lunedì 28 febbraio 2011

Tempo di Rund Funk

Verso notte salta dal tavolo da pranzo alla piattaia. Vola per un metro e mezzo, nel silenzio degli astanti come un trapezista, e si aggrappa al cornicione di legno. Il tuffo alla rovescia termina dove il mobile coloniale indiano del secolo XX disegna un adorno a foglia. Qualche volta fa uno scatto ancora, più leggero perché si è aggrappato solo con le zampe anteriori.

Il gatto Rundfunk dorme sul trespolo africano a forma di sgabello oppure sul mobiletto rosso di Kartell e sembra lesso. Qualche secondo prima dell'impresa ordinaria, adocchia lo spigolo del mobile, lo annusa ed esegue una prova. Poi si guarda intorno con distacco da aristocratico ed esplode le zampe posteriori per il balzo verso l'alto.

Rundfunk deve il suo nome al rombo continuo delle fusa ma anche al russare scomposto di chi viene svegliato nel sogno. Di più, però, è così detto per ricordare un'ospite casuale tedesca, amica di un'ospite fisso italiano. Lei aveva un nome neanche difficile da ricordare, forse Beata. Ma quando Giorgio mi chiese che fine aveva fatto l'amica del Pazzo, il nostro amico internazionale, io gli dissi: "Ma chi Rundfunk?" Lui dice: "Cosa?"  Io dico: "Si, quella tipa magra e bianca così diversa dalla prima fidanzata. Come la chiami tu?"

La radio notturna parlava in lingue a rotazione per dire agli stranieri, questa è la radio italiana ecco le nostre informazioni. Dopo francese e inglese una voce di donna profonda e rotonda chiudeva l'annuncio pronunciando tra le altre la parola rundfunk che vuol dire semplicemente radio e partiva l'inno nazionale. A furia di sentire l'annuncio tutto ciò che è tedesco era diventato rundfunk.

Questo Rundfunk guarda il tetto, passeggia tra la piccola scacchiera modello incas abbandonata e annusa. Alla pianola, intanto, si pestano i tasti a caso sul tempo di Rock Funk. Lui arriva sull'Enciclopedia Einaudi si allunga e, sdraiato, chiude gli occhi. Non è una tigre nella savana sdraiata sul ramo secco. E' un gatto maschio, incrociato tra un soriano e un'etiope, dai piedi piatti e pelosi sotto le unghie. Quando ha finito di controllare i libri lascia un pezzo di coda e una zampa a penzolare. Reclina la testa e dorme sui baffi da un lato.

venerdì 25 febbraio 2011

Sms ricevuti

NM: - Oggi ho pochissima voglia di lavorare. Ti va un cake pom alla californiana?
GR: - Gentile dottore, sono il geometra, ho parlato con l'avvocato. Mi dia risposta in merito.
NM: - Peccato. Mangerò la tarte tatin da sola, molti baci
SL: - Ho smesso adesso di lavorare. Tu dove sei?
SL: - Sono a casa
GM: - Mi dovresti ridare le piastrelle
CDI: - Il centro diagnostico desidera comunicarle l'apertura della sede L.Augusto in c.so di Porta Vittoria 5
GM: - E anche l'esito dell'esame ...
OL: - Ma dove quella via? E a che giorno, a che ora?
BG: - La torta te la mando avvolta in un fazzoletto già provvisto di nodo, quanto almeno non ti scordi me
KN: - sto per cambiare casa - un ex fienile del Dartmoor. E 'molto tranquillo e bene lì, spero, per la musa. Sarò in grado di cantare e suonare musica senza doversi preoccupare di chiunque altro

giovedì 24 febbraio 2011

Bianca di pizzo

Sono sceso nella catacomba della metropolitana. Di sera gli schermi delle tv parlano di morti sulle spiagge della Libia. Un vento gelato ha spazzato le strade dalla foschia e ci accompagna nelle scale mobili, forse sarebbe stato meglio camminare. Uomini e donne nella stessa misura aspettano i vagoni verso la Centrale. Non fanno ancora la rivoluzione, tornano a casa e guardano il cellulare per un messaggio.

