mercoledì 22 ottobre 2014

Vicino riflesso

Se il tuo lavoro non ti piace è uno stress. Se non lavori e non fai niente è una frustrazione. Se, invece, quello che fai è un successo allora sei felice. Di qualsiasi cosa si tratti. Se lavori da un barbiere o sei ambasciatore di Francia o Spagna.

Anche se se stai solo facendo compagnia a qualcuno che ne ha bisogno. O anche se ti occupi di un albero di loto. Sei, perciò, felice se quello che fai ha un risultato per te o per qualcuno che ami. Se vedi la tua immagine riflessa nell'incontro con gli altri e ti piace quello che vedi. Non importa se sei ricco e sei povero. Importa come si apre il tuo respiro. Se è calmo e sereno o se si affanna e si interrompe.

  "Apro l'armadio e vedo tutti gli abiti di tuo padre. Ora non c'è più, seduto in quella sedia del tavolo. Come è stato possibile? Ogni giorno lo vedo e mi dice di fare come meglio credo. Mai una discussione o una parola. Tutti i vestiti appesi sono ancora come nuovi. Invece nell'altra stanza non cade uno spillo per terra tanto è disordinata."

Svolgere il proprio compito nel mondo. Dovresti sapere qual è.

lunedì 6 ottobre 2014

Musica senza quinte

Le musiche della sera erano posate tra i fogli bianchi aperti come ali di colombe sui trespoli cromati degli orchestrali. La sala era ancora vuota mentre il palco, rimasto senza alcun decoro, mostrava il muro perimetrale dello stabile sporco di buchi nell'intonaco. Le quinte, la parete finta o la tenda dello sfondo del teatro, non c'erano proprio più.

Tutto era pronto per il primo concerto dell'anno nel cartellone delle sinfonie. Quella sera avrebbe eseguito e diretto le sue composizioni il pianista dagli occhiali neri e basette bianche di nome Ludovico, figlio di un editore torinese. Che era stato il paladino dei lavoratori oppressi e degli scrittori militanti, famoso anche per un'enciclopedia originale a tema degli anni ottanta venduta a rate e mai riscosse del tutto (almeno da me).

Ora il musicista Einaudi, 58 anni, tanti concerti in ambienti sofisticati per palati fini e giovanili, avrebbe suonato ancora una volta nel teatro dedicato al maestro dell'era romantica dell'opera Vincenzo Bellini. L'aria della Norma composta dal giovane siciliano si canta ovunque, anche ai matrimoni. A lui è dedicato l'aeroporto che tutti, però, chiamano ancora Fontanarossa. Ma quel giorno di una settimana tiepida d'inverno a Catania gli orchestrali e gli impiegati erano in sciopero; la maggior parte era in trasferta a Palermo davanti alla Regione a protestare per il diritto di ricevere uno stipendio.

Fuori, come in tempo di guerra, la gente non aveva molto da comprare, le saracinesche dei negozi sembravano chiuse da mesi e le nuove luci della piazza pedonalizzata lasciavano al buio la bella facciata di uno dei teatri più belli del mondo. Un cartello bianco scritto al computer su foglio A4 attaccato alle barre, per l'occasione, diceva di non insistere perché ormai i biglietti erano esauriti; gli appassionati dell'ultim'ora facessero il piacere di stare alla larga.

I cancelli di pesante ferro battuto rimasero chiusi fino a pochi minuti dall'inizio del concerto. Si poteva, invece, entrare senza alcun controllo dalla porta secondaria riservata al personale dove un gabbiotto faceva da riferimento per un gruppo di persone scioperanti. Anche il maestro torinese passò un paio di volte davanti al baretto. Vestito di nero come sempre, gli stivali di pelle, diede uno sguardo alla tv accesa del caffè al suo ritorno e salutò qualche fan sorpreso della presenza solitaria.

L'artista fece il suo ingresso sulla ribalta con un inchino appena accennato. Il pubblico scarso sembrò ancora più sparuto perché applaudì quel tanto poco che fece pensare a qualcuno, Applaudo anch'io per sostenerlo in questo gelo. Il maestro prese posto al pianoforte nero, grande e lungo come una barca, e poi si alzò un attimo per provare la bacchetta, pronto a dirigere la piccola squadra di orchestrali anche dal suo posto al centro del palco, la schiena rivolta al pubblico.

Con le mani acconciò sotto la schiena la giacca che sventolò per un istante fino a che la gente, rimasta bardata nei suoi cappotti e pellicce d'occasione, non prese posto in platea e nei palchetti barocchi sotto il soffitto affrescato con i colori tenui del pastello. Tra le nuvole alcuni angioletti dalle gote rosate guardavano l'orizzonte per indicare un posto ancora più soave di questo a delle signore paffute con gonne lunghe fino ai piedi. Una figura dell'affresco porta una ghirlanda di fiori a qualcuno non compreso nel tondino.

La scenografia dello spettacolo riservato agli abbonati,  chiusa la biglietteria normale, era ridotta al minimo, nessun addetto alle luci del teatro era disponibile a manovrarle in funzione dei tempi scenici del concerto. Dentro era umido, più freddo che fuori. Il teatro Massimo Bellini era un posto solenne ma, mezzo vuoto. Risuonava di un'eco insolita ai suoni ripetuti delle note dei violini. Anche il piano forte a coda mancava di qualcosa che lo vestisse, la parte superiore della cassa armonica mancante lasciava aperte le corde, i martelli e il legno chiaro.

