venerdì 21 dicembre 2012

Meta fisica

Un prato verde di vizza appena un palmo, lei corre anche a quattro zampe di mattina. Sole e muso nero con occhi assorti mi prendono sulle cosce. Stavo leggendo di T. S. Eliot e Mario Praz a proposito del Dedalus e della flaubertiana o su quanto assente resta il narratore negli scritti della contemporaneità.

Ho finito per far male per la mia tendenza a rimanere o non rimanere fermo e dritto sulla schiena se il vento spinge forte. Ho fatto bene ad aspettare tutto questo tempo? Lei poteva cambiare o ero io a dover cambiare qualcosa. Quanti anni ho passato a vederla dormire come un angelo asciugato dallo scroscio delle fontane romane del Bernini? Quanti anni ho passato senza vedere quello che vedono i fili di erba che nascono ogni anno su questa collina? Ma finalmente le cose cambiano.

Le pietre sono diventate ancora gialle per via di tutte le foglie secche. Sto aspettando che architetti e consulenti si riuniscano per pontificare sulle vie di scolo delle correnti di acqua piovana. Devo evitare che le mura si inzuppino e poi anche i pavimenti. Nino ha visto le sue terre e chiede se basta un dito di acqua per far nascere ancora le spighe. Ma è caduto ancora e il suo sangue perde le cellule.

Adesso Zorika dorme nel sedile del guidatore-navigatore. Poggiava la testa sulla mia mano e il cambio quando guidavo verso le sei. Sono ad aspettare che i medici diano il verdetto per una piccola botta al femore di un ottantenne. Il neon rotto frigge nella saletta di un'ospedale rinnovato per gli ortopedici.

La mia nuova corsa vola verso la montagna di neve quando la sera si fa rosa, mi aspetto di trovare una ragazza ancora sveglia stanotte. Dormiremo insieme contro la schiena e davanti il petto, non troveremo altro posto migliore per il nostro cuore.


mercoledì 28 novembre 2012

Some body

Highlands (B Dylan)
 I’m crossing the street to get away from a mangy dog
Talking to myself in a monologue
I think what I need might be a full-length leather coat
Somebody just asked me
If I registered to vote

Insanity is smashing up against my soul
You can say I was on anything but a roll
If I had a conscience, well, I just might blow my top
What would I do with it anyway
Maybe take it to the pawn shop

I don’t want nothing from anyone, ain’t that much to take
Wouldn’t know the difference between a real blonde and a fake
Feel like a prisoner in a world of mystery
I wish someone would come And push back the clock for me

sabato 24 novembre 2012

Norwegian wool

A Bergen due ragazzi cantano suonando la chitarra. Uno appollaiato sullo steccato e l'altro in piedi. Al levare della battuta il velo dei capelli fa il pendolo tra gli occhi del cantante a piombo sulle corde. Una nave vichinga ha alzato le vele per i turisti ora che arrivano anche dall'altopiano. In cima alla collina vendono anche il pellame di renna e il maglione blu con i disegni grezzi.

Voglio comprarne una balla, una partita di castoro, come i trapper canadesi. Prendo uno scendiletto e una giacca. Prima o poi ci metterò sopra i piedi nudi al risveglio. Dalla collina a strapiombo la stazione della funivia fa vedere in basso la costa dei fiordi e i battelli. Ho lasciato un Ford Transit camper parcheggiato in città. Dentro ci andrà anche la pelle arrotolata larga più di in metro e anche qualche scatola per i regali alle famiglie.

Per qualche tempo il mio letto di ferro battuto è rimasto vuoto al di sotto del piano del materasso. Tranne quella volta che Bobbie sbatteva la coda così forte da svegliare i vicini. La sua pelliccia era simile, i peli andavano in giro per la casa al quarto piano di un quartiere vicino alla ferrovia. Di giorno si affacciava al balcone e restava da sola finché la sera abbaiava al mio ritorno.

Avevo una culla con delle barre di legno e le finiture lucidate da Mastro Giovanni. Quando ci stavo dentro le onde rimbombavano sulle mie tempie. Ogni volta la febbre tormentava il corpo e la testa con il suo calore, nella serata aumentava finché il fresco delle mani ci passava sopra. Sopra la rete del lettino e sotto il materasso di lana toccavo una pelle di lana. Era piccola, quella di un agnello o di una capra, ed era bianca e nera.

Lo scendiletto di pelle di Bergen, avvolto come un manifesto, è rimasto nel solaio. L'umido ha fatto saltare la saldatura di alcune parti per una decina di anni. Ma, dopo qualche tempo, ha fatto mille e 500 kilometri e per alcuni giorni ha preso il vento e il sole appesa ai gradini di una scala. Li perde sempre i peli ma sono tanti e ancora fitti. Al passare delle dita dei piedi la pelle di renna si agita e prende vita per il prossimo inverno. A Natale mi spoglierò del maglione di lana norvegese bianco e blu e ci camminerò sopra con te.

martedì 6 novembre 2012

Balsamata

 La Balsamata ha le sembianze della bella donna. Arriva in aereo con un'amica dalla faccia a forma di quadrato. Si capisce subito che è lei perché sembra bionda e veste di verde.  Può avere una cinquantina di anni portati bene. Ma gli occhi sono lo spettro del tempo che passa.

Man mano che la faccia si avvicina ogni grinza degli occhi diventa un solco. E' sprofondata anche la sua energia nella notte insonne. L'amica con la faccia a palettone, che riparte stasera, già sembra più vivace. Dice che è in transito, deve raggiungere il fidanzato. Uno che faceva il militare nell'isola e poi si è sposato a Brindisi senza dire niente. Che sfacciato!

La ragazza Manuela parla, invece la Balsamata no. Racconta della sua storia, poi telefona il figlio piccolo rimasto con la cugina. Dovrebbe fare i compiti ma non riesce, vuole una mano a proposito delle tabelline. La statale è vuota a quest'ora del giorno, più avanti la pioggia comincia a cadere.

Avevo previsto di starmene lontano da copertoni e segnali luminosi. Per qualche giorno ci sono riuscito. Zoricka mi abbraccia e graffia la faccia per diletto e dispetto. Avere un cane è come avere un'amica logorroica ma dolce come il miele. Dorme a fianco sulla coperta e adesso fa anche piacere.

Alfio mi ha portato un agnello scuoiato avvolto in una plastica, se lo scongelo potrei esibirmi nella ricetta al forno. Ho deciso di diventare vegetariano per amore e per convinzione, quindi potrei cominciare la mia prossima battaglia contro gli uomini che uccidono e mangiano altri esseri viventi. Al momento vivo sotto un albero seduto in una poltrona a guardare il mare di terra davanti.

martedì 30 ottobre 2012

Termo convettore

Per la stagione del freddo dovrei avere un camino a termoconvettore. Dice che verrebbe a trovarmi se volessi. Resterebbe qui con me per tutta la notte.

Avevo tutto e non lo sapevo. Perfino il tramonto dal punto in alto come a Torcisi o alla masseria degli Spirdi. Me ne andavo a cercare ossi di seppia per lanterne.

Ero in una caverna e guardavo le ombre passare. Credevo di entrare nella sala degli specchi da dietro una scrivania. Ora ho davanti le luci lontane e respiro la brezza della sera anche per te.


mercoledì 3 ottobre 2012

Pesta e spingi

Quando si fa il momento nel mese di ottobre il ragazzo con la tuta blu prende il suo lavoro. Raspi e acini pestati insieme a fare il prossimo vino. Oppure come faccio e dice il principale meglio lasciare le uve a bagno per il colore.
Amici di infanzia e di collegio stanno traslocando. Anche io dovrei spostare i sentimenti per dargli altra aria.
Mi sembra di essere in ritardo su tutti i fronti. Un senso di oppressione lascia il tempo alla liberazione dalle altre oppressioni. Sono in mezzo a un nuovo strano gioco di incastri. Mi manca il respiro certe volte. Altre volte invece un albero di castagni di Milo profuma di muschio nella notte.

martedì 2 ottobre 2012

Zorika

Come la chiamiamo ora? Zorika. Come la gatta nera che sembrava un gatto ed era chiamato Zorro. Cosi ha detto la ragazza e cosi abbiamo fatto. Ora si trova bene a casa mia questo altro nuovo cane.