Sono genti di tutte le marche e capigliature, fanno qualcosa di giorno ma il giorno è passato. E hanno ancora alcune miglia davanti. Stasera, però, sembrano una mandria dello stesso gregge. Perché vestono di scuro e portano jeans e borsetta. E perché le luci verdi dei neon li passano nel tritacarne della confusione, tra i rumori di fondo e nelle code alle macchinette o agli ingressi delle porte scorrevoli. Quelle che a fine corsa fanno bum!

Nel centro delle città come Milano o New York le formiche sono i manovali degli uffici. Sono i trentenni e quarantenni che puliscono, trasportano, scrivono, guardano e controllano le portinerie. Alla sera tornano in periferia a dormire nel bilocale, il sabato spediscono i soldi da qualche parte. Ma ora che sono le otto e mezza, sono in piedi dalle sei di mattina, non hanno voglia di parlare e farebbero a meno di vederla la bianca cinese, una ragazza che cammina e barcolla sui tacchi con le gambe storte della rachitide.

Tra il nero e il grigio la bambina orientale si muove senza giaccone; una specie di medusa luminosa nel profondo dell'oceano o come una lucciola nella radura del bosco. E' una bambola vestita di bianco, con le labbra bianche a forma di cuore e guarda fissa davanti. La borsetta scende verso i tacchi alti degli stivaletti di velluto nero. Il volto è coperto dai capelli lisci sulle spalle, ha una maglia di tulle e di pizzo e le calze sono come la calce. Il confetto è avvolto nelle sua gonna di balze e corre fuori verso le luci.

mercoledì 23 febbraio 2011

Dialogo su palla prigioniera

- Com'è andata ieri sera?
- Normale. Seratina tranquilla dai miei. Pesce e torta sette veli. Combatto ancora con il gonfiore l'orticaria o quel che è e un po' di febbre dopo avere ingaggiato singolar tenzone con mia madre. Mi voleva affibbiare la torta. Oggi è venuta a casa mia perché non stavo bene (ora meglio) e mi ha portato la torta, il che è gravissimo perché in questo modo mi sento il cervello grasso. Tu che hai fatto?
- Io ieri sera? ho visto la partita Lione-Real Madrid. Emozionante.
- Stavo approfittando dello stato statico di stamattina per vedere com'è fatta la palestra sotto casa su internet, c'è il rischio che pensi di iscrivermi.
- Bene, il movimento ti farà bene.
- Mi piacciono le bici in acqua, stanotte ho sognato di vagare per strade di campagna con i pattini, a un certo punto finivo al commissariato in cerca di mia sorella, però poi cascavo anche in mezzo a delle piante spinose, chissà che vuol dire... Tu sai pattinare? sciare... queste cose che ti metti una cosa sotto i piedi e vai.
- No, purtroppo no, però posso andare in carriolo con ruote a pallini.
- Oltre al calcio e a zappare, che altro ti piace fare a te? parapendio, equitazione, snowboard acquatico...
- Calcio balilla, biliardo, palla prigioniera.
- Calcio balilla, non è sempre calcio? Biliardo bellino. Danno qualche problema le palle e le stecche... Una volta sono stata appesa a un paracadute in coda a un motoscafo. L'hai mai fatto tu?
- No.
- Potrebbe essere tempo... Ci sono posti molto suggestivi in cui la vista dall'alto, in movimento trainato, dà delle belle vertigini affascinanti.

lunedì 21 febbraio 2011

Mela bianca

Devi mangiare una mela, disse. La mattina prendi i fiocchi di avena nel latte, in poco latte caldo o tiepido. Poi durante il giorno altre due o tre mele, anche la sera o nel pomeriggio. Qualche mandarino, anche, ti farà bene. Lascia perdere la carne o il vino e le cose salate. Prendi tante verdure per favore, ascoltami.

Portava un giaccone scuro e dei jeans uscita dal condominio della zona sud. La sua pelle era bianca dalle guance del viso fino al collo e al golfino scuro; profumava di fiori bianchi, di cotogne o petali del genere orchidee. Alta più di tante ragazze della Padania camminava a ondate sulle gambe e ogni tanto mi stringeva verso il muro; la testa reclinata fino al sorriso a forma di cuore rosso, acceso come la cera rossa delle mele rosse delle favole.

