Food designer

St. Moritz. Ci troviamo a tavola in quattro o cinque. Lui beve sempre vino rosè di marca e mangia solo tonno rosso. Lei si presenta in ritardo magra e dal collo allungato. Poi ci sono altri commensali di contorno tipo uno che fa le battute a gettone e si sbrodola la camicia. 
Ora se hai bisogno di una cena particolare? Di quelle con tanti manager allupati da tenere in un luogo sconosciuto. Oppure di signore per bene a caccia di professionisti. Allora chiama la tua food designer. Una che va deep sull'insalata di crostacei. Porta sul seno le coppette di pelliccia fru fru nere nere. Ma è così calibrata sulle tue esigenze che ti spara domande a raffica del tipo: E tu cosa hai preso oggi a pranzo sulla terrazza del Paradiso? Io non mi ricordo veramente. Posso assaggiarti questa creme brulé? Ha un'aria che sa di buono.
La food designer intervista gli chef per una radio tutte le mattine di un giorno della settimana e va in replica delle 16,45 alle. Ma adesso non ha importanza. La dobbiamo aspettare domattina per la gita al lago con la bike? No preferisce di no. Resta tappata in albergo a provare tutte le saune, il massaggio plantare e la colazione Alpine.

giovedì 22 luglio 2010

Zazzamita blues

In un pomeriggio di giugno, dietro al sole al tramonto, sono tornato a Franchetto. Dopo la barra, verso l’eucalipto, i passeri sono scappati via. Lasciando nei nidi, al rumore dei miei passi, le piccole ali a frullare. Anche un predatore, un’aquila o uno sparviero con due metri di ali, è volato verso il piccolo canneto e le rane. Di traverso sulla panchina di ghisa i braccioli lasciano i segni sulla schiena se, anche adesso, mi sdraio come per dormire.

Alle spalle c'è il muro della casa, grigio per la calce e il cemento. Sul muro il geco e la geca aspettano i loro moschini invisibili. Uno dei gechi, che qui è femmina e si chiama zazzamita, si attacca alla schiena da sotto la camicia e non va via. Finchè, camminando verso il rumore della caffettiera, non lo prendo tra le dita e lo riporto fuori. Nella testa ho un sonno che potrei dormire per giorni interi. Il sole ha asciugato la terra e il vento arriva ora a rinfrescare la memoria. Ho chiuso gli occhi e ho dormito per alcuni secondi pesanti ma passati nella testa come nuvole leggere.

lunedì 5 luglio 2010

Intervista al guru

Ginevra. I moltiplicatori di soldi a palate si vestono di abiti e cravatte. Come li vedi da lontano pensi subito, ecco la parvenza della bisca organizzata. La ragazza che porta il caffè assomiglia alla principessa Sissy di Austria assassinata proprio qui di fronte sulla passeggiata principale di Ginevra. Potrebbe fermarsi a parlare se solo si potesse rompere la procedura rigida del benvenuto: gradiscono un caffè? Si, grazie. E dell'acqua gasata per favore. Che più ne bevi e più hai sete tanto è dura e opaca questa di Evian.

Il mondo degli affari? La risposta del banchiere è sempre la stessa. Siamo moderatamente ottimisti. Oggi ci piace il titolo di questa ferrovia canadese. Percorre l'America in lungo e in largo e non fa fermate intermedie. I governi faranno i tagli? Speriamo che l'Euro affondi al più presto e non se ne parla più. I vostri soldi dateceli tutti, li teniamo qui insieme ai lingotti d'oro che pesano molto. A portarli c'è sempre qualcuno di braccia forti e poca testa. Siamo qui per difendere i tuoi risparmi al riparo di queste montagne, in un lago dorato come il sole, dove non nevica mai. Oggi prendiamo la banconota tailandese e poi la rivendiamo come abbiamo fatto con le lire turche. L'idea è semplice basta applicarla con disciplina.

In città i negozi di orologi circondano banche e saloni di bellezza come fossero aperti solo per gli sceicchi e le loro mogli in vacanza con i bimbi che scorazzano uno in fila all'altro in ordine di altezza. C'è uno sbuffo di acqua verso il cielo che fa oplà in mezzo al lago mentre sui ponti passano ordinati i taxi e le ragazze bionde e magre come Edie Sedwick. La ragazza del clan di Andy Wharol fotografata in bianco e nero nella sala delle riunioni, la stessa che Una volta vestiva così bene e che adesso sta per rispondere alla domanda Come ci si sente ad essere senza una casa e vivere per conto proprio, like a rolling stone.

Ma adesso il banchiere padrone professore di finanza più raffinato deve andare dal medico. Lo aspettano, purtroppo, per togliere queste bende di cellophan dai gomiti sotto la camicia inamidata. Chissà quale fungo o quale cosa strano enzima lo costringe alla pausa. Profuma come una rosa della casbah, agita le dita lunghe e bianche e porge le mani come per dire: adesso mi faccio un bel giro in città sulla mia limousine in buona compagnia.


venerdì 2 luglio 2010

Soli nell'universo

Correvo in bici verso l'appuntamento con un paio delle mie mutande in tasca, cacciato da casa per ruberie e menzogne. Arrivato al chiosco ordino due caffè a portar via e una brioche con la crema, per me e per lei, segata in mezzo per evitare di lasciarne un pezzo senza crema. Ma l'incontro con la specialista in affari di cuore non era fissato per quel giorno e il campanello squilla senza risultato.

Allora sto per uscire ma, fatto il secondo gradino, si apre la porta nel buio e salta fuori una tipa alta ma con ampia scollatura. Che dice: "Oggi non c'è nessuno." Allora, con i bicchieri di plastica tappati dalla plastica in mano, dico: "Ti posso offrire un caffè visto che l'ho portato? Almeno lo beviamo insieme se ti va." E lei dice: "Grazie, la brioche però no. Ho già fatto colazione." Così parliamo del più e del meno seduti al tavolo delle riunioni. Lei parla di pubblicità, io parlo di newsletter. Alla fine raccolgo le briciole sparse della brioche con una salvietta. Come si fa con la polvere di argento in un laboratorio di orefici di Brooklyn. La mezza brioche tagliata nel senso della longitudine come fosse una zucca da fare ripiena, la butto via e mi dispiace un pò.
Lei si muove sulla scrivania e la scollatura si fa ancora più ampia fino quasi a farsi abbracciare. Ci sarebbe lo spazio per una stretta di mano o una confidenza ma gli affari sono affari. Sono le dieci di mattina e, a Milano, è ora di lavorare per non sapere cos'altro fare.

La bicicletta era ancora al palo e salto sopra il sellino per andare in una stanza e riconquistare la libertà. Con i pantaloni senza mutande è difficile pedalare a lungo, senza fermarsi e chiedere aiuto. Ma arriva un messaggio sul telefono proveniente da una consulente di immagine. - "Secondo te, siamo soli nell'universo?" - "Per la legge dei grandi numeri non siamo soli. E non lo siamo anche a causa del caso, la voglia di vivere e la forza di gravità. Ma di fatto siamo soli finchè qualcuno non bussa alla porta."