martedì 16 dicembre 2008

Intolleranze


Milano, Porta Lodovica. Vado al chiosco per un panino con la salamella, piove ma non fa freddo. C'è una tipa dentro con il cappello di pelle da leopardo a forma di coppola. Attorno le macchine schizzano l'acqua addosso ai passanti insieme ai tram che in quell'incrocio ogni tanto fanno un bel frontale che ci scappa il morto. Nessun cliente al chiosco quindi faccio la deviazione, è meglio una zuppa calda e liscia seduti in mezzo ai fighetti dell'università Bocconi?

La tipa del chiosco allora prepara il panino e ci passa un quarto d'ora, nel frattempo mi racconta che è in lotta con i conservanti, non li sopporta, è allergica. In effetti la sua faccia è più vecchia di quanto non dovrebbe, con delle pieghe sul volto, ma sotto il suo cappello di pelle di leopardo va avanti con spatola sulla piastra rovente e cipolle fino alla confezione del panino. 

Quello che è pazzesco è che, dice, i conservanti sono dappertutto anche nel pane e nel vino e nell'insalata. Allora io gli dico ma come anche nel pane fresco? E lei dice si, anche nel pane fresco perché in realtà non è più fresco. Il pane senza conservanti è da buttare dopo poche ore. Ma anche quello che stai usando adesso per il panino? Si. E anche i carciofi che gli hanno mandato dalla Puglia i suoi parenti e tutto quello che sta sopra la terra. Si salvano invece patate e cipolle perché crescono sotto terra dove non arriva il fertilizzante o il resto degli antiparassitari.

La cipolla soffritta e i peperoni sulla piastra mandano in giro un odore che è anche un profumo dolce e di fritto. Come di cucina all'aperto, come di pane e panelle nelle strade di Palermo, come davanti allo stadio di San Siro o come nelle piazze secondarie di Bari, di Acireale o di Berlino il giorno della vigilia di Capodanno.

Oggi sono tornato al chiosco ma la ragazza con il cappello di leopardo non c'era. Il chiosco era chiuso sotto la nuova pioggia di oggi. Che era fine e fitta. Che cadeva addosso a chi diceva, io con l'ombrello ho litigato e va in giro con il suo cappello da Mary Poppins. Quest'oggi la ragazza non ha aperto e non so perché non lo ha fatto. Così ho preso la solita strada per andare al bar dei fighetti dove ho chiesto cosa è rimasto. Zuppa di farro con spinaci cucinata dal ristorante biologico in provincia di Como per soli nove euro. Ma ieri ne avevo spesi 5,15 centesimi. Sono proprio taccagno e intollerante.

venerdì 21 novembre 2008

Oklahoma train


Mi sembra di essere con te.
Ogni tanto sento il fischio nelle orecchie.
Forse sei tu, come il treno merci 
del passaggio a livello di Oklahoma.

Mi sono svegliato in un motel e l'ho visto e sentito alle quattro di notte
fischiava come una nave a vapore
per lunghi minuti una serie di carrozze merci andavano dall'ovest verso il Missouri
e il fischio e il macchinista e le luci del motel e la mia panchina di legno
dove mi sono seduto a guardare anche la luna che era piena

Ero seduto in mezzo alla pianura in mezzo allo stato nel mezzo
dell'America dei campi di soia e il treno non finiva più di passare
e agitava i miei pensieri e i miei capelli il soffio di quel treno
così vicino e così potente mentre tutti dormivano
e sentivano il tuono dei vagoni e dormivano ancora

Il macchinista ed io soli potevamo sentire quel fischio
che diceva attenzione le barre non bastano c'è un treno che passa
sono le tre o le quattro di notte e il treno deve passare
fischiando un frastuono a intermittenza
perchè forse c'è un ubriaco o un ladro che non lo sente e non lo vede passare

L'ultima carrozza nera con le scritte grandi era la più veloce
ma quel treno fischiava ancora fuori dal villaggio
fuori dalle case delle colline dell'Oklahoma
il vento dietro all'ultimo vagone se l'è portato via

venerdì 14 novembre 2008

Tazze d'oro

Milano-Dusserldof. A 13 anni mi hanno mandato, d'estate, a imparare un mestiere a caso in un bar. Sbucciavo le mandorle bollenti su un tavolo di marmo di Carrara prima di tritarle e servivo caffè e brioche al bancone. Anche un giorno di inverno del 2006 mi invitano a caso alla multinazionale del detersivo. Siamo in due giornalisti contro dieci soldati aziendali. Niente da mangiare perchè sono le quattro di pomeriggio, solo un caffè. 

