giovedì 28 gennaio 2010

Dentro la betoniera

Strada di ponente. Non mi piaceva giocare da solo perchè ero da solo in casa. Così il mio teatro era la strada davanti. Passava Giannitto in bici ed era così magro che si vedevano le ossa. La sua bici era come la mia, i suoi occhi avevano sempre un contorno rosso e qualche pezzetto di muco giallo.
Si andava per i prati nei sentieri in mezzo all'erba. Ma nei quartieri vicini c'era un'altra banda di ragazzini e dovevamo stare attenti. Ci sbarravano la strada in tre o quattro e cominciavano a prendere le ruote a pedate finchè non si faceva la lotta o si scappava. Il capo si chiamava Santo ma era il più cattivo di tutti. Pasqualino invece era grasso e non mi faceva paura.

Giannitto mi veniva a cercare sempre, la sua strada era meglio della mia per sparare con le pistole a caps. Una volta d'estate si giocava a nascondino e siamo finiti dentro una betoniera. Vincevo sempre a qualsiasi gioco si giocasse. Il cugino di Gianni si chiamava Turi e portava sempre il fazzoletto bianco piegato in tasca, anche quando si giocava a pallone nel campo grande di terra battuta.
Le partite a pallone cominciavano nel pomeriggio alle tre e finivano dopo il tramonto. Il signor Chisari, impiegato all'anagrafe, non passava più con la sua 600 smeraldina da raffinato, perchè diceva che il nugolo di ragazzi dietro al pallone era come la linea Maginot, il confine tra il quartiere S.Antonio e tutto il resto. Tiravo dei palloni ad effetto per centrare l'angolo all'incrocio dei pali. Qualche volta i vetri della signora Angelina sono andati in frantumi. Così mia madre nascondeva il pallone con la complicità delle sorelle Anna e Pippa che tessevano coperte di Cantù. Prima o poi il pallone lo ritrovavo sempre o in soffitta, il tetto morto, o in giro dentro un qualche cestone di vimini.

martedì 19 gennaio 2010

Madeleine alla mandorla

Piazza Dante. Nino Signorello è il fondatore della sua pasticceria. "Ce l'hai i biscotti coi fichisecchi?" gli ho detto. "No, dopo la Befana non li faccio più. Non c'è nuddu ca mi ddumanna."

Nino era con me alle elementari, ripetente e un poco storto. Non studiava ma in compenso usava il banco di scuola per suonare la batteria con le sue lunghe bacchette nell'ora di ginnastica o per la ricreazione. Lui ha aperto il suo locale nel '73 vicino alla palma della chiesa del Purgatorio. Io invece ho aperto un circolo culturale a fianco, l'Arcus Club, con manifesti di Lou Reed alle pareti e un presidente falegname che la sera parlava di spazi nuovi dove andare a "spaziare".

Adesso non si chiama più Buco bar ma porta il nome di Nino sulla carta velina con dei raggi di luce psichedelici oltre quel buco. Invece il mio circolo culturale ha chiuso quando sono andato a Roma e, al suo posto, prima una gioielleria e poi un'agenzia per il disbrigo pratiche auto.

Nino suonava in un gruppo beat e l'ho sentito una sera prima dello spettacolo di un circo di clown con la tenda e le corde come liane verso la gente. I clown battevano il martello sulla testa e cadevano per terra come molle. Giannitto Piana rideva con me. Forse il gruppo spinto dalla batteria progressiva di Nino fece A Whiter shade of Pale dei Procol Harum, quella copiata da Bach. Il gruppo si chiamava Enigma e ancora suona senza di lui. Anch'io porto sempre lo stesso nome e ancora giro, ma senza il mio amico Gianni.