Si sdraiava sul letto come seduta di profilo e aspettava che le togliessi il reggiseno slacciandolo di dietro. Una volta vicini e abbracciati apriva la bocca spalancandola senza muovere la lingua. Per qualche minuto era come paralizzata, gli occhi chiusi, e non lasciava la presa. Anzi con le braccia circondava le mie con la stessa grazia del suo andare. E non mi lasciava più, era in una trance ipnotica.

Le accarezzavo quella zona di pelle bianca sotto le ascelle, con il dito potevo arrivare fino al centro del suo petto; sentivo un tondino delicato che cambiava di intensità. Non era come un bullone filettato, era una specie di lampone gommoso. Vuoi qualcosa da bere. No, solo dell'acqua. Non mi guardare quando mi spoglio. Perchè ti chiamo amore io non lo so, sarò una pazza. Amore mio, ti amo. Cos'altro importa.

giovedì 17 febbraio 2011

Labbra di sopra

Lascia il bracciale in giro tra le pieghe. Passa le dita sulle labbra di sopra.
Alza la lingua come verso il tetto. Si sente intorno il dente di uno squalo.
Ora potremmo andare uno verso l`altro. Avremmo voglia di restare uniti.
Per questa stanza solo un consiglio. Metti al centro il tavolo da pranzo.
Fammi sedere un pò vicino a te. Prendiamo il the almeno una volta al mese.
Ora che hai messo queste tende rosse. Perchè mi parli sempre in un orecchio.

La casa nella terra

Vado a stare nella casa di Cristo Re anche solo per guardare intorno. O per scendere da Franchetto nella valle che separa questo altipiano dalle colline di fronte a mezzogiorno. Dal monte di Turcisi, o anche più in basso dalla masseria dei Borzì, si vede lo spazio lasciato nella terra dal grande fiume delle alluvioni, l’acqua che portava verso il mare un altro mare di acqua dalle montagne dell’interno fino alla costa della plaja di Catania.

Caltagirone è dietro Palagonia ma più vicino si vede Ramacca davanti sulla destra. Lo stesso angolo e la prospettiva della antica città romana di Morgantina nascosta da altre colline. Dietro la casa, in questo timpo che si chiama Poggio Campana per la sua forma, sale la parete dell’Etna, a Muntagna. Come fosse una piramide di ghiaccio o come una madre con un padre a fianco ad aspettare. Dietro la casa sale il più piccolo Monte di San Giovanni, una collinetta dalla stessa forma regolare. A 12 anni sono salito fino in cima a passi di corsa con una radio a transistor foderata di cuoio. Per ascoltare le onde medie e respirare il vento caldo della bocca del monte.

In questa terra di due salme e mezzo, ogni salma sono tre ettari e qualcosa, abbiamo raccolto delle pietre giganti io e mio padre. Per alcune settimane nel caldo e nella polvere di luglio abbiamo liberato il terreno da arare dall’ingombro dei pezzi di calcare gialli e marroni. Nelle pause, all'ombra della casa, prendevamo un qualcosa da mangiare avvolto in un panno. Sentivo le cronache in diretta delle Olimpiadi di Tokio del '68, con gli italiani battuti alla prova di ginnastica e la medaglia d'oro sempre a Sakamoto campione alla sbarra o agli attrezzi.

Nino è un tipo angelico e silenzioso ma testardo come un falso mulo, il mulo fauso.  U zu Nino, come lo chiama Vito mio cugino, si aspettava che facessi quel lavoro con disciplina e dedizione, la stessa pretesa dal suo di padre. Senza troppe parole mi ha portato a Franchetto, come a Ramione o all'Ogliastro, a fare e imparare il suo lavoro nella nuova terra comprata coi nuovi attrezzi comprati. Con un piccone separava le pietre dalla terra e le ammucchiava in un punto. Io facevo la manovra in marcia indietro girando lo sterzo al contrario, portavo il trattore vicino, scendevo e lo aiutavo a trascinare il materiale. Fino a che il carrello si riempiva completamente e le pietre rotolavano giù in una scarpata per fare da argine al vallone, un ruscello di acqua d’inverno.

