lunedì 23 maggio 2016

Kerosene

Partì per amore verso una piccola città  del Nord e finì per dormire sul pavimento, accanto alla stufa al kerosene senza kerosene. Chi l'aveva ospitato disse che era tutto il meglio che poteva fare in questa sezione di partito piena di volantini e ciclostilati, cioè dei fogli stampati anche sul retro pieni di parole e parole come democrazia e popolare.

Il ragazzo aveva una ventina di anni e portava con sè la macchina fotografica. Scattava una foto al giorno, così da stampare un rullino al mese per lo più in bianco e nero. Portava un giubbotto blu per coprirsi ma senza successo dal ghiaccio dell'inverno. Quando arrivò di mattina presto alla stazione di Genova in transito, fece le scale dell'androne e cercò il centro di Genova senza riuscirci.

Lei, invece, viveva vicino al carcere circondariale di massima sicurezza, dove avrebbe poi lavorato. Portava i capelli sopra gli occhi, i suoi occhi erano come due grandi uova di quaglia ma di altro colore, come fossero delle castagne lucidissime nella luce del giorno. Sorrideva ed era bella quando sorrideva. Era bella sempre con il suo sorriso.

Per tutto il giorno aspettava di incontrarla in un bar o sotto i portici. Fece a piedi tutto il centro della città parecchie volte fino a che si mise a parlare con un certo Enzo di cui diventò molto amico per coincidenza. In realtà era venuto per lei ma lei non c'era quasi mai. Enzo gli scrisse una lettera e poi un'altra ancora. Si parlava di politica e di attività culturali e di quanto fosse impossibile vivere in un piccolo paese,

Lei aveva un'amica che incontrava a delle riunioni di partito. L'amico di lui si era innamorato dell'amica di lei e perciò una volta si erano trovati insieme a viaggiare. Quella volta andarono in un dormitorio pubblico dove presero un letto insieme tra la gente povera della zona che veniva ospitata per la notte. C'era un odore di scarpe e calzini sporchi, c'era un gran calore però. Mentre fuori cadeva la neve.

Lui spese tanti soldi in gettoni del telefono quell'anno e in biglietti del treno. Riceveva e spediva lettere d'amore, sperava di portarla in un posto dove avrebbero ascoltato la loro musica preferita e si sarebbero baciati per un'infinità di volte. Perse anche tanto tempo ma pensava di aver trovato la felicità.

Quando partì l'ultima volta per il Nord era di maggio e la tv parlava del Giro ciclistico di Italia. Fece a piedi ancora una volta tutto il paese verso la periferia questa volta. Rimase per tanti giorni in quella città finché lei apparve con una gonna a fiori e andarono a passeggiare tra i campi. Le fece una foto e la ingrandì. Cercò di riempire il vuoto del suo cuore ma si dimenticò dei suoi doveri verso tutto il resto. 

Quella ragazza non era con lui ma solo su un pezzo di carta da lettera. Infatti poi scomparve nel nulla e restò solo un ricordo. Era bello sentirsi chiamare in un certo modo, era stato bello. Una volta lui guardò fuori dal finestrino del treno, c'era solo neve e nebbia. Poi era sceso verso un fiume da un ponte e il fiume era ghiacciato. Scattò delle foto in bianco e nero a una vecchia in sala di aspetto della stazione. La vecchia lo guardò e lui fece un paio di foto. Sentì di essere un povero ragazzo, ma era libero di scattare tutte le foto che voleva.

domenica 22 maggio 2016

Cura del freddo

Una sera d'inverno arrivò un ragazzo. Aveva il fisico di un astronauta in formato ridotto, soffiava con un lato della bocca sui capelli per spostarli dagli occhi. Che sei venuto a fare a Roma? Faccio dei quadri ma sono specializzato in massaggi terapeutici, sai cos'è lo Shatzu? Non aveva idea di dove andare e nel giro di poco si trasferì in una stanza piccola ma riscaldata. Diceva di chiamarsi Nicola, pittore. Ma dopo qualche giorno disse che era esperto anche di crio terapia, la terapia del freddo, e che studiava in psico stregonerie.

Fece un disegno e poi un altro ancora in bianco e nero. Prendeva le mie foto e faceva degli schizzi con un carboncino. Per qualche tempo ci siamo piaciuti, finché una mattina disse di aver trovato casa e lavoro. Fece un disegno del mio profilo vicino a un altro profilo. La mia stanza era piena di colori e pennelli, c'era aria di pastello e di rivelazioni dopo l'aria della rivoluzione.

Nelle piazze e nelle strade i cortei di operai e impiegati contro il blocco della scala mobile, i funerali di Enrico il capo del partito dei lavoratori. La sera prendevamo il gelato alla Industria del Gelato di Piazza Vittorio, ancora ho un cucchiaino di argento massiccio dalla forma rotonda. Stava cercando qualcosa che avevo cominciato a cercare qualche anno prima, perciò davo una mano a lui ma anche a me.

Quando il pittore voleva qualcosa la voleva subito. Intuiva e parlava la mia lingua della strada e dei ragazzi di strada, lo stesso modo di guardare dentro certe cose. Ci siamo piaciuti e poi ci siamo persi, chissà bene perché. Era un momento delle nostre vite, era la nostra vita in un istante rubato. Con un nome così è difficile scordarlo, anche perché mi deve un quadro con trapezista che vola verso un altro trapezista.