Ho trovato un cane dal pelo corto sul ciglio della provinciale 202. Era insieme a un cane spinone bianco ma Zorika ha fatto la corsa per leccare le mie dita prima del suo compagno.

Domani facciamo la vendemmia. La porto con me. Il cielo appare azzurro oggi. Vitaliti ha prenotato 209 kili. Mazzaglia 650. Il resto del mosto lo vorrebbe Rapisarda ma tengo per me almeno 150 litri di vino nuovo.

mercoledì 29 agosto 2012

Il vento di Mergozzo

Si increspano le acque del lago Maggiore. Il cielo si chiude come un tetto sul cinema all'aperto. Una corrente di piombo scesa da Nord attraversa lo specchio di acqua di fronte al porto. Tra le panchine di ferro le foglie dei platani si ammucchiano per le folate di aria compressa e gli slavi sull'erba si alzano come per controllare gli scafi.

Max ha detto che è il vento di Mergozzo, anche Antonio è d'accordo. Di fronte alla riva si vede uno spiraglio di luce. - Che bello che è! Sembra un miracolo! La ragazza va avanti per un pò caracollando, ha una borsetta dal cordoncino lungo appesa. Si spinge verso un posto dalla facciata giallo intenso ed entra salendo le scale fino al primo piano.

Si sta bene tra i laghi tra le foglie verdi che coprono le strade come un manto. Di solito la fauna delle spiagge è sempre accoppiata, anche tra amici. Ognuno ha il suo da fare con il compagno o la compagna. Ma il tempo è ormai scaduto, la gente prende quel che trova. E' la fine di agosto e il ristorante fa una buona pizza alle verdure.

Si chiude nel pomeriggio l'estate di quest'anno, il giorno prima prendevamo il sole all'Ultima spiaggia. Lei mi ha detto, come in trance - Ho voglia di fare l'amore. Io ho detto - Proprio adesso? - Tutti i giorni nel pomeriggio. Si sono fatte le cinque e mezza e la signora Chinaglia, dietro la sua scrivania, chiede ancora del tempo in città. Poi lei si è sdraiata, io ho russato per dormire meglio.

Quando ho finito di fare la doccia lei era al telefono. Stava riversa sul letto coi gomiti appoggiati alle lenzuola. Parlando con qualcuno e diceva - Stai tranquilla, stanotte tu che fai? Vista da dietro sembrava come una portaerei vista dall'aereo in picchiata. Due triangoli di bianco ravvicinati e poi due zone scure più rotonde.
- Tu come ti chiami?
- Te l'avevo detto già, mi pare.

venerdì 24 agosto 2012

Lilla di colore

Erano le quattro di pomeriggio, la temperatura era arrivata sui 38 gradi con l'80% di umidità. Quasi tutte le finestre e le porte dei palazzi alti almeno sei piani erano chiuse da settimane. Una sirena di appartamento suonava a due tonalità, un'altra macchina parcheggiava a fianco per quanto ci fosse spazio per due Tir poco più avanti.

Ho incrociato gli occhi di un passante ma lui puntava verso un altro punto del selciato. Aveva l'aria di uno che non ha i soldi per partire e andare al mare. Quando le persone sono poche ognuno sente battere il cuore dell'altro nello spazio anche se non lo vede. Da come scorrono i passi si intuisce la paura o la voglia di confidenza.

A un certo punto, nel silenzio, disse: -Andiamo di là... Le pareti della stanza da letto erano lilla di colore, ma sotto il bianco del tetto si disegnava il blu dei portalampada. Il lenzuolo invece era più scuro con le federe agniùtticate fresche. Aveva un reggiseno di pizzo. Io, invece, portavo degli hot pants rosso-neri con la scritta "Uomo".

Lei si è seduta su un lato del letto come per stendersi. Una delle due gambe era rimasta appoggiata al pavimento e la testa era reclinata su un lato. Poteva essere la statua di Persefone o di Giuseppina Boharnais ma la sua mano è andata verso di me e i suoi occhi hanno perso lo sguardo. Fino a che si sono riaperti di un altro colore.

Dalla persiana abbassata entravano i rumori dei passi della gente, delle chiavi dentro il cancelletto dell'ingresso e delle voci dei bambini del piano di sopra. Su un lato del marciapiede la scritta diceva "Elettrauto per auto", il portone era chiuso per ferie. Un ragazzo dell'America centrale prendeva a scendere le scale e una donna lo chiamava sporgendosi dalla soglia.

- Sai di cotone sciùso!
- Come può essere?
- Solo il cotone può essere sciùso

venerdì 10 agosto 2012

Stranezza d'amare

Sono stato insieme a te sotto il tetto di una macchina alla fermata
del tram. I rumori intorno delle onde radio coprivano i passi di chi
correva per le scale o nell'asfalto delle strisce pedonali. Come si
chiama questa fermata non lo so, deve essere quella di un santo o di
una santa. Fuori è tutto un disordine, dentro ci siamo noi.

Nella chiesa coi mosaici sull'acqua le candele erano rosse. Ognuno ha
messo la sua nel trespolo a bruciare, la mano nella mano a spegnere il
fuoco nel catino. Ci siamo tuffati dal trampolino del Cozzi in un
salto mortale senza avvitamento. Non ho ancora perso l'equilibrio, mi
sono perso 10 metri in fondo al colore dei tuoi occhi.

Le tue labbra mi dicevano, chiudi la tenda in questo deserto.
C'era un vento di estate, un sole caldo ad asciugare la pelle. Il
verde delle foglie dei platani andava incontro al bianco delle nuvole e
all'azzurro dell'acqua 
e della piattaforma verso il cielo di agosto. 
Fammi prendere lo zucchero che si scioglie nella coppa del tuo seno.

La tua bocca mi aspetta, non posso farci niente. Le tue mani contro di
me e le mie mani contro di te ad asciugare il sudore e le lacrime. Ti
prenderò e tu mi prenderai all'ombra dei tuoi capelli che volano come
dei fili di erba. La stranezza dell'amore stasera passerà per una
canzone o per gli archi di un'orchestra che suona dentro una radio e
una chiesa, accesa ora per te e per me.

lunedì 30 luglio 2012

Occhi di lato

La signora usciva dal bar, non ha visto la vetrata e ha dato un colpo di testa alla porta. Il suo amico l'ha soccorsa, lei è rimasta stordita per qualche tempo. Non c'è niente da ridere, anzi poteva farsi un bell'acchetto sulla fronte e il sangue scorreva sulla tempia.

Un'altra donna, una straniera, passava sui marciapiedi nei pressi della fermata. Con una valigia a ruote di gomma cercava un taxi o cercava qualcuno. Ha centrato con il viso un palo di ferro, era un'insegna del divieto di sosta. Si è presa una bella botta, lo spavento ora gli è passato.

Di questi tempi a luglio succede sempre qualcosa agli occhi o alle ossa. Un colpo di sole come una mazzata sulla testa, un calcio di pallone e poi una ferita alla fronte. Ero per terra, non vedevo più niente sul campo di Pedara. Me lo avevano detto, guarda avanti invece di correre con la testa da un lato.

Nei racconti delle Scritture si dice a qualcuno di non voltarsi indietro. Potrei paralizzarmi se lo facessi adesso. Potrei diventare una statua di sale all'incrocio dei venti. Rimango dritto in piedi, posso fare due passi avanti senza farne troppi altri indietro.

