sabato 29 agosto 2015

Pane scordato

Quanti alberi ho piantato intorno a me in questa casa. Ogni anno ne pianto diversi. Tanti seccano per mancanza di acqua e di accudimento. Altri superano la barriera del secco, del vento micidiale e sembrano dare i frutti sperati. Limoni, cinque limoni, melograno un melograno, fichidindia 50 fichidindia. C'è una strada stretta da fare per chiunque, i primi anni sono difficili. Ma quando la pianta ha fatto le radici l'anno dopo tutto si moltiplica e i le foglie e i rami si moltiplicano, anzi devi cominciare a potare e riportare ordine e disciplina.

Sono passati una decina di anni da quando ho iniziato a scavare buche e coprire di terra radici di ulivi e gelsomini. Ne sono passati anche venti di anni. Sembra ieri, non è vero? Invece non è così. Papà diceva, scava ancora. Fai la fossa ancora più grande per dare umido alle radici. Io pensavo, che scocciatura. Invece aveva ragione lui. Le piccole fosse fanno morire le piante e così è stato quando ho fatto da solo. La culla deve essere spaziosa per il piccolo che cresce.

Se vuoi vedere un pulcino qualcuno deve covare le uova fecondate. Se vuoi qualcosa non aspettare, cercala questa cosa. Investire è la cosa decisiva e delicata perché richiede risorse e tempestività. La fortuna fa il resto, poi la sfortuna compensa tutto. Il maestro disse a mia madre, questo ragazzo ha un anno di vantaggio sugli altri ma prima o poi lo perderà. Un altro disse chi è primo a scuola sarà l'ultimo nella vita. Infatti un pò è andata così e i profeti sono stati accontentati.

Pare che mangio pane scordato. Non sono tante le cose che restano da fare perché non ci sarà il tempo farle. E neanche la stessa forza ci sarà più. Forse troverò un'altra energia ancora più intensa, forse mi fa piacere pensarlo. Intanto, però, il cipresso si è fatto alto e anche l'oleandro è quasi adulto. Per la prima volta raccoglierò quanto basta per avere l'olio a tavola e non comprarlo.

Ora forse ho capito cosa mi è successo in questi anni, posso farcela ad andare avanti, magari a zigzag, ma guardando sempre lo stessa boa davanti a me. Avrei voluto avere qualcuno vicino che si chiamasse Consolazione, magari una figlia di nome Consuelo. Avrebbe accarezzato le mie sere di vecchio signore rimbambito. Invece non ho figli nè mi chiamo Consolato. Ma ne ho tanti di amici e di affetti lo stesso, per lo più lontani. Mi consola saperlo in questi giorni di solitudine e di confinamento che sembrano e sono anche i giorni di salute e di sogno nella natura.

Sono libero di isolarmi o confondermi, non posso lamentarmi. Devo solo ringraziare di non essere dentro un camion dimenticato fuori dall'autostrada in viaggio verso la morte. Sono stato fortunato ad incontrare la gente che ho incontrato. Come ha detto Nino, l'ultima volta che ha detto qualcosa: voglio chiedere scusa, se ho sbagliato. Voleva dire che aveva vissuto in pace con se stesso e qualche volta non era stato sempre gentile come qualcuno si aspettava.

Sera con l'archetto

Sotto la veranda attorno al tavolo ci sono una decina di persone comprese le coppie di motoristi dell'ultima ora, un belga single, i vicini di casale due signori uno italiano, due che vengono da Clermont più i quattro dell'Harley Davidson. Questa sera arriva un tipo con l'archetto e, una volta finito di mangiare il salame il patè e il formaggio, noi che eravamo quasi vegani, apre una specie di grande valigetta astuccio ed esegue il suo repertorio di musiche sul genere celtico occitano sfiorando una specie di sega pieghevole ma senza denti.

