venerdì 21 dicembre 2012

Meta fisica

Un prato verde di vizza appena un palmo, lei corre anche a quattro zampe di mattina. Sole e muso nero con occhi assorti mi prendono sulle cosce. Stavo leggendo di T. S. Eliot e Mario Praz a proposito del Dedalus e della flaubertiana o su quanto assente resta il narratore negli scritti della contemporaneità.

Ho finito per far male per la mia tendenza a rimanere o non rimanere fermo e dritto sulla schiena se il vento spinge forte. Ho fatto bene ad aspettare tutto questo tempo? Lei poteva cambiare o ero io a dover cambiare qualcosa. Quanti anni ho passato a vederla dormire come un angelo asciugato dallo scroscio delle fontane romane del Bernini? Quanti anni ho passato senza vedere quello che vedono i fili di erba che nascono ogni anno su questa collina? Ma finalmente le cose cambiano.

Le pietre sono diventate ancora gialle per via di tutte le foglie secche. Sto aspettando che architetti e consulenti si riuniscano per pontificare sulle vie di scolo delle correnti di acqua piovana. Devo evitare che le mura si inzuppino e poi anche i pavimenti. Nino ha visto le sue terre e chiede se basta un dito di acqua per far nascere ancora le spighe. Ma è caduto ancora e il suo sangue perde le cellule.

Adesso Zorika dorme nel sedile del guidatore-navigatore. Poggiava la testa sulla mia mano e il cambio quando guidavo verso le sei. Sono ad aspettare che i medici diano il verdetto per una piccola botta al femore di un ottantenne. Il neon rotto frigge nella saletta di un'ospedale rinnovato per gli ortopedici.

La mia nuova corsa vola verso la montagna di neve quando la sera si fa rosa, mi aspetto di trovare una ragazza ancora sveglia stanotte. Dormiremo insieme contro la schiena e davanti il petto, non troveremo altro posto migliore per il nostro cuore.