Speculatori dei cascami della lana vendono ancora la mia pelle. Cavallette a quattro zampe alitano dalla bocca rugosa. I miei contadini proteggono il campo, bevono il vino e aspettano. Guardo avanti, non mi fa impressione la dose di zucchero nella coppa.

mercoledì 11 luglio 2012

Cyclo cross

La sera telefona la polizia. Abbiamo qui una borsa, dice l'assistente capo
Si presenti alla Questura, ne parliamo di persona, la chiamo io domani

Uno sbandato è entrato in macchina, ha preso un borsone, ha lasciato i cd
C'è la tessera dei Canottieri, occhiali da sole Tiffany e un costume da bagno

Il citofono suona cercando di Giordano, è il mio poliziotto del caso
Primo piano a destra, ultima stanza, è l'ufficio posta & reperti

Un angelo in moto si toglie il casco, cammina davanti aprendo la folla
In via Gaffurio l'ha fermato la volante. Era straniero? No, italiano.

Ero stato tosto e stanco, avevo fatto tutte le cerchie dei navigli in tondo
Ma ora è dentro? No, ma quale dentro, nessuno va dentro!

venerdì 22 giugno 2012

Linee fisse

La paglia è andata in fumo a Ramione. Quest'anno era tenera ed abbondante per il bestiame. Ma le api nel muro ci sono ancora a raccogliere il profumo dei fiori di arancio e olivo. Cosa devo fare, signore. Dimmi cosa, quando il sole sorgerà.

Quasi sempre scappa a fuoco a giugno, i grilli bruciano mentre i falconi aspettano. Chi ha bruciato i campi ha sempre lo stesso passo lento. Si ferma agli incroci, fuma una sigaretta e guarda intorno verso la chiesa. Rondini e pipistrelli dividono il giorno con la luce del sole e delle stelle.

Quando le spighe torneranno verdi un altro anno sarà passato ad aspettare. La casa di Franchetto ha degli ulivi intorno, un albero di gelsi neri e poi un nespolo di un metro. Mi hanno detto che è tutto alla rinfusa, che ci vuole un ordine per i colori e uno spazio per ogni cosa intorno. Dimmi Signore, cosa andrò a fare.

Ho piantato quattro alberi di Albizia distachya nella strada. Il giardiniere è andato ma tornerà la domenica a dare l'acqua nuova del pozzo con le carpe. Difenderò questo posto senza linee fisse all'orizzonte. Costruirò una torre di guardia fino al mare per godere di questo regno. I fiori saranno bianchi a grappolo e non rotondi a palla.

giovedì 7 giugno 2012

Vongole lontane

Marta Labelle ha una tuta rosella, un tatuaggio di spine attaccato alla spalla
Sa cucinare e far di manicure, paga le bollette della casa al mare
Ora si alliscia perché è rizza e mossa, infatti usa la piastra con la scossa

Pesa poco e si fa smurrìttiare, unni è gghiè la puoi ammucciàre.
Apre la porta a uno. - Che fai ora? Forse vengo dalla Boffalora.
- Non ho capito perché mi piaci tanto. Se c'era mia cugina, la Bufalina.

Telefona Nino, il mio amico Pedalino, chiede il permesso di entrare nella terra.
Quest'anno il frumento a Franchetto è scarso, invece a Ramione pare meglio assai.
Abbàllati il fieno Nino, hai voglia. Guarda la mia casa! E' ancora allerta o spoglia?

La mensa operaia è piena a mezzogiorno. Ognuno carrìa una cosa a conto terzi.
Marta si è messa sulla testa una bandana, il camionista è unto di vongole lontane.
Un vino alla spina si prende, mischìnazza. Mi piacìsti assai, quanto si fimminazza!

martedì 5 giugno 2012

Giunto a destinazione

Il paesaggio italiano è un ammasso scomposto di capannoni intervallati da rotonde per il traffico. La gente non cammina ma guida tutto il giorno le automobili e scende solo per pagare la benzina. Le auto seguono le altre auto che non si fermano mai se non per un semaforo. Se qualcuno si ferma per far scendere il passeggero a fianco i clacson in coda suonano all'istante e fanno ripartire la carovana su circonvallazioni e statali.

Le corsie di marcia sono isolate perché sono separate da un guard rail dalle corsie di chi viene incontro nell'altro senso di marcia. Di conseguenza chi viaggia in auto non vede mai in faccia nessuno. Raggiunge una destinazione per incontrare qualcuno che a sua volta viaggia in auto. Si siede a fianco mentre guidi verso un'altra destinazione e non lo vedi in faccia, se non quando ti fermi.

I cartelli stradali sono in disuso, gialli e scoloriti. Non ci sono i soldi per cambiarli, non serve sapere il nome del luogo perché la destinazione è governata dal satellite. Devo solo cambiare la marcia e aspettare il segnale di averla raggiunta dopo aver ascoltato Onda verde per il traffico. Vedo il profilo di un altro con gli occhiali scuri al momento del sorpasso. Sento il suono della musica, il soffio dell'aria dai finestrini.

La gente vorrebbe incontrarsi e parlare se avesse tempo. Al bar della stazione di servizio una persona parla da sola e gli altri ascoltano o fanno finta. Poi escono e lei continua a parlare, le sorrido quando esco e dico buonasera. Lei mi sorride, non ci vedremo più. Ho raggiunto la mia destinazione, una gelateria dove sarebbe bello parcheggiare.

venerdì 25 maggio 2012

JwsH

Non so perché ho comprato John Wesley Harding, 12 canzoni su nastro. Qualcuno me lo aveva mostrato nel sonno o  la tarantola mi aveva morso nel dormiveglia. A quel tempo avevo capito che si poteva sapere di tutto comprando dei libri. Ma anche ascoltando dei dischi su vinile o su nastro.

C'era una risposta a ogni domanda, anche la più strana o complicata. Come, per esempio, misura il tuo test di intelligenza. Oppure cosa significano i tuoi incubi. Entravo con qualche spicciolo in tasca nei grandi magazzini o sceglievo il tascabile davanti al chiosco dei libri. Fino a che ho riempito la mia testa di parole e suoni, il vento in faccia la rinfrescava e poi la sera avevo la febbre alta.

Ero riverso sul letto e qualcuno o qualcosa è entrato dalla porta per paralizzarmi. Da allora ho ascoltato il suono di quella voce. La inseguo fino a oggi quasi ogni giorno perché ogni giorno dice qualcosa di nuovo cantando sempre la stessa canzone. I suoi dischi sono come un libro di storie. Ogni storia parla di gente diversa ma per tutti con la stessa pietà.

Un'estate ero al sole sulla terrazza tra i colombi e pensavo a come far crescere un seme dentro un vaso. Guardavo il campanile a punta con il suo orologio, dovevo leggere a proposito di poeti francesi per l'esame di maturità. Ho collegato il mio mangianastri a una specie di box e ho ascoltato quel suono sgangherato per tutto il giorno e la settimana.

Anche il disco aveva un suono sbagliato per via del master. Basso e batteria erano in sordina, ogni tanto il nastro si inceppava oppure rallentava improvvisamente, fino a che ho lanciato il nastro da una finestra nel tentativo di riavvolgerlo meglio con una penna Bic. Adesso ho il cd rimasterizzato nel 2004 e finalmente dopo alcuni anni, dopo il 1975, ho ascoltato cosa avevano suonato nell'estate del 1967 a Nashville e alla giusta velocità.