Neanche la melodia intensa degli ultimi pezzi potè scaldare gli animi della maggioranza; invece una piccola agguerrita minoranza lo applaudiva sempre più forte quanto più il musicista avanzasse nel programma in due tempi. Poteva anche rischiare di cadere Ludovico. Con l'incedere del pezzo strumentale il suo movimento all'indietro sulla poltroncina di pelle nera lo proiettava troppo vicino alla perpendicolare sul vuoto. Al momento di ringraziare, poi, faceva un passo indietro verso il margine della ribalta, pochi centimetri prima di cadere verso lo spettatore della prima fila.

 Gli ascoltatori, in maggioranza fior di professionisti in pensione con moglie al seguito, avevano preso sonno oltre la prima fila e, alla fine, uscirono sbadigliando ma più riposati. L'età media era sui settanta anni con almeno 25 anni di anni di prelazione esercitata in abbonamento. Uno più giovane per compiacere un parente disse, scuotendo la testa, Ma che musica è? Sul tetto c'erano tre putti tra i fiori ma uno era di colore.

giovedì 21 agosto 2014

Water melon

Il telefono squillò verso le otto e mezza proprio nel momento del caffè. Professore, disse la voce. Professore dove sei, rispose. Volevo passare per quel discorso, disse la voce. Ti aspetto al primo piano, la porta è aperta.

Il tizio aveva i capelli lucidi e anche la pelle intorno agli occhi era liscia. Il colore dei suoi occhi era marrone. Anche lui aveva gli occhi marroni. Da quando aveva portato la sua merce fino a casa guardava l'auto parcheggiata davanti e poi bussava per avere il suo rendiconto.

Il professore di acque potabili si guardò intorno e posò gli occhi sulla parete alla sua destra. La macchinetta del caffè smise di sbuffare e lui gliene offrì una tazza. Non bevo mai il caffè, disse il professionista seguendo invece le immagini colorate dentro la cornice verde chiaro. Aspettò che si sedesse di fronte e, appoggiandosi sul tavolo con il braccio destro per aiutarsi a reggere il  peso della schiena, lo vide intento ad osservare anche il secondo dei quattro quadretti dalla cornice verde acqua.

Ci fu una breve discussione sull'origine dello zucchero di canna e come fosse diverso da quello bianco a coccio dei sacchi di carta. Santo il professore, però, era interessato alle cinque varietà di angurie illustrate nel disegno sotto vetro. E disse Ma dove sono finiti i cocomeri tappezzati come moquette? Erano cosi grandi e lunghi che arrivavano a due metri. Ne hai visti in giro di semi del melone d'acqua americano?

Nella cucina anni 90 stile rustico c'era un tavolo bianco di legno con una tovaglia verde a quadri piccoli che si intonava perfino con il tappetino ai bordi del lavello. Il caffè fu versato nella tazza di ceramica disegnata a forma di pesce stilizzato e lo zucchero di canna si sciolse dopo lunghi secondi grazie a un cucchiaino di argento dalla forma circolare della grandezza di una ciliegia. Lui spiegò che lo zucchero bianco era raffinato con sostanze nocive. Santo non ne sapeva niente di sostanze nocive nello zucchero bianco. Solo si ricordava di aver visto le radici bianche delle barbabietole mentre la canna era tutta un'altra cosa in rapporto a questa.

Nel vano delle scale era sdraiato il cane nero in attesa di uscire insieme al padrone. Ripassa a fine mese, disse lui. E' stato un mese di tasse e bollette che ci ha lasciato senza un soldo. Santo fece come per alzarsi dalla sedia di fronte. C'era ancora del caffè nella macchinetta e lui ne versò dell'altro aggiungendo ancora mezza dose di zucchero. Asciugò con le labbra il cucchiaino di argento che divenne ancora più chiaro quasi come era nella gelateria di Roma dalle pareti alte come quelle di una chiesa.

Insieme scesero le scale di cemento grezzo ancora senza finitura. In basso su un altro tavolo c'era una vera anguria a strisce verdi irregolari come lische di pesce. Il professore doveva tornare a governare le sue acque irrigue per i giardini di agrumi. Ci vediamo la prossima settimana, dissero insieme.

venerdì 13 giugno 2014

Isternazzi

A nanna stava a Isternazzi nel quartiere della Bumma. Le grandi cisterne di acqua le avevano piazzate nella parte bassa a raccogliere la pioggia. Ogni ntanto a jeva a truvari ppi na visita o pi joco. Pippina aveva un mantale lungo fino ai piedi e  ntuppu in testa a tipo crovecchia ntrizzata. La sua faccia pareva come una carta geografica con tanti fiumi. Mi cuntava un fatto e ju ascutava paralizzato.
Dalla cucina si sinteva un fetu di astratto di pomodoro appigghiato. Idda parrava di Giufa' ca lassava a porta aperta o du sceccu attaccato al bummulu con una corda. Una volta scarramau l'acqua e da sotto il letto uscì un orinale che galleggiò nella stanza fino alla porta.
La bella dei setti veli era circondata di cavalieri. Noi stavamo seduti ai bordi del letto a dire il rosario. Quanto e' auta la croce di Maria. Poi la pioggia fini di cadere. E per una mezzora ancora le barche di carta di quaderno fatte a mano passavano la traversa e scomparivano in direzione della strada Dritta e della Chiesa.

martedì 10 giugno 2014

Time in vain

Il tempo passato dall'ultima volta e' maggiore del tempo passato la volta prima di questa. All'ombra del pistacchio il senso dell'assenza nel vialetto delle rose sommerse di erbacce secche, alte attorno alle sedie abbandonate e sfilacciate. Era un mese o erano 15 i giorni quando Di Bella fece quel lavoro e tutto era diverso come verde e nero invece di giallo e marrone. Vuol dire che il tempo ultimo e residuo si sta accorciando come un elastico che si restringe dopo l'estensione.