 Io cerco di seguirlo in tonalità di La minore con la chitarra ma lui va avanti con degli accordi impossibili finché gli altri un pò stufi mi costringono a suonare qualcosa da solo e allora intono Bella Ciao, un hit globale nel frattempo. Lo strumentista ha le basette bianche, i suoi occhi sono un pò tristi ma sereni. Avrà una settantina di anni come la moglie che è magra come lui. Indossa una camicia a quadri del tipo azzurrino a righe. Il suono dell'archetto sfregato sulla lama della sega si muove come un'onda lunga della campanella di scuola.

A un certo punto mi invita a provare, muovo su e giù l'archetto sulla lama senza alcun risultato tranne un sibilo quando mi spinge il gomito per chiudere l'esperienza. Dico grazie e lui dice di niente. Prendo coraggio con la chitarra e improvviso il repertorio folk italo blues anni sessanta. Fino a We Shall Overcome tutto in versione ridotta. Sono tutti gentili gli amici di Christian, hanno l'aria di chi ha capito che qualcuno vuole annegarci e dividerci e farci del male. Invece noi resistiamo alle tempeste e camminiamo dritti verso la pace dei sensi.

Il padrone di casa, invece, ha il naso lungo come il presidente De Gaulle o il regista e attore Tati. Di profilo assomiglia ad almeno un milione di francesi alti sul metro e ottanta. In più ha anche un paio di baffi neri con macchie bianche. Si chiama Christian, marito di Marie-Lise insegnante dagli occhi da marmotta, e non sta fermo un momento, ha sempre qualcosa da fare in fretta. Se hai bisogno lui è sorridente e disponibile, fresco come una rosa pronto a dare risposte esaurienti. Ma appena ti distrai e giri le spalle per guardarti intorno lui sparisce come un coniglio dietro le frasche.

Per favore, gli dico, si può avere una indicazione per andare verso Sud sulla costa? Lui rientra in casa dal patio dove eravamo e torna con una vecchia cartina stradale. La puoi tenere, mi dice. Portala via con te. Apriamo insieme la mappa, è vero mancano gli aggiornamenti sulle ultime autostrade. Ma non importa. Per la zona dei vigneti e delle cantine dell'Aube si passa dalla statale. E anche verso Roussilllon e Perpignan fino ad Argeles sur Mer.

Allora andate a Collioure, dice un amico della gang internazionale delle moto HD che passa in quel momento. La sua compagna dai capelli melanzana mangia uno yogurt per dimagrire, saluta con affetto e poi vanno per il giro dei villaggi medievali nei dintorni di Albi. Altri passano a fare un bagnetto nella piscina.

Domani sera non ci siamo, andiamo alla chiusura del festival Pause Guitar. In un pomeriggio di sole caldo, sotto gli alberi e seduti ai tavoli di legno, aspettiamo le esibizioni di una marocchina naturalizzata e di un francese agitatore di folle che corre in mezzo ai chioschi prima di sentire e vedere sua Santità, il ragazzo che inventò il folk rock dopo il rock and roll.

Stasera il trovatore incrocia le strade dello Zingaro, la sua festa è arrivata come ogni anno. Il colle prima dei monti Pirenei ha una tomba da qualche parte. Lui, Bobby, stasera cambia programma, La scaletta dei pezzi a un certo punto prende una direzione, basta con i pezzi noiosi di Tempest, via con Visions of Johanna e Desolation Row. Ho fatto mille miglia solo per questo.

giovedì 13 agosto 2015

Laqa

Sono finito a Laqa verso le tre di notte a dormire su una panchina di legno. Ho lasciato le scarpe a terra e usato la borsa da viaggio come cuscino. I miei poveri piedi erano un fuoco, li ho sollevati e stesi sul bracciolo. Dopo qualche minuto mi sono addormentato, mentre l'ultimo posto al neon con bibite fresche chiudeva e i ragazzi dell'altra panchina andavano a casa sulle loro auto pagate a rate.