Ci sono due amici che litigano per dei soldi e parlano di una donna che appare in 24 finestre di un palazzo in una ballata. Uno si chiama Frankie Lee e l'altro Judas Priest. Forse sono la stessa persona che ha due anime, una è andata via per scoprire cosa c'è fuori, l'altra è rimasta ad aspettare.

martedì 22 maggio 2012

La trave portante

Dormivo sul lato destro abbracciando con il braccio sinistro il cuscino di fronte. Le lenzuola e le ossa si erano prese di freddo dopo le piogge. Non si vedeva neanche il gatto, forse aveva sentito l'odore di terremoto.

Il pavimento e le pareti si sono intrecciate nella stanza mentre il palazzo crollava su un lato. Sono dentro una macchina dell'auto-scontro dei 'ncoccia-'ncoccia o sulla corda di un'altalena appesa all'albero. Il cuore rimbalza come un grafico verso la gola, scappo per le scale e inciampo sulla porta che trema nella notte.

Quando mi fermo, e la terra si ferma, sono in piedi nel buio con una mano fracassata. Esco a sentire le sirene e gli allarmi, la televisione si accende ancora e parla dell'epicentro a Bologna. Non sono io che sognavo di volare con i calcinacci del ferro armato. Un marocchino stava chiudendo una stalla e ora non c'è più nel modenese.

Dopo i calci di rigore la squadra peggiore, con colpo di testa, ha vinto la coppa giocando in casa della squadra migliore. Il pallone è rotondo ed entra in rete per eventi balistici come le foglie morte di Mario Corso. Traiettorie dei pianeti spingono maree e croste terrestri ad incontrarsi sulla nostra scala Richter. Il gatto ha alzato la coda, i miei sogni sono rotolati sotto la trave portante e sono ancora vivo.

Nelle prime ore del giorno le nespole sono gialle perché il giorno di S. Alfio arriva "il suo tempo". A Trecastagni i pellegrini vanno scalzi con la torcia nella notte per la prommisione al Santo dopo il miracolo. Poi di giorno tornano indietro con un mazzo d'aglio e il cappello nuovo per spagliare il frumento nell'aria. Sto ancora tremando per il movimento tettonico delle stelle intorno.

venerdì 18 maggio 2012

Dove vai

Dove ti corrono gli occhi, a vedere che cosa. E dove riposano nella sera d'estate.

martedì 15 maggio 2012

Cerchie intorno

Sono felice di averti conosciuto, anche se non ci vediamo mai. Spero di continuare a parlare con te quando le nostre cerchie si incontreranno. Ognuno di noi emette delle onde attorno a sè come dei cerchi che si allargano nell'acqua o nell'aria.

Ogni onda è un cerchio che parte dal centro dell'emittente e si allarga verso gli altri. A volte tocca gli altri circoli, a volte tocca le altre onde intorno. Come le onde attorno a una pietra nell'acqua, a volte le cerchie si toccano con quelle formate da altre pietre o insetti nell'acqua.

Il vento, la corrente e mille altre cose le fanno oscillare. L'onda rompe la quiete dello stagno e si muove verso il resto. Le onde emesse sono delle onde concentriche, periodiche e sistematiche. Sono felice che il mio cerchio abbia incontrato il tuo.

Ci si incontra in base alla sensibilità e alla forza del momento. Ci sono cerchi che si infrangono in altri e non comunicano. Ci sono cerchi che si legano ad altri per sempre.  E si incontreranno di nuovo, forse per il caso o la necessità.

Un po' questo fa paura o forse no, è solo suggestione o chissà ché.  Le mie onde sono sintonizzate sulle tue e le tue sulle mie. E' una comunicazione per onde radio. La tua ricetrasmittente capta le mie onde e io faccio lo stesso. Ecco perché fischiano le orecchie ogni tanto.

Pensavo alle onde radio emesse dai corpi celesti, pensavo alle stelle che emettono le onde e arrivano dopo anni luce. Anche dopo la fine delle stelle che le hanno emesse.

venerdì 4 maggio 2012

Rubato la bici

Finalmente mi hanno rubato la bici. Lo sapevo che sarebbe successo, meglio così. Certo poteva servire agli ospiti o a qualche amico di passaggio. Ma me ne sono liberato ed è un pensiero in meno.

Il meccanico egiziano aveva detto: - Prendi la catena da 20, da 15 o da 10 euro?
Ma la catena ce l'avevo già, piccola ed esile da porta da solaio. Così ho preso il lucchetto da 5 euro, perché investire di più sulla bici di scorta? Tra l'altro, compresi i manubri nuovi avevo già portato la spesa fino a 10 euro. L'altro socio dell'egiziano, il sesto parente con faccia identica al primo arrestato per furto e droga, aveva poi completato la manutenzione gonfiando le ruote. Avevo anche detto: - E lo spray per togliere la ruggine alla catena?

Jaled dello Sri Lanka si era accorto della bici abbandonata sotto la siepe e per cortesia mi aveva regalato la catenina di ferro ricoperta di plastica rubino. Che comunque era rimasta inutilizzata fino a che ho lasciato la bici di notte alla fermata del tram. Per due notti il lucchetto non si vedeva tanto. Alla terza notte, però, la bici è scomparsa.

E ' stato un peccato averla persa, quante cose si perdono e sono importanti per quel poco o qual tanto. Tutto è così relativo. Potevo proteggerla meglio, prendere le misure della catena e legarla al palo giusto. Tanto ho fatto che alla fine ho rovinato tutto come al solito. Ma questa bicicletta in fondo non era mia. La tenevo col senso di colpa di averla tolta a chi ne aveva bisogno.

L'avevo rubata per quel senso di giustizia e di compensazione per aver subito un altro furto ai miei danni, l'ennesimo da parte di un buttafuori di locali notturni. Ma la proprietaria riesce a ritrovarla per caso e perché vado a un convegno di investitori approfittatori che si tiene proprio nella sua zona, nei pressi dell'ultima cena di Leonardo. Le si riprende la bici senza aspettare il mio ritorno. Anzi poi mi racconta i particolari di come ha scassinato il lucchetto. Avrebbe potuto scoprirmi anche quando l'ho rubata per la seconda volta e parcheggiata sotto casa.

Ero affezionato alla bici grigia, comoda e veloce. Ma mi faceva anche rabbia, come le cose che vorresti buttare e più le consideri e più ti tornano indietro. In fondo era solo una bicicletta da 50 euro, cosa me ne importa. Non voglio fare il pastore di biciclette. Nè togliere ai ricchi per dare ai poveri come Rinaldo. Non posso compensare nella mia testa le cose che non si compensano da sole.

mercoledì 2 maggio 2012

Parking meter

Pensavo al mio amore senza farlo apposta ho preso una multa per divieto di sosta.
Allo sportello scrivo il mio nome, mi danno una una scheda e qualche spintone.
La fisarmonica suona, lo zingaro urla, cento passeggeri non sentono nulla.
Ho una lista di debiti, imparerò a barare, il dentista ha preso un altro molare.
La sirena dice: vado bene per ora. Non devo cambiare ma sono niente ancora.
Tutte le coppie hanno un figlio ciascuno, il trenino corre ma non parla nessuno.
Da quando ho preso la strada del mondo la testa gira fino allo sprofondo.
Lara ha dormito tre giorni sul viale, adesso è a Kirov, aprirò il caviale.

mercoledì 25 aprile 2012

Jennifer Catanzaro

In piazza ha riaperto il bar. Lo gestisce un gruppo di uomini vestiti di nero e con la barba incolta. Si mangia roba mista siciliana-milanese ma non ha molto successo con i pakistani che vanno dal barbiere e i clienti dell'internet point. La titolare è Jennifer Catanzaro che ancora non si vede. Alla cassa, invece un tipo svogliato, ti dà il resto senza dire grazie.

Chi ha rilevato il bar deve avere molti soldi anche se ha risparmiato sulle insegne. Invece di sostituirle tutte, sono almeno cinque o sei, ci ha messo sopra una pezza con un altro nome. L'interno è stato rimodernato, grandi pezzi di vetro spesso e un soppalco sempre vuoto a riempire la sala verso l'alto. Entri, o stai sul bancone in piedi come un cavallo a prendere il caffè oppure ti metti in vetrina su dei tavoli a quattro.

