venerdì 29 ottobre 2010

Long & windin' road

Siamo andati fino a Rozzano dopo un gigantesco commerciale a risentire lo stesso concerto di sempre io e Andrea. Lui chiama Gigi Cifarelli, è milanista, imita Totò di Malafemmina e corre in bicicletta.
Stasera Gigi non voleva suonare Jimy Hendrix, ha detto che i vicini non avrebbero gradito. Meglio le ballate tipo Sophisticated Lady di Duke Ellington o cose del genere. Il chitarrista è un uomo nudo che suona su un palco, deve fare le battute e stasera non vuole suonare la Stratocaster che lui chiama Castrocarter.
Ma stavolta ho chiesto un bis al chitarrista jazz, questa è la novità, e me lo ha concesso. La canzone dice qualcosa a proposito di una strada lunga e ventosa. Forse la voce di Paul Mc Cartney si addice all'aria di abbandono e della sera. Come questa sera si addice alla voce e ai vocalizzi del chitarrista jazz appena sposato che canta alla Cascina Grande davanti ai suoi amici.
Don't leave me waiting here,
lead me to your door
E' stato l'ultimo singolo dei Beatles prima dello scioglimento. Scrivendo The Long and Winding Road Paul pensava alla "B842, a thirty-one mile (50 km) winding road in Scotland".  La radio suonava i toni medi del piano e della chitarra già nel 1971. Non ci avevano ancora insegnato le parole ma il senso della melodia era chiaro e camminavo uscendo di casa verso il vento di tramontana. Stasera non ho sentito il vento di tramontana, solo degli occhi scuri andare via da quella porta. Dietro i piattini di plastica per le tartine e i cetrioli all'aceto.

mercoledì 27 ottobre 2010

Ricetta al tartufo

Apro il frigo e guardo dentro il frigo. Poi sturo il lavabo dei resti del the verde argentino che ha portato la zia Gaby di marca Monterosa. Dentro il frigo c'è la burrata, un vasetto di tartufo dello scorso Natale, il resto del melone giallo con al centro pochi semi e il formaggio stagionato. 

A questo punto è tutto più facile. In un piatto cavo convesso anche bianco o spunticato taglio a pezzetti il pane. L'idea è che il piatto va mangiato con il cucchiaio per due motivi. I denti possono essere affaticati dal birthday party del sabato e comunque è sempre piu comodo usare una mano anzichè due. Mangio e guardo e sfoglio oppure mangio, sfoglio e navigo nell'etere. 

Alla base del pane a pezzi si aggiunge a pezzi anche la burrata che è una mozzarella con al centro una crema. Poi a cascata la crema di tartufo, che è marrone ma non bisogna pensarci, olio extravergine di oliva, del peperoncino sparso, del basilico fresco e il melone giallo a pezzetti. Riminare e mangiare senza guardare. Ah dimenticavo la cipolla rossa di default.


venerdì 22 ottobre 2010

Surgelati al sole

A Milano nella mattina la luce radente del sole casca nello stesso senso della strada a S. Ambrogio. Gli occhi, perciò, non vedono niente al di fuori del marciapiede di pietra delle Prealpi. Si cammina verso il sole e non si vede nulla se il sole è limpido. Ma oggi non lo era. Il sole di oggi è bianco come la luna piena di ieri sera. La differenza è che il bianco del sole di oggi è mischiato con il bianco del cielo. Mentre la luna di stanotte era una specie di palla di perla nel blu.

Quello che si vede sono i surgelati esposti in vetrine pulite a cura dei francesi della Picard. La monoporzione di spaghetti alla mozzarella si scalda al microonde in 4 minuti dice la confezione. Il negozio non è un negozio. E' un supermarket dove la mattina tutti i frigo sono pieni di scatole. Le commesse sembrano infermiere vestite di bianco. Le pareti sono vuote e beige. Tutto è beige e francese. Tutto è freddo, più freddo di fuori. Ma tutte le scatole sono rosse e la commessa è bene in carne. Come se ti volessero dire che anche lei si nutre delle scatole rosse. Insalata  di mare esotica la porti via per 4,40 euro a solo 9,76 euro al chilo. Inoltre l'unico conservante, dice il depliant, è il ghiaccio. Perciò fatti questo conto! La commessa in realtà è un'odalisca che la sera fa la danza del ventre.

martedì 5 ottobre 2010

Tornavento di Malpensa

Ho inciampato su un lato dell'autostrada verso il cielo, la pista di decollo con i suoi hub e gli assistenti di volo con la guaina del salvagente. Eravamo verso la Malpensa aeroporto nella frazione di una frazione di un comune dal nome comune della zona fatta di Olona e di Olgiate. Erano le 11 di mattina e nel tavolo a fianco servivano colazioni a base di formaggio, salami di colore rosso acceso e vino rosso.

Prima ci siamo persi tra le rotonde anti traffico ma poi l'ho convinta a fermarsi e fare due passi verso una piazza davanti alle cattedrali bianche del Nord. Con la sua bocca da cowboy ha detto: "Ti porto in un posto dove non sono mai stata". Sull'altipiano di Tornavento eravamo, dove si apre il teatro dell'ultima pianura della grande Padania. Che è un grande stato ultra piatto circondato dalle Alpi e Appennini oltre i quali bivaccano gli altri italiani, mantenuti dalle tasse prelevate ai lavoratori della Terronia e della Arabia giunti fin qui.

Lei resta con il cappello in testa e il suo naso da cherokee mentre beve il cappuccino e racconta qualcosa. Come dei suoi affari andati a male giù a Djerba, Tunisia e di suo padre rinchiuso nella villa. Gli ha fatto credere di essere pazza per farsi dare un pò di soldi perchè non lavora più e ora ha anche perso la sua amica del cuore. Una tipa che si è fatta improvvisamente grassa, ha abbandonato i figli e fa l'amore con chiunque capita a tiro.

Le foreste e le montagne di Tornavento sono una quinta di teatro. Come i paesaggi del Tintoretto o come le cose dipinte al teatro alla Scala di Milano per un'opera di Vincenzo Bellini. Ma ormai sono le 12 e 30 devo tornare verso il check in dove mi stanno aspettando. E lei mi riporta indietro fumando le sue sigarette sotto il naso e la bocca stretta. Le resta da passare un sabato ancora intero e più tardi nella noia del pomeriggio mi manda un messaggio: "Tesoro sei arrivato?" "Sono arrivato grazie. Qui l'aria è secca e il vento va verso il mare stavolta."