La ragazza dell'ufficio stampa è alta e sgraziata ma molto gentile. Possibile che i tedeschi non badano alla forma? Entra il capo dopo i convenevoli e chiede ai suoi, per rompere il ghiaccio, bene di cosa parliamo? Le vendite sono cresciute, i conti sono a posto. Guadagnano così tanto che nessuna crisi li scalfisce. Il segreto è essere i primi a fare le cose, la gente si abitua e non ti cambia mai. Il boss ha finito di rispondere e si guarda intorno come se da anni ripete le stesse cose. Allora io dico, scusi ma la crisi dei consumi, l'inquinamento... No, nessun impatto ambientale, anzi per i clienti sensibili abbiamo preso il marchio dell'Erborista. Così quando si fanno di schiuma pensano di far bene ai fiumi e ai torrenti.

 Dopo le 16 arriva la solita giornalista con il suo solito ritardo, si siede vicino e apre la sua grande borsa e fa la sua domanda inutile. Ma dissimulando interesse l'amministratore risponde. Così saluta e soffia sul capello che scende dalla fronte tinto del colore delle tinture della casa.

Da lì  a poco ci imbarchiamo per Dusserdolf giornalisti e addetti stampa tra i più orribili della scena. Facciamo un giro la sera per le caldarroste e l'indomani ci mostrano la fabbrica. In un cantuccio ci sono le reliquie del primo negozio del fondatore. Nel retro il laboratorio con gli esperimenti. Un parrucchiere tinge i capelli di rosso alle signore che scelgono una delle dodici tonalità fino alla melanzana. Ma la cosa che nessuno doveva fotografare il segreto industriale, io l'ho fotografato. L'esperimento su quanto sono sporche le tazzine del caffè. E su quale detersivo per lavastoviglie lo può veramente cancellare. Le tazzine sporche di fondi di caffè erano allineate su un tavolo. Lo sporco del caffè era incrostato da alcuni giorni che neanche un cacciavite avrebbe potuto, tranne il detersivo di nuova concezione ancora da inventare.

Le tazzine del Bar Pensabene le lavavo con due dita sotto il rubinetto dell'acqua bollente, senza detersivo perchè non occorre. Ora nessuno ha voglia di infilare due dita nello sporco della tazzina ancora calda. Ho capito come nasce un business. E l’importanza di usare la lavastoviglie, perché libera la mente.

lunedì 3 novembre 2008

Qualcuno che ti aspetta


E' bello sapere che c'è qualcuno che ti aspetta quando torni. Soprattutto è bello pensare che questo qualcuno è come te lo immagini. La curiosità di incontrarti fa a pugni con la certezza che ci sarà comunque una qualche delusione. Però questo non mi impedisce di desiderarlo lo stesso. E' una sfida che mi piace correre. Come quando correvo per un campo dietro a una palla per scartare l'avversario e fare un gol in quella porta. O come quando ho inseguito per ore una ragazza bellissima e poi lasciarla andare quando era vicino a me. O di quella volta che ho passato delle ore a sentire un organo di chiesa per baciare nel buio la prima bocca.
Ieri ho finito il libro di Goliarda Sapienza, L'arte della gioia. Ho pianto come si piange quando si prova il dolore più grande. E' un libro rivelazione per me. C'è dentro lo stesso spirito e la stessa emozione che ho provato tante volte nella vita. Il piacere e il godimento ma anche la separazione e la disperazione. Sono contento che tu lo leggerai. Avremo di che parlare.

venerdì 3 ottobre 2008

Spain game

I am a rovin Gambler
A Gambler all around
Whenever I see a game of chance
I lay my money down 

gambled down in Shreveport
Gambled down in Spain
I won my first wife shootin dice
But I lost her in a poker game


(traditional played live 1998)

giovedì 2 ottobre 2008

Acqua a lenzuolo

Catania, Castello Ursino. La sera ci sono i tavoli sui marciapiedi e fumo di carne alla brace. La gente chiacchiera tra l'odore di sale e grasso che arriva già nel vicolo. Dove le vetrine delle cerimonie funebri sono accese sulle bare di mogano di colori e prezzi diversi. Nella piazza sotto le mura del castello crescono le vecchie palme del fossato normanno, mente le aiuole al pitosforo davanti al portone sono firmate dall'ultimo assessore.