Il gestore di prima andava avanti con il solo caffè. I cinesi stanno comprando tutto, diceva. Anche il bar da aperitivi di fronte pieno di palme e poltroncine. Qualche mese prima avevano preso il bar del sardo e quello del marchigiano. Ora sarebbe toccato a lui, ma non voleva cedere subito. Aspettava l'offerta e così è arrivata Jennifer Catanzaro, forse la figlia del titolare vero.

Ora un milanese alto ordina il decaffeinato. Dalla cucina arriva una cuoca vestita di nero con cordone allo stomaco, ordina al barista di guardare la pentola ora che lei esce. Il ragazzo ha la barba incolta e il distintivo sulla camicia scura aperta sui peli del petto. Dice: - Va bene, lo farò. A casa mia, però, comando io.

La signora che accompagna il milanese vorrebbe trovare il tabacchi di prima e il gioco del lotto. Peccato, forse non torna più allo Steven Bar. La sala è vuota, il bancone anche. I tavoli fuori hanno una bella vista sul traffico di gente e l'importazione dei popoli. Ogni giorno passano migliaia di persone, sbucano dalla fermata del metro e vanno verso un altro viale. Trafficanti di schede telefoniche internazionali spostano i pacchi e traslocano.

martedì 24 aprile 2012

Lo spiaggione

Il biondo Tevere, in realtà, è verde delle foglie di platano a Roma e il Simeto è come una colata di creta tra le frasche alte di canne a Catania. Il Po, invece, è un fiume grigio metallizzato nel mezzo ai campi di mais. Lungo l'acqua e sul viale la folla di gente in cammino, c'è chi attacca la bicicletta a una panchina di legno e chi si tiene per mano come per fare un girotondo.

Un giorno d'inverno la colata di argilla ha coperto gli argini, gli alberi e i cespugli sono del colore della polvere bianca. Fuliggine sporca, i filamenti come del grasso del latte bollito oltre la pentola o un lenzuolo dei fantasmi, sono attaccati ai tronchi e al secco degli arbusti.

Dall'altra parte del greto una ciminiera a cono e strisce bianche e rosse, un nastro in diagonale porta le pietre sul cassone di un camion. La fila di alberi forma una griglia di piume o di lance di ferro, passano amici e conoscenti e il sole dietro scende verso l'occidente.

Dopo la scomparsa dell'acqua restano le impronte di flussi e reflussi come sulla superficie dei pianeti. Il grande serpente di acqua si muove nella pianura di mezzo, tira le pietre verso la foce. Il suo spiaggione si allarga ora sul lato della manca. Siamo seduti uno di fronte all'altro, torneremo verso un altro letto di fiori e tulipani appesi al muro.

Tra le assi di una scala a chiocciola andata a fuoco e un pianoforte nero gentiluomini e gentildonne sorridono in una foto di gruppo in un esterno. La casa di fronte ha una tenda viola che nasconde e una finestra del bagno sempre illuminata aperta nel freddo della notte.
- Vuoi una tazza di Macha?
- Suona John Sebastian, ti abbraccerò le spalle.

mercoledì 18 aprile 2012

Annhako è vivo

Il mio cane per tre giorni a gennaio, Nako Annhako, è stato ritrovato sano e salvo. E' un labrador nero a pelo corto con una punta bianca sul torace. Sembra muto perché non abbaia mai ma è solo educato. Anzi sarebbe un vero gentiluomo, se fosse un signore, perché alza la zampa per metterla nella tua mano.

Lo avevo lasciato nel cortile con la cuccia e le crocchette sperando nel conforto di Franco l'imbroglione. Ma il cane cucciolo era fuggito per la mia assenza e la testardaggine di chi ha lasciato aperto il portone.

Ora Nako gioca in un altro cortile di una famiglia di ricchi. Ho il permesso di fargli fare una passeggiata ogni tanto. Mi ha baciato e slurpato tanto ma poi è tornato dalla sua nuova padrona.

Lo ha preso il mio vicino di casa Vadalà che è nipote di don Giovanni il cassamortaio. Si è comprato la casa degli Arcifa da quando viaggia negli appalti pubblici. Ha una moglie e due figli di cui uno maschio uguale a lui e una femmina uguale alla madre. Gioca in borsa e mi chiede consigli.

La sua figliola aveva giusto bisogno di un nuovo cane e quando il mio Annakho si è presentato ha aperto il portone. Ha messo anche la foto del cane su facebook e respinto le avances di un tipo che afferma di aver perso un cane preciso preciso a lui sull'Etna verso la Segreta.

Gli addetti al cantiere di Vadalà mi guardavano quando Nako mi ha fatto le feste. Uno ha detto: - Lo ha riconosciuto. Gli altri sulla strada Dritta appoggiati alla balaustra sull'incrocio con la Quarta traversa non mi vedono neanche e mangiano brioche. Sono uno che si affaccia e poi scompare. Solo Nino Garibaldi, il parrucchiere mi saluta e offre il caffè. O anche Alfio che finge di essere scemo per non pagare il dazio.

Gonna con le balze

Lei non portava le calze, vestiva una gonna con le balze. Ogni volta parcheggiava lontano una decina di metri. I passi erano come di una danza di avvicinamento per il tango. Le sue gambe scendevano dopo l'apertura dello sportello, sembrava come un angelo vestito da passante.

Da quando aveva abbracciato la libertà i suoi amori erano diversi dal solito. Il senso del possesso e il senso dell'abbandono non sempre avevano un confine nella sua testa. Cercava conferme o smentite dai racconti o dalle esperienze passate dalla gente.

Mi aveva detto che dei nostri incontri poteva farne a meno. Anche di rifiutare di vederci poteva fare a meno. Così ci vedevamo, una volta ogni mille mai. Si parlava per osservare le reazioni dell'altro, il pudore di stringere le mani, in attesa di un colpo di scena.

Qualche volta io mi scioglievo e lei anche nel parlare di noi. Una confidenza e una pacca sul braccio erano troppo. Il patto era: ci vediamo perché siamo amici. Poi se ne tornava indietro da sola verso la collina.

Avrei voluto inseguirla tutte le volte per i tornanti e i muretti di pietra allippati di verde. Invece me ne tornavo a dormire su trispiti di ferro e tavole di legno. Qualcuno mi aveva detto, meglio lasciare le cose intatte per non rovinare il buono che c'è. Mamma, Cicco mi tocca. Toccami Cicco che la mamma non c'è!

- Ciao ragazza, possiamo vederci?
- Che ne dici di domani pomeriggio?
- Fantastico. Allora ci sentiamo domani dopo pranzo. Concordiamo i details. Il tuo terrazzo forse è fiorito.
- Ok, uomo.

- Oggi ho una spina nel cuore. Vorrei rimandare il nostro incontro. Confido nella tua comprensione. In alternativa, nel perdono. Ti bacio.
- Sono io che ti bacio. Fammi sapere se posso fare qualcosa per aiutarti.
- Apprezzo, grazie...

- Ciao reginella. Che ne dici di una grigliata di pesce?
- Ci vediamo la prossima volta. Promesso.

venerdì 13 aprile 2012

Il posto alla luce

Franchetto, Sicilia. In questi giorni arriva la pioggia ad incoraggiare le erbe. Anche la vite ha fatto le sue nuove foglie. Dopo il vento da ponente nel pomeriggio l'ondata di nuvole ha cambiato il verso alle cose. Non c'è freddo o siccità, l'acqua è venuta dal mare Jonio verso il verde dei campi di frumento.