Terantola si chiama ora la bianchetta, anzi Trimmy Terantola. Se lo ripeti dieci volte vale come una cermatura dei vermi o come il rosario buddista. Ma questo non c'entra niente.  Sembrerebbe allora che il tempo nuovo, quello da adesso in avanti viaggia a una velocità x+1 ai nostri sensi rispetto al tempo vecchio. E perciò che ci possiamo fare?

domenica 8 giugno 2014

Acqua di fronte

Ti guardavo intorno alla guancia senza dire niente delle solite cose quando come dall'alto di una collina procedevano in volo in sequenza regolare una a una le scene di movimento delle ciglia e delle labbra anche gli zigomi e le dita o il movimento delle mani le illuminazioni dello spazio intorno fino a scalare verso il desiderio di passare oltre l'irritazione per il presente o per il dolore ai piedi feriti da un taglio accidentale così allora il rimando all'ombra dei tuoi occhi scuri del pomeriggio il riempire il tempo fino alla sera con tante cose da fare oltre l'ansia di prevedere e di controllare lascia intatto il momento presente con il suo profumo di melograno il senso di sicurezza e di benessere ma anche di eccitazione per quello che sta per succedere o per la certezza di una liberazione dalle catene sì del cielo mentre le coppie e le famiglie in silenzio siedono sulla panchina di fronte allo specchio poi si alzano in silenzio per tornare a casa a turno secondo le ore del giorno come ombre cinesi di fronte a noi che restiamo lì per tanto tempo nello spazio diverso delle nostre vite che converge verso la stessa zona e si incastra come se si fosse staccato ma non per sempre e ora si adagia si incolla aderisce nel toccarsi e nello sfiorarsi si riprende quanto perduto e disperso quanto puo' restituire la storia di tentativi di costruire un grande piatto con ingredienti giusti messi insieme nel modo sbagliato e di compagni di un gioco o di una tragedia che portano la loro croce e la delizia passando il bicchiere di vino dalle labbra fino alla lingua intrecciando le dita sul tavolo attorno alla nuca o spezzando delle spighe per formare un mazzo di fiori secchi per l'eternità se vuoi restare stanotte con me quando vieni a trovarmi quando ti arricampi è sempre tardi può essere che sei così tosto e come si deve fare non lo so e finalmente tutto questo finirà perché ora ha un senso e si capisce perché è accaduto e si capisce cosa accadrà tra di noi e per ognuno meglio di prima meglio di questa notte passata con un dito sanguinante e i miei piccoli stesi fuori a fare la veglia e ad abbaiare nel caso che la volpe si avvicini o che ritrovi la sua strada.

lunedì 12 maggio 2014

Zoticon

Uno ha la faccia gonfia da un lato come se avesse una noce sotto la pelle. Un maschio bianco dagli occhi acquosi che potremmo chiamare Scognito con l'accento sulla o.

Ora la nocetta ha fatto il pus e abbiamo applicato del puro succo di aloe sulla ferita. Scognito assomiglia alla Zorika e non al padre ad eccetto del colore del pelo. Appare il piu' debole del gruppo e prende un sacco di lezioni di lotta a corpo libero.

La capo rais sarebbe la bianca maremmana di nome Sciavazza con l'accento sulla seconda a. Forse la prende per il figlio questo vicino di terre. Alfio che un giorno trovo' il padre impiccato nella fattoria. Lo aspetto intanto che faccio chiarezza su chi sono i miei dieci cani da allevare chissa' per quanto tempo ancora.

A casa ho lasciato il nero Wolfie che e' un maremmano nero e il bianco esile Picciuso con l'accento sulla u. In attesa di sviluppi sul fronte delle adozioni spontanee un drappello di affamati copre le mie scarpe e tanti occhi neri mi guardano negli occhi appena qualcosa si muove nella quiete.

La piu' facile da trovare e' Bronkie una femmina di colore marrone o di cane che fugge. Ha un carattere forte al punto che fa la guerra con Sciavazza senza paura di restare rotolata per le gialle stoppie di paglia. Dal muso e da tutto il resto del corpo atletico si capisce che non assomiglia a nessuno. Forse il risultato migliore del prodotto padre e madre in termini di evoluzione della specie.

Siamo arrivati a cinque. Ho bisogno di una pausa.

mercoledì 9 aprile 2014

Giorgio il vicino

Si vuole sciarriare con me? No. Ci mancherebbe altro. Allora questa vigna lei la deve zappare. Che certo. Non si deve siddiare, suo padre era numero uno. Ma forse allora lei ci deve ragionare bene.

Siamo ad aprile e sta fiorendo. Eppure si vedono i vigneti del nord lasciati a prato. Come ora si vede a Tre finestre il campo di fiori colore delle labbra delle bambole americane.

mercoledì 2 aprile 2014

Suono del ronzio

Il suono del ronzio di un moscone nella stanza semi buia mentre fuori è caldo e la gente mangia a tavola e non guida, adesso nel silenzio una fessura di bianco alla parete richiama la calma apparente del giorno nel mezzogiorno. Si mangia e si riposa un pezzo per l'uomo che vuole essere ancora un essere umano e anche sanizzo.

Il solito frastuono dei passeri sotto il tetto che ha una grondaia piena di terra e di pagliuzze ridotte in polvere, qualche corvetto morto nel tentativo di uscire dalle tegole troppo strette ora che è diventato grande e perciò i suoi resti come mummia si aggrovigliano sotto la calce.