Nuvole bianche di salsicce e carciofi arrosto si confondono con le spire di fumo degli scooter sul selciato di pietre nere e lucide. Al ristorante una ragazza a turno e un uomo fisso alla tastiera cantano al karaoke Non son degno di te o Nel blu dipinto di blu. La carne è buona, le melanzane sono in agrodolce.

Più avanti c'è un pub con intellettuali moderni e le loro birre irlandesi. E nel sottoscala corre l'acqua dalla sorgente del fiume Amenano verso una grotta di pietra scura. Alla fine del corso, sotto la pietra lavica, si apre la piazza grande con la sua fontana di marmo bianco e una santa che la offre ai cittadini. La chiamano l'acqua a lenzuolo, perchè pare ferma e lo scroscio è silenzioso.

Scende fin sotto la pescheria tra gli archi della marina e poi fino al porto. Davanti a Sant'Agata in piazza Duomo un elefante, detto U liotru, se ne sta al centro con un obelisco egiziano piantato sulla schiena. I due si guardano, uno di fronte all'altro, uno sopra l'altro, come se si dicessero qualcosa.

martedì 30 settembre 2008

Alan Sorrenti doc

Vorrei incontrarti proprio sul punto di cadere,
Vorrei incontrarti fuori i cancelli di una fabbrica,
Vorrei incontrarti lungo le strade che portano in India.
Vorrei conoscerti ma non so come chiamarti,
vorrei seguirti ma la gente ti sommerge,
vorrei incontrarti ma non so cosa farei.

(cit. dall'album Aria)

lunedì 29 settembre 2008

U capisti?


Cascata delle Marmore. Ho abbracciato i miei in una terra straniera. Ho fatto la doccia a mio padre e lavato i piedi a mia madre. Mia nipote Beatrice è come una spugna quando sente le parole nuove. Io le dico: "U capisti?" oppure "Ma chi cci 'ncucchi?" E lei ripete e ride. 

Insieme siamo andati a vedere una partita di calcio e anche in piscina. Abbiamo fatto una passeggiata nel bosco rischiando di essere sbranati dai cani. Per fortuna erano legati. L'ho portata sulle spalle e le ho fatto assaggiare una mora da un rovo. E lei la sera si è ricordata: lo sai mi è piaciuta questa mora.

venerdì 19 settembre 2008

Greca albanese

Lavinio, Roma. A Lavinio avevo fatto dei segni sulla sabbia mentre cominciava a far freddo nella sera. Stavo dentro la giacchetta di jeans comprata a piazza Vittorio e lei mi guardava con i suoi occhi grandi da greca albanese.

Più avanti ci siamo trovati a Roma. Quando piove a novembre l'aria si fa pulita e le luci del lungotevere danno un colore apparente giallo oro mentre nelle ossa senti il freddo dell'inverno. Piazza San Pietro era vuota di gente e piena di sedie accatastate, tranne alcune in mezzo alla sala gigantesca aperta solo per noi. Così ci siamo stretti su una sola di queste con la luna nascosta dalle nuvole in volo.

venerdì 5 settembre 2008

Tessere di Greenaway

Milano, palazzo Reale. Ho visto le luci di Peter Greenaway sul Cenacolo di Leonardo. Sulla parete della sala delle Cariatidi l'immagine del volto di San Giovanni si avvicina fino al punto da far volare tutte le tessere di calce e di colore. L'affresco si corrode ma alla fine torna intero ed eterno. Se qualcuno (ma anche qualcosa) mi affascina, per possederla, la trituro, la scompongo fino a vedere tutte le sue parti più intime e poi rimetterle a posto. Faccio lo stesso con le cose. Taglio un'anguria in due grandi parti. La svuoto della polpa e la mangio. Le due coppe vuote della buccia le taglio a pezzetti, via via sempre più piccoli. La poltiglia con il tempo si ricompone (compost) e diventa preziosa o funesta per le piante.