Il fondo della terra è fatto di creta e sembra rosso in qualche punto. L'acqua salmastra sul poggio tiene libero il terreno anche dall'acetazzo, l'erbaccia dal fiore giallo come le senapi. D'estate il nuovo vento riporterà altra terra sui tetti e la prossima pioggia lo impasterà alle pareti e alle porte. Così che tutto prenderà la stessa salsa e sapore.

Non ho niente da fare aspettando Angelo, il custode delle mie terre. La terra bagnata impedirà per qualche ora di lavorare alle ruote dei trattori che si impastano tra il fango. Potrei fare due passi e sgranchire la schiena. Stanotte ho dormito su un lato con la faccia sporca da due giorni dei baci e abbracci di Beatrice, la mia migliore nipote di sette anni.

Mi sono steso sull'erba vicino il cipresso e dopo l'eucalipto. Le ho chiesto di contare fino a 99 e poi di svegliarmi perché ne avevo bisogno. Per due volte lo ha fatto, così ha detto poi, mentre ballava sulla mia pancia. Ha corso e calciato la palla. Ha detto: "Zio, secondo me Valerica è una ragazza in gamba." Su un foglio ritagliato come un abete ha scritto: "Nonno guarisci presto."

Dopo il restauro nelle buone annate la chiesa del Cristo Re con le sue tre finestre per lato si è colorato di giallo. E' arrivata una gazza a cercare la serpe che si nasconde dietro al muretto del pozzo. Questa mattina la foschia ha preso il posto del verde di fronte per mezz'ora. Ora il rumore degli aerei lascia il posto alla luce del sole.

sabato 31 marzo 2012

Writing on the wall

la casa di mia madre aveva una cucina a legna
con dei cerchi di ferro per lasciare spazio alla pentola
il fuoco era acceso con rami di ulivo o di arancio
per giocare mi davano giornali con attrici in bianco e nero

non sapevo leggere o scrivere quando avevo due anni
stavo in piedi davanti al muro mentre intorno qualcuno cantava
la radio a valvole di nonno Pietro aveva anche il giradischi
un cane ascoltava il suono della voce del padrone

nonna Lucia era a letto in quei giorni e sentivo i lamenti
prendevo dei pezzi di carbonella e facevo dei segni sul muro bianco
finché il muro è diventato pieno di linee rette e di nuvole nere
sono caduto sull'intaglio della porta e il medico mi ha cucito la fronte con una croce

venerdì 30 marzo 2012

Smùkiti l'occhi

Parigi Louvre. In via delle Piramidi dopo il bistrot catalano sono entrato nell'hotel perché i miei poveri piedi non si erano più fermati. La pakistana-affaghistana della portineria ha ammesso subito: - Voulez-la voir avant de decider? Era l'ultimo posto libero, non era neanche una stanza. Per darsi un tono i francesi, che dicono "avec son coulis" parlando della salsa dell'arrosto di bue, mi hanno venduto come "studio" la topaia messa a nuovo per gli ultimi clienti.

Il ragazzo dello Sri Lanka, addetto ai codici, sblocca la porta di accesso dal quinto piano alle scale a chiocciola verso il settimo. Ho perso tre chili in un mese per la dieta dell'angelo delle Terme e passo facile nella strettoia. La stanza a due finestrelle ha almeno la moquette nuova sul blu, il letto dalla scorcia dura e le noccioline tostate nel barattolo di vetro. Invece il bagno lastricato di marmo riporta un lavabo largo 12 centimetri e un sensore elettronico per la ventola permanente dell'aria.

Nel complesso la topaia di colore bianco e blu è silenziosa, la Rue verso piazza Vendome ha i suoi appartamenti eleganti per i privati e i molti uffici. Dal bagno il fruscio della ventola è smorzato dalle ante che si chiudono a libro. Qui in cima a livello dei comignoli si capisce che una sola mano ha deciso di colorare di bianco gesso tutte le facciate e di grigio lamellato i tetti. Le tende sono colorate ma solo di arancione.

Per la sera potrei fare ancora un giro verso le vere piramidi di vetro davanti ai musei ma adesso ho sonno. Il frigo bar spruzza in giro i fumi velenosi del suo motorino, le due porte sono chiuse. Una, però, ha un nastrino sulla chiave e sembra diversa da quella principale. La apro e si sente l'odore di un appartamento vicino con le sue bottiglie di acqua minerale.

L'hotel è collegato con il palazzo a fianco attraverso questa porta di ferro spesso e la lascio aperta. Dall'abbaino del corridoio, tra i calcinacci, entra un'altra aria. C'è un bagno aperto e delle scarpe da donna davanti alla porta, mezzi stivaletti di colore di cuoio e scarpe sportive dai lacci lunghi.

Nella notte dormo su un lato e il braccio si paralizza. Mi sveglio verso le sei, chissà come è finita la partita del Marsiglia. Il Bayer Monaco vinceva uno a zero dopo il primo tempo. Sento dei rumori di passi e bottiglie di plastica schiacciate nel sacchetto. Faccio per chiedere chi è che bussa. In giro per le scale non c'è più nessuno. La mia testa fa male, gli occhi lacrimano e forse qualcuno è entrato a vedere se avevo una valigia di lingotti d'oro.

mercoledì 21 marzo 2012

Kamut a fare

Avevi il profilo di una regina da stampare su moneta, gli occhi scuri a forma di mandorla protetti dalla fronte. Dai polsi sottili agitavi le dita ad indicare qualcosa nell'aria. E le labbra si muovevano per dire le tue parole ad una ad una e non sbagliare.

Ti penso mentre guardo la gente di tutti i marchi e pelature stesa sui sedili dove chiunque si siede. Luci sconnesse dai vetri passano sui marciapiedi del metro. Il formicaio di gente guarda nel vuoto silenzioso tranne la signora uscita brilla dall'aperitivo, che dice alla figlia parole amare.

La ragazza con il grembiule bianco e i capelli raccolti dietro la nuca si ricordava di me. Un'altra più piccola ha parlato degli ingredienti dei piatti. Un paio di gamberi in pastella e una salsa arancione attorno sullo sfondo bianco come fosse l'involtino primavera.

Una sera d'estate ci siamo seduti in cima alle scalinate di pietre verso il campanile del santo. Potevo baciarti e abbracciarti con la scusa che era freddo. Ma la gonna bianca a fiori e le scarpe dal tacco alto sono volati via. Per cadere davanti agli occhi come al rallentatore di battiti del cuore.

Guardo le tue immagini e tu mi scrivi. Resta da stabilire chi dei due ha principiato il pensiero. Ma anche no. Credo di avere la febbre. Passerà. O passerò.

lunedì 5 marzo 2012

Storia dei pelosi

Dopo il tanto parlarsi due persone si incontrano senza conoscersi. In una sera d'estate tra le coppie a passeggio nel lungomare, in una casa vuota sospesa nel vuoto. Con un gatto grigio in un angolo a pensare. Mentre l'altro nero guarda le teste dei vicini dal balcone. Che puntava dall'alto una città sul mare. E le sue luci basse del porto intorno.

Non era come pensavo, era più alta del previsto e le sue mani stringevano come tenaglie, eppure ci siamo amati. Dal collo scoperto e arrossato dal sudore usciva una grande testa e dei capelli mossi e corti. Anche il suo sterno era umido per l'affanno della mente e del cuore. Portava alla bocca una sigaretta accesa per la tensione da sbollire. E dopo una serie di baci restavano dei segni sulle panchine di pietra bianca. 