lunedì 14 febbraio 2011

Mother's eyes blues

My mother's eyes this morning I see , lightning watery in your blue sea
You call me on like a baby mate I was just sitting on your golden chair
Flower came out a white hand so close you brag this misery like a goddess rose

I woke up this morning, my babe left me, she said my dear I got some trouble
Come here one day wherever you want, my back is broken into the bones
I wait for you all night and day, wish all my best for you my lover maid

venerdì 11 febbraio 2011

Piatto forte

Non lavo la macchina da qualche mese. Fuori non piove, la carrozzeria ha un manto di sabbia e le ditate dei parcheggiatori abusivi. Dentro sul sedile posteriore i giornali, un calendario nel tubo, la borsa della piscina e un giradischi senza puntina.

Cerco il pezzo di ricambio nei pronto soccorso dell'hi-fi, il giradischi è fuori produzione. Prova qui dietro l'angolo, oppure ne prendi uno nuovo. Ma io insisto con il restauro, con il vintage, anche se costa il doppio del pezzo nuovo. E' più bello indossare il vecchio cappotto dalla fodera riparata perchè contiene la forma delle spalle e fa anche il tuo stesso odore. Anche il suono dei dischi cambia con il tempo perchè intanto il tempo è cambiato.

Lo stradario di Milano ha fatto le pieghe agli angoli. Se cerco una via del Giambellino si staccano i fogli tra le dita. Quasi nuova, invece, è la constatazione amichevole di incidente stradale. Ma era sbagliata perchè non sono io il proprietario ma una ditta. Io ci sono ma non ero io. Ho solo tamponato una Punto rossa a porta Venezia, lui era il signor Giuspeppe Pellegrino. Poteva aspettarselo.

Le tante briciole di biscotti saltano al levare del cambio o al momento di scalare in seconda. A furia di grattare la polvere del lunotto posteriore le spazzole del tergicristallo sono uscite dal binario. Forse c'è anche una traccia di yogurt attorno alla fodera e dei cd recuperati dalla rovina del macero.

Dovrei prendere un giorno di ferie, andare giù fino in fondo a via Padova nel quartiere dei Maroc, aspettare il mio turno e pagare il lavaggio completo degli interni. Sono veloci e accurati i ragazzi dai capelli corti, un bell'ambiente confortevole con la sua luce del sole al tramonto. Lavano e lucidano, sembrano uno sciame di vespe mentre la padrona è seduta nel gabbiotto. Il rombo dei rulli che girano a vuoto, la cassa con la lattina per la mancia, alla fine ti dicono ciao e grazie.

I lavaggi, non le autorimesse, le stazioni di servizio per la benzina e i chioschi sono i pochi posti dove si può stare all'aperto e parlare con la gente che incontri. Il frastuono delle spazzole rotanti impedisce l'uso del cellulare. Siamo costretti a guardarci, a sentire la presenza dell'altro a fianco. Prima o poi ci scappa una battuta, maledetti gli zingari che rubano, che schifezza di tempo è questo oppure e questo graffio sul parafanghi non c'era prima. C'è anche una ragazza con giubotto di pelle tra la saponata del detergente e le altre spugne a forma di mattone forato. Ha una macchina sportiva e di colore blu. E' qui per caso, usciva dalla tangenziale.

mercoledì 9 febbraio 2011

Repubblica MF - Sole 24 Ore: 5-4

La partita è finita 5 a 4 per loro. Perdiamo noi sette con la casacca gialla. Anche se il goal del pareggio all'ultimo minuto lo avevo messo dentro. Ma qualcuno ha contestato un precedente fallo in area.

Per tre volte all'inizio avevo tirato ma in bocca al portiere. Almeno due palle potevano entrare, che pirla. La quarta volta, invece, le cose sono andate meglio. Lancio di Andrea verso di me sulla destra, stop di sinistro e tiro di destro prima che la palla tocchi terra. La palla era lenta, ha carambolato sulle braccia e poi è finita dentro. Paolo sarebbe giornalista ma di professione fa il portiere di calcio. Se lo guardi ti ipnotizza e finisce chi gli tiri addosso.

