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Falso pepe

Ho trovato un fossile di conchiglia, un guscio di perla come l'insegna di un benzinaio Shell. Ha una certa dimensione e le righe a raggiera lasciano solchi profondi a forma di archetto. Segno che il deserto avanza lentamente su questa zolla di Africa, un vecchio posto di mare vicino al vulcano dell'Etna che ha lasciato ferro, calcare e bocche di acqua salata. 

La terra si fa creta quando le pietre passano via. Se resta arida ogni giorno diventa più tagliente come carta vetrata, dura come il cemento. Se la terra è zuppa di acqua, invece, si fa come una melma fangosa, come sabbie mobili dove affondano le scarpe e i paletti di legno per le piantine. C'è voluto un cavo di acciaio per tirarmi fuori da tutto questo quando le ruote si sono messe a girare a vuoto.

Il nuovo albero di falso pepe dovrebbe dare ombra a macchine e trattori, forse al rimorchio, la carriola e biciclette. Il piccolo stelo dista nove piccoli passi dal mandorlo che non vuole saperne di perdere le foglie. Più sotto l'alloro e poi la falsa mimosa, oltre il cipresso. Potremmo dire che la fazenda comincia a prendere forma, il suo nome potrebbe essere Bike Blues Cafe. Ma è ancora presto, mancano tante cose. Mancano le oche, un agnello, una capretta e un gatto sul ramo.

Dopo la creazione mi sono fermato a contemplare e ho detto è cosa buona, ora ci vuole qualcuno a formare la band, a guidare la zattera sul mare. Ci ha pensato la mia piccola di 10 anni a fare una vela con il telo celeste di stampo zingaresco. Prima ha fatto un nodo, lo ha attaccato alla porta di legno stesa sui trespoli, è salita sopra e si è fatta portare. Accanto i tre cuccioli messi in una cassetta di frutta, due bianchi e uno nero come il carbone.

Un pettirosso viene a trovarmi mattina e sera. Ho cominciato a parlarmi da solo. Non sento ancora le voci di qualcuno intorno che poi non c'è. Sono io che parlo come se fosse un amico o un collega di lavoro. Va finire che rumino i pensieri come le noccioline tra i denti. Mi dico di dare una risposta alle urgenze, dai allora prendi una decisione e chiudi. Come quando devi chiudere il fazzoletto lasciato libero dai solchi di un aratro.

Faccio una riunione con me stesso e decido che è ora di smetterla, basta rinviare e portare la croce. Discutiamone tra noi. Non pensi che dovresti farlo. Se ci fosse qualcuno penserei a cosa sta pensando della situazione. Gli parlerei senza parlargli dei soprannomi di famiglia, di cosa vuol dire Don Pietro il Rizzo o il Frisingo. Il raccolto andrà bene? Il tempo deve dirlo.

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