Cantano e cinguettano a un ritmo del jazz impuro e contemporaneo, sono la vita che scorre. Ma ho bisogno di dormire una mezzorata, anche se porteranno altra paglia sotto il tetto i miei occhi si richiuderanno al momento che penserò a te con me, a te che sei come uno specchio dell'ideale che si fa reale.

sabato 29 marzo 2014

Wild bunch

Te lo avevo detto che era meglio restare a casa invece che correre con il bianco maremmano sotto la luna della notte fresca e croccante e le distese di spighe verdi inseminate davanti alla distesa di altopiano e di poggi appesi e a campana. La sera prima hai guardato negli occhi come per dire sto portando una bella croce adesso che stanno per scoppiarmi dentro questi dieci esseri con la coda da topo e la pancia dura come fosse di pezza ripiena di segatura.

venerdì 28 marzo 2014

Bobbies

Sono dieci e sono tanti. Cinque bianchi e quattro neri. Si munciono e poi dormono con la testa dentro la pancia di un altro. Piangono insieme e insieme dormono, ammucchiati e catapultati. Saranno figli di tanti padri perché qualcuno è marrone e sembra un bulldog per le striscie di grasso come dei colletti intorno al collo.

I bobbies sono i figli del primo parto della Zorika, Che alla fine di gennaio ha fatto l'amore con i due gemelli bianchi maremmani di Alfio Borzì e con il pelo lungo della mandria di pecore di Alfio La Rosa. Forse per questo potremmo chiamarli anche gli Alphies di Franchetto.

giovedì 20 marzo 2014

Fiori bianchi di fave

La moneta è un credito come la vita che ci aspetta. La moneta promette come le speranze di amore nella vita promettono la felicità. Le merci reali che si scambiano, invece, danno soddisfazione immediata al bisogno connesso. Prendo un pane in cambio del vino. Prendo un broccolo in cambio della frutta. E così via.

Senza la moneta non ci sarebbe la ricchezza connessa con la promessa di riavere indietro i nostri crediti. Ma chi ha tanta moneta e non la spende vive da povero. Chi, invece, non ha soldi e consuma le merci che ha vive da ricco. Tutto questo per dire che ci sono cose che possono avere subito, altre che verranno e altre che non verranno più. Per dire che, forse, mi sento più ricco ora che apprezzo le cose che sembrano quelle di un povero.

Sono seduto sulla cima di una collina tra le piante e i fiori bianchi del favino, un foraggio per gli animali che, se fosse biologico, potrebbe generare un ciclo naturale organico nella catena alimentare. I bovini mangiano i fiori secchi. Io mangio i fiori freschi, anche della pianta della senape che nasce spontanea.

Ne farei in campo intero di fiori gialli se avessi il tempo di farlo. Se non fosse che ora sento una spina nel cuore. Forse qualcuno ha lasciato i denti quando lo ha morsicato. Forse starò ancora in cima alla collina a guardare intorno la valle di Demetra.

Forse un giorno riposerò in questo mare verde sorvolato da bianche farfalle. Ma ora intanto per sempre ringrazio il signore che ha voluto coltivare il campo per me e per i suoi cari. Non ha chiesto in cambio nulla che fosse una merce o una moneta. Ha amato ed è stato felice di veder crescere quanto ha seminato.

sabato 15 marzo 2014

Numeri al lotto

Se giochi un numero e il numero esce non vinci niente. Però non perdi. Ti ridanno la stessa cifra che hai giocato. Se invece giochi tanti numeri allora è diverso. Puoi anche diventare un puntatore compulsivo sulla stessa combinazione girando di tavolo in tavolo fino a notte. O restando per ore al baracchino dell'aeroporto quando perdi l'aereo.

Per alcune notti dopo la sua scomparsa Nino mi è apparso in sogno e diceva di fare qualcosa con dei numeri. Una combinazione per aprire una porta o risolvere una questione. Faceva fatica anche a parlare stando in un letto di ferro per due mesi, da Santa Lucia a Sant'Agata. E i dottori facevano domande del tipo Suo nonno è morto di che cosa? E a che età di preciso?

Nel sogno lui mi faceva rabbia perché sembrava volesse esporre la sua malattia. Ma sapevo che invece era il contrario. Lui soffriva e non diceva niente a nessuno. Non diceva niente neanche quando gioiva di qualcosa  per non disturbare. Così gli avevano insegnato o così lo hanno disegnato.

Infatti quando si è reso conto di dover salutare tutti e di pesare troppo sulle preoccupazioni degli altri ha detto "Se ho fatto qualcosa di sbagliato, scusatemi". Come per dire, Non so se merito le vostre attenzioni anche se nessuno gli aveva chiesto qualcosa. Spontaneamente mi ha detto: "Chiedo scusa se ho sbagliato!" Poi è come passato a un'altra vita anche se sembrava ancora vivo.

Ho giocato il suo numero due volte e ogni volta il numero è stato estratto a sorte. I numeri anzi erano una serie ma ne ricordo solo due. E i due numeri sono sempre usciti, peccato solo su un'altra ruota, quella di Cagliari. Ho giocato e ho perso sempre, ma i numeri erano giusti. Ho solo sbagliato la estrazione o la città dell'estrazione. Non sapevo le regole di un gioco a cui non ho mai giocato.

Il numero era il 33 ma c'era anche il 13, il 31 e poi altri due come fossero l'insieme della combinazione di una cassaforte o semplicemente per aprire lo sportello del bancomat o una valigia o chissà cos'altro si può aprire con cinque numeri o sei numeri. I sogni sono vaghi si sa. Io so solo che cercava di dirmi la combinazione esatta e dalla sua bocca usciva una smorfia di dolore.

Non credo che Nino abbia mai scommesso tranne qualche volta alla festa del paese quando comprava tre polize e le intestava a me, mia sorella e mia madre. Il premio consisteva in un viaggio o in un televisore. Rideva dicendo che sarebbe stato impossibile vincere un qualunque premio e che solo Dio lo sa che cosa accade domani. Possiamo solo accettare la Sua volontà, E come vuole Dio!

mercoledì 12 marzo 2014

14 calzini spaiati

In camera da letto sono stesi fianco a fianco 14 calzini in attesa di trovare il rispettivo destro o sinistro. Ma oggi è stato scoperto un nuovo giacimento di capi (spaiati e non spaiati) durante una casuale ispezione in un armadio da cucina.

