lunedì 21 dicembre 2015

Giocattoli

I regali li trovo utili per un giorno, li smonto e rompo e poi li restauro per sempre. Lo stesso per le cose nuove acquistate come le auto, i telefoni o gli apparecchi che si possono aprire per vederci dentro.

Le creazioni, invece, vanno avanti per decenni, all'inizio sembrano quasi fatte ma incomplete. A lungo restano monche e scheggiate. Quando alla fine sono perfette le abbandono. E qualcuno le apprezza al posto mio.

Devo passare dall'ansia della scoperta al piacere di scartare la confezione. Devo fare tante cose. Devo anche capire perché il respiro si è fatto più pesante. E perché non sento più gli stessi odori dalle stesse cose.

Falso pepe

Ho trovato un fossile di conchiglia, un guscio di perla come l'insegna di un benzinaio Shell. Ha una certa dimensione e le righe a raggiera lasciano solchi profondi a forma di archetto. Segno che il deserto avanza lentamente su questa zolla di Africa, un vecchio posto di mare vicino al vulcano dell'Etna che ha lasciato ferro, calcare e bocche di acqua salata. 

La terra si fa creta quando le pietre passano via. Se resta arida ogni giorno diventa più tagliente come carta vetrata, dura come il cemento. Se la terra è zuppa di acqua, invece, si fa come una melma fangosa, come sabbie mobili dove affondano le scarpe e i paletti di legno per le piantine. C'è voluto un cavo di acciaio per tirarmi fuori da tutto questo quando le ruote si sono messe a girare a vuoto.

Il nuovo albero di falso pepe dovrebbe dare ombra a macchine e trattori, forse al rimorchio, la carriola e biciclette. Il piccolo stelo dista nove piccoli passi dal mandorlo che non vuole saperne di perdere le foglie. Più sotto l'alloro e poi la falsa mimosa, oltre il cipresso. Potremmo dire che la fazenda comincia a prendere forma, il suo nome potrebbe essere Bike Blues Cafe. Ma è ancora presto, mancano tante cose. Mancano le oche, un agnello, una capretta e un gatto sul ramo.

Dopo la creazione mi sono fermato a contemplare e ho detto è cosa buona, ora ci vuole qualcuno a formare la band, a guidare la zattera sul mare. Ci ha pensato la mia piccola di 10 anni a fare una vela con il telo celeste di stampo zingaresco. Prima ha fatto un nodo, lo ha attaccato alla porta di legno stesa sui trespoli, è salita sopra e si è fatta portare. Accanto i tre cuccioli messi in una cassetta di frutta, due bianchi e uno nero come il carbone.

Un pettirosso viene a trovarmi mattina e sera. Ho cominciato a parlarmi da solo. Non sento ancora le voci di qualcuno intorno che poi non c'è. Sono io che parlo come se fosse un amico o un collega di lavoro. Va finire che rumino i pensieri come le noccioline tra i denti. Mi dico di dare una risposta alle urgenze, dai allora prendi una decisione e chiudi. Come quando devi chiudere il fazzoletto lasciato libero dai solchi di un aratro.

Faccio una riunione con me stesso e decido che è ora di smetterla, basta rinviare e portare la croce. Discutiamone tra noi. Non pensi che dovresti farlo. Se ci fosse qualcuno penserei a cosa sta pensando della situazione. Gli parlerei senza parlargli dei soprannomi di famiglia, di cosa vuol dire Don Pietro il Rizzo o il Frisingo. Il raccolto andrà bene? Il tempo deve dirlo.

sabato 19 dicembre 2015

Trimmie is gone

Adesso Trimmie è un cumulo di ossa e di polmoni e di cuore carbonizzati sparsi nel terreno dietro il cumulo di legname. Prima correva, pareva dicesse Ora sono signorina! Prima bianca e poi giallo foglia cadente sulla schiena. Trimmie aveva le ciglie dorate e gli occhi buoni e bellissimi. 

Trimmie si chiamava così perché da piccola tremava. Le era anche cresciuta una noce di grasso vicino l'orecchio, per tanto tempo era troppo magra. Ma poi si era rifatta grande e muscolosa. Si era adattata al regime, abbaiava e correva dietro a ogni cosa. Rubava il formaggio e lo sgombro sulla tavola di legno della cucina. Inghiottiva le cose per intero senza masticare, per la fretta di essere scacciata dalla madre o dai fratelli.

Trimmie era nata nel marzo del 2014. Ieri l'altro ha inseguito il trattore nella salita prima della curva, una macchina in senso contrario l'ha presa in pieno tanto che è perfino saltata la mascherina. Nino il grillaio era furente perché è diabetico da tempo e non ci vede neanche tanto bene. L'aveva presa di mira da un pò di tempo. Poteva fermarsi con il suo gommato alto tre metri e mezzo e invece ha accelerato, così tutti e due gli sono corse dietro di gran carriera. 

Tante volte Zorika e Trimmie hanno inseguito auto e trattori e camion e biciclette. Lo so che è pericoloso e le tenevo legate spesso. Stavolta non ho fatto in tempo. Stavolta sono scappate e io dietro a loro. Dopo il botto ho maledetto quel bastardo e lui voleva denunciarmi a non so chi. Ho trascinato Trimmie sulla terra togliendola dall'asfalto. Sanguinava dalla bocca e non respirava quasi, aveva la lingua schiacciata su un lato ed era ancora calda quando ha finito di muoversi per sempre.