Dal lato storto della bocca il fumo usciva come cacciato dallo stantuffo di un treno a vapore. Una parte restava dentro, invece, come inghiottito nel nulla. Gli occhi dicevano qualcosa come: - Non toccarmi, potrei farti del male! Lei aveva 35 anni, portava i pantaloni alla zuava e le scarpe basse. Lui aveva gli stessi anni di dieci anni prima e trascinava per l'asfalto sotto una palma un sacco con le rotelle.
- Dove mi porti adesso?
- Dove vuoi.
- Adesso ti fermi in questa piazzola, devo abbracciarti.

giovedì 1 marzo 2012

Ossa dei morti

Nel cimitero del paese gli addetti alle tombe aspettano i familiari dei morti. Per fare spazio sul terreno i vecchi morti vanno spostati nei loculi dove occupano il posto di un pacchetto di zucchero nello scaffale.
They’ll stone you and then say you are brave/ They’ll stone you when you are set down in your grave.

Un uomo dell'est con la tuta bianca scava nella fossa e tira fuori delle ossa, una dentiera e le calze di naylon. Dopo qualche tempo il cadavere deve essere esumato. Non si sa ancora se dopo dodici anni c'è qualcosa di umido. Dalle calze escono dei pezzi di ossa ma vanno prima lacerate. Un tipo con la pala meccanica sposta la terra da una parte, un altro prepara dei moduli da firmare.

La cosa più ossuta che abbiamo è il cranio, dopo il teschio vengono come dei bastoni le ossa delle gambe, infine resta qualche osso ricurvo del costato. Vicino a una pala da giardino in un angolo è rimasta la targhetta con il nome e le date di nascita e di morte. Vincenzina avrebbe compiuto gli anni dopo otto giorni se non fosse mancata in una camera di ospedale. L'addetto ai cimiteri sale sulle scale e rompe i mattoni della tomba di un' altra. Dice - Vi dispiace se fumo?

Ieri a pranzo mangiavo delle ostriche ma una collega un pò gonfia ha detto: - Lo sai che è morto Giovanni? In due giorni se n'è andato per un aneurisma. Oggi anche il cantante di Bologna in tournée è rimasto senza fiato. Gli amici andranno ai funerali, anche quelli che non sono amici. Lucio ha fatto a Sanremo Paf Bum una strana canzone quando la tv spenta sembrava un uovo sodo.

Mi sono seduto su una tomba di granito rosso dando le spalle alla foto di una signora coi riccioli. Ero stanco di stare in piedi a guardare un uomo che chiude altre tombe. La sua sigaretta aveva fatto la cenere, e la cenere non cadeva ancora. In un altro posto a fianco i fiori falsi erano nei vasetti. Invece i ciclamini, detti anche giocolamini parlando in italiano, si erano gelati e sembravano come una parrucca dismessa dopo la scena.


martedì 28 febbraio 2012

Sopra il supermarket

Lei viveva sopra un supermarket con una luce rossa da abat jour dietro la tenda rossa. Aveva parlato di una doccia da fare in tre con la sua amica Stefy. Due al prezzo di uno, aveva detto. Così lasciai perdere la pianista dai capelli lunghi e passai un'ora in macchina ascoltando la radiocronaca della partita. La squadra perdeva ancora una volta. Pensavo, avrò fatto bene a non godermi la ragazza dalle pratiche a base di argilla ventilata solo perché aveva fatto la stuffusa?

Il supermercato era verde, occupava un intero blocco e aveva un solo piano di sopra. Lei scese dalle scale dopo aver detto, adesso arrivo. Pensava che fosse sconveniente farmi entrare subito. Avrei visto le decine di paia di scarpe sulle scale dell'ingresso solo alla fine. Il programma della serata era saltato, Stefy non c'era più. Forse si erano fatte le coccole da sole. Non ci restava altro da fare che una bella passeggiata per vedere il panorama dall'alto delle mura.

Quando è salita in macchina sembrava che avesse la gobba. Eppure la faccia era regolare guardando la foto di profilo. Come è difficile sapere di avere a che fare con una gobba quando si pensa a una fantastica ragazza che ti massaggia nella doccia. Ma dopo pochi minuti il suo sorriso sembrava carino e mi raccontava della sua Africa da bambina. Infatti dopo il tour della notte a scopo precauzionale mi propone di salire. Anche perché avevo saltato anche il pranzo e così ho proposto di fare due spaghetti.

In pochi minuti il pasto era pronto, la casa era un caravan serraglio dove dormivano ragazzi e una persona anziana fuori di testa. Due televisori accesi facevano compagnia a chiunque arrivasse senza osservarli. La quantità di oggetti sparsi nella stanza e lungo le scale facevano pensare agli zingari del deserto sotto le tende prima della esplosione della bomba H. Dal camino uscivano le punte di zanne di elefanti, statuette di ogni genere e palme di plastica potevano cadere da un momento all'altro dalle mensole.

Mi ero quasi addormentato dopo gli spaghetti al pomodoro. Il tritacarne era sporco, anche lo spremi agrumi gocciolava e le confezioni di plastica del prosciutto erano rimaste semi aperte. Potevo anche andare via ma poi mi sono detto, almeno qui ci sarà un letto. Infatti ci siamo abbracciati come due vecchi amici, lei ha detto qualcosa come per dire, ma è presto per farlo. Io ho detto, perché cosa c'è di male a sentire la pelle della schiena e le ossa sotto i nostri polpastrelli?

Verso le due di notte anche la tv della camera aveva un dvd con un film che andava a ripetizione ad alto volume. Tanto il supermercato era chiuso e nessuno poteva sentirlo tranne noi.. Il letto era di traverso, dagli armadi uscivano pezze e maniche di giacche. Ho cercato di trovare un tasto per spegnere la tv messa su un altarino pendente ma non esistono più i tasti nelle tv. In fondo la sua pelle era gradevole, calda e un pò grassa ma anche pulita e senza deodoranti per le ascelle. Di giorno era impegnata a gestire figli, appartamenti e per tenersi su beveva solo Coca cola Zero dopo un dosaggio che l'aveva portata sul limite dell'infarto.

Ho dormito quel tanto che bastava dopo la solite cose. Ma il dialogo e gli spari del film mi hanno svegliato. Lei era riversa da un lato. Tutte le luci dei ripostigli e dei secondi bagni erano rimaste accese a casaccio. Ho preso le mie scarpe e imboccato le scale dando un calcio alla tv dell'ingresso che parlava di crisi economica.

Si erano fatte le cinque di mattina, l'imbocco dell'autostrada era ancora chiuso per lavori. Dopo una mezzora di giri sulla provinciale finalmente i segnali stradali sono ricomparsi. Un intero edificio rosso di tecnologia avanzata era illuminato a giorno nella notte. Ero in mezzo a cinque corsie sulla autostrada, la mia corsa era appena cominciata. Potevo tornare a casa mia o dalla pianista addormentata.

Un fiume passava sotto il ponte dove tante macchine corrono. Come chiunque viaggia o si mette in cammino, le auto aspettano di arrivare e, nel mentre del tempo che passa che poi è la vita, sono come inerti o come morte. Nella dipartita non fanno altro che muoversi ma la distanza non è mai così vicina per apprezzarla davvero. Noi che viaggiamo in realtà siamo assenti dal mondo che cambia, aspettiamo di arrivare per poter vivere finalmente. Nel frattempo la nostra navicella viaggia alla velocità delle altre e dunque è ancora immobile e non parla con nessuno.

Gli alberi si allineavano e poi scomparivano ai bordi della strada. La sera era fresca, qualche pezzo di neve cadeva dal tettuccio, e ormai il peggio era passato. Da quando il gelo aveva lasciato cadere le foglie le mie ginocchia sentivano come un vuoto pneumatico dietro la rotula. Mi capitava di aspettare dei minuti sotto le coperte con le dita congelate prima di addormentarmi.

martedì 21 febbraio 2012

A Zivittula

Di gente in gente andrò di bocca in bocca ad annusare
la strada davanti agli alberi e la neve nell'asfalto
come il pirata con la faccia d'angelo
sto correndo ancora nella direzione di un altro
ora sulla tua sedia dalla pelle rossa
o sotto i pesci che ruotano appesi al tetto

giovedì 9 febbraio 2012

Mettere la crema

Lei prende le stampelle, ha una testa piena di capelli a forma di chiodi. Cammina a stento dopo lo scivolone nel parcheggio. La caviglia se n'è andata da una parte e ora deve togliere i ferri dentro il piede. Quando ha deciso di dare una svolta alla sua vita anche il piede è girato e tutti i suoi pretendenti si sono rivolti al cielo per chiedere perdono. Aveva un fidanzato come marito e il suo fidanzato aveva una moglie per contorno.