Salgono così le probabilità di accoppiamento per i numerosi articoli di abbigliamento che hanno subito un danno logistico dal trattamento congiunto lavatrice-magazziniere della biancheria. Lo stock di calzini spaiati sta crescendo a ritmo vertiginoso nonostante l'aumento del prezzo dei prodotti, sopratutto di marca.

Per mettere un freno al fenomeno calo portafoglio si è deciso di acquistare calzini solo dai negozi cinesi o nelle bancarelle dei marocchini nelle confezioni cinque paia a soli tre euro. In attesa che gli esperti elaborino una corretta procedura lavaggio/stoccaggio/rinvenimento dei capi spaiati che può monitorare, anche tramite chip, la esatta posizione.

lunedì 10 marzo 2014

Don't Do

Se fai qualcosa ti stressi
se non fai niente ti annoi

sabato 22 febbraio 2014

Railways

Una volta mi sono trovato ad aspettarla leggendo un libro al tavolo di un bar con la musica di una radio che trasmetteva You re in my heart and in my soul di Rod Stewart. Mi ero preso il lusso di un viaggio in treno nel paese della ragazza dagli occhi e labbra grandi lungo il fiume ghiacciato e avevo sognato di essere felice con lei.

Per delle ore ho letto i miei libri e i giornali prendendo un caffe' dopo l'altro perche' lei era in ritardo a causa dei genitori o per altri impegni. Non sapevo bene cosa stesse succedendo e forse ero ancora troppo buono per pensare che qualcuno potesse farmi aspettare senza dirmi niente di carino.

Si puo' anche vivere a lungo nelle sale di attesa delle stazioni ferroviarie o nei locali con i distributori di bottiglie di aranciata o di biscotti annessi alle fermate degli autobus regionali. Qualcuno vive anche sulla panchina di una fermata di autobus e qualcun altro anche sotto i portici dei viali.

Prendevo per buono e mi bastava un quarto d'ora di passeggiata o ascoltare con lei una riunione di coscienza politica. Poi tornavo nella mia grande citta' e per alcune sere mi attaccavo alla sua voce al telefono dentro una cabina dai finimenti di plastica dove altri avevano fumato telefonando prima di me.

Ero solo un ragazzo senza cappotto in un paese sconosciuto in mezzo al freddo della Pianura nebbiosa del periodo di Carnevale quando tutti si divertono tranne quelli come me che rispondono al profilo del ragazzo temporaneamente scollegato dalla luce del sole e della ragionevolezza.

Una donna ci vuole. Anche solo per poter dire Ho voglia dei tuoi baci. E per guardarti negli occhi mentre osservi le cose intorno come a cercare un senso a qualcosa che un senso non ce l'ha.

mercoledì 19 febbraio 2014

Domegliara

Siamo in arrivo a. Pausa. Domegliara. Una voce di uomo registrata da baritono chissa dove si trova ora. Troppi annunci dice la pendolare come Joni Mitchell. Vedo un bel cimitero dalle mura bianche di pietra a secco con dello spazio ancora.

Dovrei prenotare il mio loculo sotto la pietra sepolcrale di basolato nero a fianco a zia Stefana detta Stella che non ho mai visto. La prossima volta andro' ancora a salutare Nino sepolto a destra nella cuccetta centrale di destra con l'abito blu e le scarpe nere troppo strette per i suoi piedi gonfi.

Odio gli assilli e la noia. Amo le mani dalle dita con le unghie senza pellicina. Mi prende l'angoscia se ripenso alle scale di un palazzo dove trasloco verso il piccolo nido che non diventa un terrazzo sulla citta'. Un cane un gatto e un mazzo di rose nel vaso sul tavolo della cucina. Termine della corsa dice la voce metallica.

mercoledì 5 febbraio 2014

Nino testa dura

Nino era testardo come un mulo e faceva tardi la sera. Pippa lo aspettava oltre il buio del tramonto. Poi lo crelicava di rimproveri e tutti eravamo felici di essere ancora insieme a cena.

Lui non rispondeva alle critiche se con un gesto della mano come per dire Chiedo scusa se ho sbagliato.

Pippa diceva che Nino era un Santo Cristiano nel senso di un uomo buono ma incosciente dei pericoli della strada di notte. Lui andava alla terra e poi alla casa. Seminava il grano e aspettava di vederlo mietere.

Nella casa piena di un milione di chicchi di frumento Nino usava il setaccio per ripulirlo dalle impurita'. Si prendeva poi una maidda e si univa la farina a una ciotola di acqua tiepida. Insieme marito e moglie impastavano due ore per il pane nuovo.

Dal forno uscivano 15 vastelle e 4 collure. Pippa allora faceva un dolce di ricotta e un cestino di biscotti lunghi come una treccia di bambina. Il pane caldo veniva aperto in due e passato di un filo di olio. Il pane duro diventava pane cotto.

giovedì 30 gennaio 2014

What Gonna Do

Dimmi Signore cosa devo fare. Quando l'acqua si gira in nero. Quando gli occhi guardano nel vuoto. E la corrente sale verso di te. Quando il dolore si tinge di pianto. Dimmi cosa devo fare quando resto solo contro il mondo. E lo faro.

lunedì 27 gennaio 2014

Pete Seeger is Gone

Era il prete predicatore comunista. Intonava i sermoni e guidava il gregge. Aveva tagliato i cavi elettrici dei gruppi eretici del blues a Newport nel 1965. Ora Pete Seeger riposa in pace.

