giovedì 24 novembre 2016

Pieno di giubilo

Le stanze erano vuote, solo io e lei. E anche silenziose, fino a quando succedeva qualcosa nell'aria della pace degli angeli. Fino a quando non è arrivata Faccia di Luna che dormiva di un sonno pacifico. Nella stessa naca di legno con le barre gabbia di leone dove avevo dormito anche io.

Non si vedeva niente dal corridoio, leggevo i miei giornaletti o infilavo le mani dentro la presa di corrente quando avevo già la febbre a 40. Tempo niente le superfici di ogni stanza lucevano di fresco e di pulito come se fosse un tempio di Damasco. C'erano all'interno pavimenti di marmetta e intoste. Fuori, invece, il portone e le finestre di legno avevavo la pietra bianca e sotto fino a terra i fascioni di pietra lavica bugiardati.

Di mattina presto prendeva a lavare e stendere fuori lenzuola e cammisi. E chiudeva il rubinetto con il suo getto di acqua gelata. Perciò la finiva di zammatiare nella pila o di scaminare e anche di agniutticare le tovaglie. Le sue mani bianche mi passavano sulla fronte, sapevano di sapone Perla ma profumato del profumo della pelle e del corpo.

Ma la casa era piena del suono della sua voce. Il canto si alzava irregolare da dietro la veranda che era di vetro a quadretti con dei supporti di ferro verniciati di un bianco crema. La voce cantava nell'atrio alto quattro metri, per alcuni secondi cercava le parole, poi riprendeva e ripeteva lo stesso motivo. Nel ripeterlo aumentava il volume ed era una specie di melodia nuova. Entrava nelle orecchie come nel cuore perché voleva dire, sono felice di essere qui.

Stirava e cantava Mira il tuo popolo/bella Signora/ che pien di giubilo/oggi ti onora. Qualche volta, saliva sulle scale addosso ai vetri o le tende del salotto anche Tutti mi dicono stella/stella di antico splendor. Ma il suo pezzo forte era Balocchi e profumi per te.