giovedì 4 settembre 2008

Allevi suona per noi

Bresso (MI) Fly Festival. In grande prato fresco e senza zanzare c'è un palco enorme dove suoneranno Ron, Tiro Mancino e perfino Al Di Meola. Le sedie sono numerate con un'etichetta adesiva sul retro e tutte su un parquet rialzato a due livelli. Sullo sfondo un telo bianco avorio, davanti l'immenso pianoforte nero e alato. Ad aspettare il pianista e compositore Giovanni Allevi almeno quattro o cinque mila persone giovani e perbene. Io ho camminato tra l'erba secca per coprire le distanze. Ho imbracciato il bicchierone di birra alla spina e poi seduto l'ho messo per terra sotto la sedia.

Il Giovanni è arrivato con la sua zazzera e la felpa con cappuccio correndo e agitando le mani come per volare. Ho sentito per la prima volta la sua voce e questo suo modo di parlare concitato e con il ritmo dell'ansietà. Ma Giovanni è un'anima purissima come la sua musica. Leggero e penetrante ti riempie la testa la fa girare in tutte le direzioni. La sua musica riconcilia con il giorno che muore, con la serata freschissima e con le tue dita che non sanno cosa fare.

Con la sua aria di Amadeus ha fatto da solo Aria, Monolocale 7.30 am, Go with the Flow, L'orologio degli Dei, Back to Life, Jazzmatic. Poi sono entrati gli orchestrali ed è andato avanti con un siparietto monologo tra i diversi pezzi. Whisper, Keep moving, A perfect day, Corale, Angelo ribelle. Giovanni è una specie di angelo. Suona sollevato dal peso della giornata comune, parla della sofferenza che non si vede.


Ogni tanto ho alzato la testa per guardare il cielo e sentire meglio la sua musica. Una farfalla di notte ha fatto la diagonale del palco, un areo ha lampeggiato e più lontano all'incrocio fuori dal recinto del parco ho visto le luci di un semaforo andare da sole senza traffico. Prima rosse poi verdi poi gialle, al ritmo stabilito dai vigili urbani. Giovanni ha chiuso il programma ufficiale con Foglie di Beslan, Come sei veramente, Prendimi, e 300 anelli. Alla fine ha detto "Come siete belli" "E' incredibile sono a Milano, anzi a Bresso". Si è preso un mazzo di fiori e l'ha messo sul pianoforte prima dei cinque o sei bis.

Le migliaia di persone, dopo gli applausi e le luci abbassate, si sono ritirate in ordine sparso verso l'uscita lontana nel prato. Ma Giovanni, spinto dai fan della curva irriducibili, è rientrato quando quasi tutta la gente era già lontano e ha ricominciato a suonare da solo. Allora la massa dei camminatori verso l'uscita in fondo si è fermata. Tutti hanno girato le spalle al suono del piano lontano e sono rimasti immobili con la testa rivolta verso di lui mentre le gambe ancora andavano dall'altra parte. Le facce scure si sono illuminate della luce del palco e piano piano il corteo ordinato è tornato indietro a sentire le note più da vicino. Come attratti da una forza misteriosa, come i topi della favola del pifferaio magico, come gli zombi dei film dell'ultimo uomo sulla terra con Vincent Price. Mi sono seduto nella sedia sollevata e anche il mio spirito ha fatto lo stesso movimento.

Islanda non ha alberi

Reykjavik. Sono stato via per il long week end in questo posto che si chiama Islanda. I ghiacciai si stanno sciogliendo, ma i cavalli e le pecore pascolano senza saperlo. Il vento è forte e avresti bisogno di qualcosa per proteggerti. Le ragazze annaffiano i fiori del giardino pubblico. 

La terra non ha alberi ma grandi distese di muschio grigio che copre le colate di lava. Nei bar si beve la stessa birra e si guarda la stessa tv di tutto il mondo. C'è una spaccatura nella terra che separa i continenti. C'è anche un muro nella mia testa che mi separa da certe cose o anche da te.