Bob Dylan era invece il traditore della causa. Prima indossava la camicia di tela attorno ai ragazzi delle piantagioni cantando Only a Pawn in their Game. Ora il folk singer degli outcast veste come un dandy wharol la stratocaster.

Pete allora prende un'ascia e grida di smettere il frastuono nella sua chiesa. Basso elettrico e batteria con la chitarra di Mike Bloomfield. Wake up in the morning I got a head full of ideas that drives me insane.

Cosi finisce l'alleanza tra il prete e il figliol prodigo. Avevano anche cantato insieme una canzone fatta apposta. Playboys and playgirls sulla scia di Shall Overcome. Una specie di coro insieme del tipo ora vi dico cosa cantare la prossima strofa.

Pete e Joan Baez, This land is your land o Where they All the Flowers gone. Un'idea di come essere insieme a cantare e pregare. Sento le voci degli altri nello stomaco e le sacre scritture. Una redenzione e una comunione per il bene di tutti.

sabato 25 gennaio 2014

Canne robuste

Un aereo viene dal mare a planare sulla città, l'uomo sente il dolore delle piaghe sulla schiena e agita il suo petto. Alla sua destra giace un fratello della chiesa pentecostale con una macchia di sangue nella testa. Alla sua sinistra giace il ladrone di bestiame per la Sardegna e di benzina caricata in Grecia. Un uomo calvo senza barba e con gli occhiali si avvicina al ladrone barbuto e ispido come un istrice e porta i pesci in insalata da mangiare.

La donna del pentecostale veglia di notte ai bordi del letto e il figlio porta ogni giorno qualcosa per il padre. Il fratello del ladrone consegna le sigarette e poi fumano insieme con i gomiti sul balcone. Quando i medici arrivano e chiedono del signor Biondo si risponde che ha preso la strada di casa e che tornerà dopo il caffè. Pippo il ladrone vuole mettere firma, rifiuta l'operazione alla vena dell'aorta.

Suona la campana nella distesa, si è fatto mezzogiorno. Il vento ha smesso di soffiare e i cani di latrare. Le nuvole sono ferme nel cielo di oggi. Le canne grosse servono a segnare il punto nella terra dove un filo di lenza sarà steso da albero ad albero di ulivo. Quando vuole Dio ci metteremo mano e scaveremo la fossa.

Appena il tempo lo permette faremo delle nuove piante di alberi. Pazienza se qualcuno ne ruberà per sè anche con il recinto tutto intorno, come hanno fatto da Nino il panettiere. Avevo comprato la sua terra per un dollaro al metro ma poi le carte erano false e non se ne fece niente.

Toglierò il coltello dalla sua custodia e prenderò le canne migliori come ha detto Alfio di Cinquegrane. Segnerò la terra a sesto attorno alla casa del padre. Che un giorno disse all'ingegnere una sola cosa. "Lasci nel muro il posto per un lume alla Madonna, per favore".

giovedì 16 gennaio 2014

Levati

La mattina mi sveglio in un posto al sole dove crescono dei fili verdi da un chicco di frumento e sono alti più di una mano stesa. Nino sta ancora in ospedale, ormai è un mese. Domenica notte ho detto un'Ave maria alla Madonna. Il figlio di un signore in coma, la barella accanto, mi ha consolato. Mio padre stava per andarsene, ora è in condizioni che loro dicono stazionario, ma ogni giorno si spegne un chip. Oppure entra in una crisi.

Vista l'emergenza è arrivata mia sorella, dobbiamo decidere se portarlo a casa, ammesso che resista ancora questi giorni, oppure se in una clinica. E se sì, in quale clinica. Si parla Rsa o di private. I burocrati della Sanità sono più dei medici e ospedalieri. sono i garantiti di uno Stato senza cure che lascia tutto nell'incuria.

Invece a casa avrebbe diritto all'assistenza domiciliare integrata che sarebbe la Dia. Mi piacerebbe di più, però, si dice che poi non vengono affatto a curarlo. Tutto funziona sulla carta mentre la gente più debole soccombe. 

Il vicino di letto non mangia da settimane. Sarebbe in preda a un ictus ma di fatto apre gli occhi e osserva la gente intorno. Ha l'aria di uno che ha capito qualcosa tipo, meglio starsene in ospedale che sentire le lastime di mia moglie, l'evangelista pentecostale con il pastore al seguito obesa di quel tanto e un pò barbuta. Questo Franco è diabetico, come un drogato giace a pancia in sù aspettando di riaddormentarsi. Busy dying.

Specchio e cornice

Nella piazza della grande chiesa con le colonne giganti spezzate i venditori di povere cose hanno finito il loro giorno di fortuna. Una domenica il sole torna caldo come di primavera. Sopra un muro vicino al faro del porto, al bowling, hanno scritto un cartello a caratteri di stampa, Causa crisi mondiale vendo tutto e chiudo.

Un ubriaco vende tegamini di terraccotta, una coppia carica sul carrettino lampade di ferro battuto, su un altro tavolo qualsiasi cosa, ovunque, qualunque cosa vale una moneta. Il nuovo bar modello continentale non rende, i tavoli sono vuoti e la gente beve in piedi per risparmiare il costo del servizio. Ma il servizio sarebbe gratis e nessuno lo sa.