La macchina si è fermata e per un pò ha aspettato, poi per paura di qualcosa se ne sono andati, mentre il grillaio voleva seguirli a piedi ma il suo trattore era rimasto sulla strada. Dopo dieci minuti era tutto finito. Zorika mi ha leccato il sangue di Trimmie sulla manica e poi ha preso un pezzo di osso e lo ha sepolto sotto un piccolo albero ulivo. Un altro pezzo lo ha portato giù a ponente verso il lavinaio, prima però si è guardata intorno ed ha detto qualcosa verso la casa del grillaio.

giovedì 17 dicembre 2015

Jona, Unghefer & Giabbaluffo

Il problema è questo. Entrano in casa e la riducono in una latrina. I cuccioli di cane producono una quantità insospettata di rifiuti organici. Al punto che una parte si potrebbe riciclarli in concime compostato. E perciò in un angoletto del giardino ho pensato di erigere una specie di Ara di Giove dove bruciare gli incensi di sera nel pomeriggio. Quando il vento si è placato e la girandola si ferma.

Ora sono in tre i nuovi pargoli di Zorika, nati il 25 ottobre 2015. Perciò occhio al prossimo 25 aprile quando ricominciano le perdite di sangue e il ciclo della vita riporta al desiderio di accoppiamento implacabile della femmina. Il maschio invece è sempre disponibile, guai sennò. Questa volta sono due maschi e una femmina. 

Per una questione pratica Zorika, nera lucida dagli occhi ramati, si è accoppiata con il vicino maremmano bianco, pastore delle pecore di Alfio La Rosa sulla collina verso nord. L'unico nero è maschio, Unghefer. Grasso come un orso, lotta con l'altro maschio dal pelo bianco e fitto di nome Giabbaluffo, per la proprietà di un qualche cosa tirato per i denti. La femmina bianca, più piccola e quasi beige, invece si chiama Yona.

Li ha generati il baldo Obregon, giovane e valoroso ma anche taciturno, un esemplare che governa il gregge orientato verso le terre di Franchetto e Monte San Giovanni. Obregon lascia in giro le sue tracce e la sera viene a salutare tutti. Zorika e Trimmie, madre e figlia, lo inseguono fino al confine. Non dovrebbe oltrepassarlo, ma invano. Perciò, passata la lotta verbale e le rimostranze di tutti i legittimi controllori del territorio della masseria, i cinque componenti della famiglia si addormentano.

A volte il generatore di cuccioli si lascia cadere in disparte verso il confine del poggio. Da lì può controllare i movimenti del suo gregge e visionare le eventuali minacce. Non abbaia mai o quasi. Mostra i denti solo se Zorika gli morde il collo e si avvicina troppo. E' giovane e ogni tanto vorrebbe tirare anche lui un calcio al pallone.

I tre fratelli dormono uno sull'altro per sentirsi al caldo. Da qualche tempo hanno scoperto la bontà di alcuni legumi proteici e ne fanno incetta insieme a latte a lunga conservazione, ricotta, pane e sopratutto ossa di bovini e pollami macellati per il supermarket e poi lasciati fuori nel parcheggio delle auto. Le scatole di cartone ripiene di frattaglie sono riservate ai clienti possessori di orde di affamati insaziabili a quattro zampe.

Il sole di dicembre scalda la mattina, il terreno seminato a grano e rullato sembra un grande tavolo di biliardo marrone. Tutta la band dei Zoticones si porta verso la zona del prato erboso dove ormai crescono fichidindia, alloro, arancio, gelsomino e nespolo ben confusi e senza un'ordine preciso. Ora che tutta la terra è inseminata, non resta che piantare ancora qualche altro albero come il falso pepe, l'abete esotico e un pò di altri ulivi. 

Al momento ho preso alcuni del tipo Giarraffa, Moresca, Uovo di Modica e Nocellare dell'Etna. Ci vorranno altri 15 anni perchè comincino a fare olio ma non importa questo particolare. Sono povero di soldi in contanti e ricco di cose intorno, questo mi importa ora e anche allora. Quando vestivo di camicia bianca tutti i giorni e guardavo negli occhi scuri di una moltitudine di uomini ammassati ad aspettare la fine della giornata.

Tutto quello che ho fatto non l'ho fatto per ferire qualcuno. C'è gente che mi vuole baciare per vendere noccioline americane, altri mi baciano portando sacchi di cicoria selvatica che dicono che sanno che mi piace. Altri mi compatiscono per le scelte biologiche, c'è chi mi ripete quello che dovrei fare con le terre da seminare a vizza o a frumento. Uno mi racconta di come è contrario alle unioni con donne separate e con figli, della disperazione della madre che ne potrebbe morire.

Ho portato mio padre a morire nel suo ultimo letto lontano da casa. Mia madre vuole che dorma con lei, nel posto di mio padre. Io, invece, dormo da solo girato su un lato fino all'alba. Mia nipote vuole che giochi con lei a pallone, a mercante in fiera e a scopone scientifico. Ma non sa le regole, si vince un solo punto quando fai la primiera di sette.