- se penso che tra un pò devo uscire per andare a fisioterapia ...
- oh no!
- dovrò fare anche la visita con il fisiatra
- ah, cioè vai adesso ed esci alle 16?
- no, uscirò verso le 13.45, ho la seduta in piscina alle 14.30, poi doccia e rivestirsi... sono abbastanza lenta in questo periodo...

D'estate andava a prendere il sole nella spiaggia davanti alla villa di papà. La madre giocava a carte con la zia fino a tardi sotto la luna. Fino a che una sera è arrivato verso mezzanotte il suo nuovo amico, si è seduto al tavolo guardando al mare e sembrava che tutto il mondo intorno e le siepi le avesse piantate lui. Tanto che diceva alla madre: "Chi è stato a potare quest'albero, ha lasciato tutti i rami interi. Domani ci penso io!"

- ma scusa vieni verso di me alle 13 e poi ti accompagno io
- due stampelle, la borsa della piscina e la neve ghiacciata...
- avresti bisogno di sei barellieri, una portantina come Cleopatra
- non è che giri ancora in bici?
- si, ogni tanto si

La stanza aveva una finestra sul mare e dei pavimenti con le piastrelle a marmetta. Tutto sembrava preso da un rigattiere e portato a spezzoni in quella casa delle vacanze in tanti anni di lavoro nel continente. Le sedie di plastica rovinavano il mobile di legno ma durante la notte i due si erano abbracciati e accarezzati tra le lenzuola pulite e colorate di pastello. "Resta anche domani, però!" aveva detto lei.

- take care of yourself, baby, non è così che mi ricordo di te, ma certo stare lontano da me non può che aver peggiorato le cose ...
- quello che posso fare è mettere la crema sul viso o anche sul dorso delle mani
- tu non sarai mai vecchio, amico mio, crema o non crema

Musky profumava di lucido per il legno di mogano forse per la tintura dei capelli. Lui non aveva fatto neanche la doccia e forse aveva addosso l'odore della scorza di mandorla. La mattina dopo, per la fame, si era mangiato tutti i fichi neri appesi all'albero. A piedi nudi andò verso la scala dei turchi, un teatro bianco davanti alle coste africane, poi fece una corsa e tornò indietro da lei.

-ok, ciao, ti abbraccio e ti bacio nei limiti del possibile
- alla radio ..."nothing is real but love"... niente limiti, niente impossibile
- ciao gioia
- buona giornata
- love minus zero/no limit

mercoledì 1 febbraio 2012

Ricalca i segni dei fiori

Una finestra a vetri nella camera ricalca i segni dei fiori. E' un separé di legno verniciato bianco con una mensola per i bicchieri e i piattini del thè, uno spazio riservato al piano cottura. Protegge dallo sguardo i biscotti sotto il coperchio, il pane fatto in casa e gli arnesi della cucina.

Dietro la tenda di canapa si accendono in un albero delle piccole luci. Il pianoforte dovrebbe essere accordato ma il tempo per organizzare non c'è mai. Tiene sul grembo un fascicolo di standard del jazz e le partiture di Busoni per le musiche di Bach. Un libro si è aperto e un portacenere verso il centro del ripiano lucido.

Mi siedo vicino come fosse un bicchiere di cristallo, per sentire il calore senza guardare negli occhi. Lei apre le braccia intorno allo schienale del divano, la pelle nera con la trapunta. Muove le dita in una tazza di vetro scuro, prende un'albicocca e apre la mia bocca.

Faccio per distrarmi sotto una ruota che dondola dal tetto, una lampada di ferro con una ghirlanda di alloro intrecciata. La coroncina di fiori bianchi pende sulle nostre teste. La abbraccio da dietro quando scosta la tenda, porto le sue spalle verso le mie e lascio il naso in mezzo alla lana. Per chiudere gli occhi e respirare nel blu.

lunedì 23 gennaio 2012

Parasassi

Di mattina piccoli sassi increspano i capelli. La pioggia pesante cade sui tetti da una nuvola alta sopra il vulcano. Apocalisse di un'ora per ricordare le sette disgrazie del popolo.

Cristian dice: - Se apri gli occhi verso l'alto li riempi di polvere. Oggi non si lavora tra gli alberi. Giro per le strade e vedo un'ombrello aperto di uno che cammina.

Gli aranci prendono il colore della cenere, i terrazzi esposti sono diventati neri. Siamo sotto vento e imbarchiamo la cenere raffreddata dal cielo.

Le macchine scendono in città, lavorano negli uffici. I bar servono il caffé ristretto e un bicchiere di plastica con acqua minerale. La polvere sale fino al collo e non vi accorgete di niente.

giovedì 19 gennaio 2012

Piedi scalzi

La guerra era ormai persa, i soldati italiani rimasero scalzi.
Tagliati fuori, dormivano nel palmento dopo la vendemmia.
Il paese in collina aveva strade dritte e abitanti storti.
I soldati cantavano di sera lontani da casa come gli alpini.
Una canzone diceva - Ancora un litro di quel bon!

Erano ragazzi del nord a difendere i confini del mare.
Di giorno sedevano tra il torchio di quercia e le vasche di pietra.
Qualcuno disse di avere freddo e fame, qualcun'altro li aiutò.
Il padre li fece vestire, mangiarono le stesse cose dei suoi figli.
I figli diventarono i nuovi fratelli dei ragazzi venuti a sparare.

Pippa aiutava la madre a tessere le trecce, aveva 13 anni.
La ragazza sentiva un tale Marsiglia e imparò la melodia.
I soldati erano ragazzi padani e parlavano un'altra lingua.
Uno disse, - Siòr Pietro, se lo sapesse mio padre!
un'altro disse, - E' arrivato l'inverno e siamo senza scarpe!

Il padre andò da Giovanni il falegname con un legno di pero.
Fece dei sandali e Carmelo cucì le fette di cuoio.
Al tempo delle arance Pietro chiamò i soldati.
Smisero gli abiti della guerra, indossarono le scarpe nuove
e andarono a raccogliere i frutti del giardino.

lunedì 16 gennaio 2012

Frangie alate

Alle tre di pomeriggio dell'ultimo giorno dell'anno passano nel cielo di Fontanarossa colori a pastello. Tre nuvole rosse a forma di freccia alata puntano verso la pista. Tutto il resto è blu o celeste come lo sfondo delle pale dei Lorenzetti. In giro l'aeroporto è vuoto, vorrei baciare l'asfalto bagnato della pista dopo l'ultimo scalino.

Le bretelle non pesano sulle spalle, il cielo ha disegnato un triplo cuore con delle frangie e il vento di ponente è come una carezza gelata sulla faccia. Mi dice: svegliati, ora ci penso io. Cammino scansando gli urti del gregge che caracolla verso l'uscita. Dentro i vetri, nella sala, un circuito di gomma nera come per automobili trascina valigie e troller solo per me.

Il viaggio corre veloce tra le strade umide e i muretti a secco neri come la pece. Dopo tante curve in salita apro la porta di legno e dalle pareti pende uno stendardo di benvenuto. Una lettera e un disegno per ogni lettera come le tele di Matisse. La banana e poi il resto delle cose, appese in aria a far festa.