Corro con Zorika verso la corsia di un'ospedale, inciampo sui gradini della strada con il guinzaglio tra le gambe. - Quanto vuole per questa? - Se la porta per 10 euro.  - E questa? La lascio qui, se la vuole aspetto 10 minuti, torna con la macchina e se la prende.  In una mano tengo il mio cane e nell'altra la cornice di uno specchio con lo specchio di una camera da letto.

sabato 11 gennaio 2014

Cuccìa

Le cose andavano di bene in meglio. Una domenica di estate non avevo che fare.  Presi un depliant che diceva di una sagra. Aveva delle spighe fatte a mazzo di gladioli. Dopo la calura nel pomeriggio si affacciarono le signorine vestite a carnevale, una sfilata in costume con gli stessi colori giallo e rosso che sembrava Siviglia. Invece era a Raddusa che tradotto vuol dire la profonda campagna della miseria con assessori che parlano di progresso, un cittadina piana di raddo, lo sporco delle mandrie.

Chiesi di un guinzaglio per il mio cane. Tante volte la signora si spagna. Mi consegnarono un piatto di grano e ceci. Sapeva di cose buone fatte a mano. Era una specie di manna inventata dai greci, i civilizzatori dei pastori di pecore.

Devi lasciare per tre giorni i cicchi nell'acqua. Cosi rimollano e diventano tondi. Ci aggiungi i ciciri e cuoci per la sera. Oggi perciò ci volli provare. Avevo i fagioli e ho aggiunto spinaci, l'altra versione con sanapi mi parse amara. Per terminare la Cuccìa formaggio primo sale grattato e olio d'oliva.

Si può vivere di grano, verdure e cereali secchi. Ci vuole anche un posto per sentire il sole e il vento pungere le ossa e le ginocchia. Il sorriso di una bambina che diventa donna, una madre china sui fiocchi di seta attorno ai fianchi e il cappello di paglia per conservare l'ombra sugli occhi grandi che guardano il nuovo mondo.

mercoledì 8 gennaio 2014

Agenda del vino

Dovrei potare la vigna e dedicarmi al vino, ora che il frumento è germogliato alla piana e sta spingendo fino quasi a un palmo. Si fece ora di concimare le viti ad alberello e decidere qualcosa sull'aratura delle erbe e dei cavolicelli. Se lasciare il profumo dei fiori bianchi radenti il suolo o se togliere i gialli della verdura. Non si deve dire che il terreno è abbandonato come ho sentito.

Il vino di quest'anno, anzi, pare bello. Se ne fecero più di mille kg e riempite due botti e, sparte, cinque casse, le abbiamo scordate sul terreno a metà ottobre, quando ormai era tardi e intanto stavo appresso a Nino ricoverato. Il mosto fermentava piano e mi sono rivolto a Santa Venerina, come disse compare Concetto, il paese dell'agricoltore moderno e dove friggono arancini anche nei panifici tanto che vedi la farina sulla faccia di chi prende i soldi alla cassa. Era Santa Lucia, ormai, e dissero che al vino non dovevo farci niente. Solo travasarlo o imbottigliarlo quando è ora. Ma quando è ora?

Ci vuole anche un nome e un'etichetta. Pensavo a Nerello di Tre Finestre, vino doc dell'Etna. O qualcosa del genere. L'alchimista pure ci vorrebbe, i locali adatti e tante altre carte da sbrogliare. C'è un ristorante di campagna che lo vuole e ora anche un altro, un certo Malerba di Giumarra. Ieri di giorno con il sole alto sono andato a incontrarlo. Mi fece l'impressione di averlo visto solo perchè era tale e quale come era zio Santo. Non gli potevi dire niente che si offendeva a morte di qualsiasi cosa. - Lo vuole il caffè? E' stato un piacere. - Anche per me.

Il vino di quest'anno assomiglia al colore del melograno, ai capelli al vento sulla schiena di una ragazza che profuma alla sera di iris sbocciati. Perciò forse dovrei chiamarlo Aranàto, una botte almeno. Perchè la seconda, quella di destra, si fece al solito più scuro. Se potesse restare com'è sarebbe come fermare un film che passa. Come le scene dei treni di Wim Wenders. Ci sta bene su qualsiasi cosa, anche sul pesce e il cioccolato. Si sente che è un poco amarostico, meglio ancora quando è fresco e frizza.

Il sapore di quest'anno assomiglia all'odore dei fiori bianchi sparsi che ho lasciato crescere per terra come i fiori delle ferrovie svizzere, nei gelsi o nei loti alla vaniglia e le nespole, forse anche nei pini marittimi di Malafigura e della villetta delle fiabe del vicino di fronte. L'odore di questo vino è quello dell'anno che è passato senza il suo artefice che ora giace in un letto di ospedale. Dovrei zappare la vigna a uno a uno, dovrei farlo come lui.

lunedì 6 gennaio 2014

Concettina di Santo

Dopo la malattia, in due anni, si era ridotta a una specie di preula, come un pergolato che fa solo ombra davanti casa. Medici, infermieri e badanti non ci bastarono più. E perciò Zia Concettina, la seconda Concettina della classe di famiglia, - quella dello zio Santo, la mamma di Lucia e del cugino Pietro e di Melina, - ora, non c'è più. 

E' morta all'improvviso, l'altro giorno, dopo che alla visita di Natale pareva discreta. E la casa paterna, quella del nonno Pietro e di nonna Lucia, la abiteranno per lo più i nipoti che ormai sono grandi, qualcuno dei quattro figli delle due sorelle e cioè Enzo, Maria e Cetti, la più pulita di tutte. Poi c'è anche la piccola, ma come si chiama?

Si entrava nel cortile con tanti vasi allineati di fiori e piante nel lato riparato, poi una porta sempre aperta nel locale del forno a legna con vecchio canterano. -Trasi intra, ma niputi! Chiudeva gli occhi a pampinella ricordava e ripeteva per ripasso le date dei compleanni di ogni parente devoto che per un motivo o l'altro, anche se impegnati, passavano a salutarla. Poi con un dito sulle labbra diceva a proposito dei litigi che a tutti i costi aveva evitato - Non ci dire niente allo zio!