La notte era umida e afosa, come succede alla fine di luglio. Scendendo in aereo sull'isola ho visto le chiese di Gozo, mi sarebbe piaciuto restare un giorno in questo posto in mezzo al mar Mediterraneo dove passano uomini migranti e uccelli migratori per almeno una volta nella vita. La parte meno fortunata non ci torna più perché viene abbattuta. Gli altri ci restano per almeno visitare le chiese dei Cavalieri o frequentare un corso di inglese e poi andare al mare.

Vengo da Venezia e dalla costa di Barcellona. Un vento di scirocco mi ha portato, ancor prima, nel mezzogiorno della Francia ad Albi, la città dei vescovi e poi sulla terra dei Templari a sud di Perpignan dove tutti si sentono catalani anche se sono ancora al di qua dei Pirenei. Ho rifatto alla rovescia la mezzaluna del mare nostrum che, più o meno, assomiglia alla mezzaluna medio orientale.

Dentro l'aeroporto di Malta non sopportavo più le luci accese e le persone appisolate nelle sedie del Caffè Costa. Così ho pensato di prendere un taxi e fare un giro di un'ora della città ma in quel momento il posteggio era vuoto e ho lasciato perdere l'idea, anche per i 30 euro della tariffa. Ma tutto era perfetto e funzionale. Si vede che gli inglesi rimasti gestiscono bene il loro disordine e caos, come i francesi del resto e le potenze coloniali. Invece italiani e spagnoli, per non parlare del resto del Mediterraneo, fanno a gara a chi rovescia più spazzatura sul marciapiede o sulla terra del vicino.

La questione meridionale nasce da questa assenza dello Stato come vera autorità, ma adesso farei bene a pensare di riposare. In altri tempi avrei passato la notte ad ascoltare musica jazz o magari una cantante di fado o di blues, ma questa sera mi sento stanco, più di una pietra che rotola a caso. O forse questo caos apparente, questo disordine non previsto perché non pianificato, non è proprio così casuale, mi sono detto. Forse il mondo mi vuol dire qualcosa, forse quello che ho imparato finora mi serve a capire i segnali in codice di fuori. E così, contro la logica dell'energia disponibile, ho continuato a camminare verso la prima chiesa e il suo campanile barocco illuminata fuori.

Dopo un paio di rotonde e spartitraffico e macchine guidate sulla corsia di sinistra (guarda a destra quando attraversi!) i cartelli stradali dicevano ancora sei km per La Valletta e uno solo per l'aeroporto. Venti minuti passano in fretta, potevo arrivare nella capitale nel giro di un'oretta. Se cammini e non ti fermi vai alla stessa velocità di qualsiasi mezzo meccanico. Ero regolare come la tartaruga e, di giorno, sarei stato più veloce delle auto costrette agli stop. Le vecchie città sono state costruite per la gente che cammina, le nuove per le colonne che vanno a senso unico.

Ho superato i giardini di aranci protetti da alte mura di pietra bianca e la luna piena era ancora nascosta quando sono entrato nel piccolo paese. Era deserto ma le strade di pietra erano più fresche di quelle asfaltate. I vicoli stretti alla fine giravano intorno ed erano chiusi in qualche caso. Laqa ha una specie di labirinto e anche una via di uscita. Il rumore dei passi nella notte si alzava di intensità come quando uno straniero entra nella tua casa o quando torni nella tua camera da letto in piena notte.

Camminando mi chiedevo cosa era successo questa volta. Stavo tornando a casa ormai, anche se passavo di gente in gente senza averlo voluto e ammettevo che every distance is not near. Non si viaggia per fare le stesse cose e farle peggio, si viaggia per imparare dal nuovo. E stavolta il nuovo non c'era nei luoghi di arrivo convenzionali, almeno non in superficie. Mi sembrava di aver ripreso a ritroso il cammino di qualcuno che era fuggito cambiando nome e paese. Qualcuno che francesi, spagnoli e inglesi avrebbero voluto evitare di incontrare perché la sua presenza pubblica avrebbe cambiato il senso delle loro vite.