Il calcio funziona così, giochi coi piedi ma devi far funzionare la testa. Bastano pochi secondi e cambia tutto. Più sei freddo e fantasioso e meglio è. Più ti lasci andare senza pensare e più il gesto di calciare diventa una danza memorabile. Un certo Umile del Napoli ha segnato al Milan uno dei più grandi goal della storia e nessuno se lo ricorda, o quasi.

martedì 8 febbraio 2011

Casa delle Api

Dalla provinciale 102-II, dopo la mandria dei Borzì, l'asfalto scende al nuovo piano mentre i cani hanno finito di latrare. Ogni tanto il Chiatto brucia gli eucalipti piantati sul bordo della strada. Gli alberi con le foglie sottili tengono la carreggiata dalle frane, dovrebbe potare i rami alti ogni tanto. Invece il pregiudicato sparge sterco di vacca, il fumère, tra le zolle di terra sollevate dall'aratro.

Nei quattro pezzi di terra, tutti, ci passa la strada. Per essere comodi a miscelare le semenze nei giorni della Tredicina di Santa Lucia o arrostire i carciofi di pasquetta senza sporcarsi di fango. Dice che Ramione è una fetta di carne, la puoi fare arrosto o a stufato. La terra è pariggia come la tavola del mare per tutte le cinque salme.

In mezzo preciso la casa delle Api ha la parete come un trapezio. C'è un alveare dentro il muro di ponente scavato nella zona dei mattoni rossi, una scatola per tenere il miele di fiori di arancio e di ulivo. A centinaia vanno e vengono gli insetti che ronzano. I cacciatori di passaggio buttano un fiammifero dentro tanto per sport, trovo sempre una lattina di tonno aperta e dei pallettoni per il fucile lasciati in giro. E' ora di mettere la barra di ferro e finisce lo spasso.

Potrebbe diventare un loft questo garage dalle tegole rotte. Per me è un posto con un sedile di pietra e la scritta 1980 segnata sul cemento per ricordare l'ultimo restauro di Orazio Sapienza, il muratore detto anche Sciavazza. Sul lato di tramontana crescono gli asparagi tra le decine di pietre di lava tagliate. Erano i mattoni del muro a 'ntosta della casa al Paese, una specie di mattone nero lungo 50 cm. Dal 1969 le 'ntoste fanno compagnia alle altre pietre grandi e bianche. Tra le tante radici di un albero di fico a fianco i troppi rami non danno niente. Ne ho tagliato la maggior parte, chissà ora se diventa grande.

Macchine e camion passano agli orari stabiliti e si capisce che ore sono. I motori sulla provinciale rallentano all'incrocio per Giumarra, qualcuno si ferma e parla dal finestrino. Le luci di chi torna a casa, una dopo l'altra, vanno a svanire in processione per la prossima cena. Ci puoi seminare un anno sì e l'altro pure e viene sempre buono. E' questa la tua terra, prendi questa, abbadaci tu.

giovedì 3 febbraio 2011

Rifaccio il caffè

La tazzina resta sul tavolo tra le briciole di pane e la tovaglia bianca. Il caffè si fredda se non lo bevi. Poi, se stai parlando del gran casino della speculazione, anche di più. Le banche falliscono, lo Stato interviene coi soldi di tutti. I francesi fanno come gli pare, se ne fregano dell'Europa. Loro ti dicono: per me questa legge funziona così, punto. Possibile che nessuno vede il rischio della controparte? Io non ci avevo fatto caso alla controparte.

Il caffè è ancora bollente quando arriva. Perché devi berlo subito? L'uomo con la giacca bianca e cravatta nera dice posso portar via? Ma se io sto parlando come faccio a bere. E poi il caffè è ancora caldo, troppo caldo per sentire sulla lingua il sapore per quei quattro secondi. Cosa dovrei fare? Inghiottire, pagare e alzarmi.

Il tuo caffè è così buono, tanto meglio. Allora lasciami in pace, voglio sentire quanto è gustoso e poi tornare ancora qui da te. Il fatto è che tu guardi e non mi vedi. Sei una macchina parlante, un signore dal muso duro che porta via il caffè a quelli come me. La tazza è ancora piena e ha la sua temperatura giusta. Ma lui dice, gliene faccio un altro?