Era camurriosa, un tipo parla-parla che non ti lasciava di corto. Ci potevi salutare tante volte ma lei insisteva. - Assettiti un attimo, ancora non ti ho offerto niente. - Zia, ma questa rasta che fiore è? Il petalo a forma di cuore aveva una cornice di altro colore, prima rossa e poi viola, e la forma della foglia pareva fatta a seghetto. Nel pomeriggio, quando andavo, era l'ora di dare l'acqua con la cordina. - Aiutami Turiddu, poi ti leggi i giornali di Sorrisi e canzoni.

Pareva che si fosse abbonata, ma in realtà li comprava lo zio uscendo dai cacciatori, da quando nel 64 avevano comprato la televisione. Zia Concettina dava luce alla tv, nel salotto al buio, anche solo per me. Nel pomeriggio d'inverno i fumetti di Paperino e nelle sere d'estate gli uomini a cavallo con il fazzoletto bianco senza un goccio di sudore. E i film di guerra con i tedeschi e i sottotitoli mentre cugino Mario che era stato a Pavia citava l'episodio della cadrega.

Lucia quando era cresciuta ritagliava le canzoni di Sanremo, lo consultavo per vedere a che ora mandavano in onda Battisti e De Gregori alla radio. Certe volte il settimanale dei programmi tv pubblicava anche i testi dei Beatles e di album recenti come Street Legal e Changing of the guards, la canzone più oscura di Bob. Parlava di un pastore e di pecore in un campo con bandiere che sventolano da 16 anni. E di certuni che rasano la testa alla regina.

- Turiddu, u sai, tu si come un figghio! Ti visti nasciri e tua mamma era sempre qua, perciò non me lo posso scordare. Concettina stava male e non l'ho vista morire. Neanche al cimitero hanno aperto la bara. Concettina aveva gli occhi blu e aveva sofferto per il padre morto ammazzato dai debitori e per la sorella Enna morta giovane ancora prima dei trent'anni. Tutti i nipoti erano come dei figli e i suoi occhi blu  ridevano, mentre il rosso delle guance diventava come un filamento di rame acceso all'improvviso nella fredda mattina di un giorno di gennaio. - C'è freddo oggi e tira un vento! Mi piace questo vento freddo, ci vuole il freddo. Eccome!

domenica 5 gennaio 2014

La notte (seguito)

- Egli percorse tutta la via dell'Epifania; infine la strada scendeva, i suoi piedi camminavano nel fango, e all'improvviso gli si aprì dinanzi un vasto spazio nebbioso che sembrava vuoto: il fiume.

La mattina ho aperto a caso il libro del famoso autore russo Fiodor con citazione di Puskin in apertura, al capitolo secondo, l'inizio del verso del seguito della notte. Le coincidenze arrivano quando te le aspetti e sembrava che il protagonista fosse qualcuno che conoscevo.

Anche il libro di Marcel ha almeno 30 anni, invece I Demoni costava 2.800 lire. E così ho letto anche dei Guermantes finalmente e della domestica Francoise. Qualcuno mi aveva detto che i russi sono i maestri della narrativa come i francesi e i tedeschi, non potevo comprarli tutti e li rubavo nei supermercati. Alcuni come i russi sembravano moderni e rivoluzionari più di ora. Altri non erano fuori moda e neanche pubblicati perché gli editori di sinistra non li avrebbero venduti o li odiavano a morte.

Forse l'investimento è stato disastroso, 2.800 lire del 1972, una fortuna per un ragazzo uscito di casa per andare in città a guardare la vetrine. Avevo in testa Shelter from the Storm da Blood on the Tracks, sopratutto quando attacca la chitarra e il basso. L'autobus del pomeriggio scendeva verso le luci dei negozi e dei cinema d'essai. Poi guardavo un piccolo schermo per vedere su delle tavole rialzate Family Life di Ken Loach o Pat Garret e Billy the Kid di Sam Peckinpah.

Non so perchè mi sono piaciute le strade sporche. Pensavo di trovarci delle cose preziose a poco prezzo. 30 film per 3.000 lire non era male, peccato che il video ballava e l'audio craccava. Ma mi sono fatto un'idea di quel mondo fuori e tanto mi bastava, anzi ne uscivo ubriaco e con lo stomaco sottosopra.

Dostoevskij era un mattone tremendo, non lo volle leggere neanche nessuno. Nemmeno Orazio Trovato, il mio mediano metodista del gioco del pallone. Poi, però, comunque, ho prenotato 800 mila lire di libri scegliendoli da una guida dei migliori da tenere in biblioteca. Alcuni sono in uno scaffale graffiato da un gatto, altri li porto sempre con me da una casa all'altra come fossero le foto di una fidanzata lontana cucita nella giacca del cappotto.

I progetti e le idee restano, anche se nessuno come me li realizzerà mai. Le cose profonde vivono dentro e germogliano al tempo o si congelano prima di appassire. Volevo leggere questa roba per avere una conferma di qualcosa che sentivo avere dentro. Ora mi ricordo. Ora che non serve più molto ricordarselo se non per capire meglio le gesta di Stavogrin.

- Avanzò per molto tempo lungo le stecconate, senza allontanarsi dalla riva, ma trovando con sicurezza la propria strada, e anzi senza pensarci molto... un vagabondo camminava al suo fianco.

giovedì 2 gennaio 2014

Dont ask me

Sono sceso dal mio treno. Ora nessuno mi deve dire cosa devo fare. Nessuno che mi chiama. Non devo rispondere a chi pensa di aver comprato il mio tempo. Avrei niente da fare per gli altri. Sono occupato a vivere per me ora che di tempo ne rimane.