Forse l'unico senso di questo viaggio era la strada di quest'uomo e della sua compagna passati sotto le foglie di un eucalipto pendente nell'acqua e sotto i monti di neve come fossero Piramidi di ghiaccio. O forse anche quella dei Crociati, cioè l'avventura di uomini inviati dalla Chiesa per liberare Gerusalemme. Che al ritorno in Europa hanno capito di essere presi per il collo e infatti i Catari si sono ribellati ai vescovi e agli imperatori. Anche perché la storia della Resurrezione, stando sul posto a combattere contro i turchi, faceva acqua da tutte le parti.

Dormivo con la testa sopra un una borsa piena di maglie e di una cosa molto fragile. Ma di questo mi sono reso conto solo dopo, verso le quattro e mezza, quando sono tornato a piedi verso la pista. La verità delle cose ci è ignota perché vogliamo che lo sia. La oscuriamo come il sole dietro le nuvole. Viceversa, sarebbe troppo pericoloso ammettere che ci siamo sbagliati, che tutti si sono sbagliati. La terra è rotonda e gira intorno al sole, finalmente poi succederà anche questo.

A Banyoul ho comprato per cinque euro, dopo una trattativa fallita per 4 auro, un disco in vinile con George Brassens in copertina. Il cantautore francese era nato da queste parti e Gino Paoli e Fabrizio De Andrè lo consideravano una specie di fratello maggiore che viveva sulla stessa sponda di fronte alle Baleari. Il disco non è granché in effetti, George è vecchio e non canta quasi mai, gli altri del disco suonano il dixieland sul motivetto delle sue ballate, idea commerciale della Philips.

Ho comprato anche una vecchia bilancia con i piatti di rame e la base di marmo per pesare gli ingredienti dei piatti che farò. Ho comprato due romanzi in edizione tascabile di Stendhal e di Balzac nel caso volessi trovare il tempo di leggerli in francese. Niente di nuovo, accumulo sempre le stesse cose e gli stessi pensieri. Tranne che una ragazza del tourist office dal viso angelico come Santa Elisabetta mi ha fatto incontrare un tale che mi sembrava di riconoscere come fratello o qualcosa del genere per via della voce e degli occhi.

Questo Daniel, dal cognome che ricorda il suono Gesù, ha aperto la sua casa e ho dormito alcune notti, sette notti e poi una notte e un'altra ancora. La sua casa era al Cas del avis, cioè la casa dei padri. Intorno viti in gradoni e terrazze, qualche minicucco e delle mandorle. Su una parete delle ceramiche con dei catalani che ballano come dei siciliani con gli stessi abiti e copricapo. I muretti delle vigne e delle ville come costruiti su foglie di pietre.

Ho bevuto il vino rosso trattato nelle damigiane di vetro al sole e fatto visita alle cattedrali del potere di Girona e Barcellona. La Sagrada Famiglia, l'ultimo esempio della oppressione e dell'ossessione di Gaudì. Quanto è diversa, invece, la forma del chiostro e la fontana delle terme arabe. Aperto l'armadio della casa degli avi di Daniel ho sistemato la mia giacca in camera da letto e non l'ho più portata via. Forse un giorno mi arriverà per posta.

Una sera verso il porto di Collioure, uno spagnolo-arabo-marocchino suonava la chitarra e pochi lo pagavano. Poco distante una croce nell'ombra guardava il tramonto del sole come lo guardavano in silenzio uomini e bambini, madri e figli tenuti per mano. La notte il vento soffia sui battenti delle finestre aperte alla frescura e scoppiano dei petardi verso i muri. Due cani neri fanno la guardia nel giardino del vicino. Hanno smesso di abbaiare presto stavolta e anche gli altri a guardia delle case in collina hanno fatto lo stesso.  Ha piovuto finalmente e l'acqua ricomincia a scorrere nel fiume sotto il colle.