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Piedi scalzi

La guerra era ormai persa, i soldati italiani rimasero scalzi.
Tagliati fuori, dormivano nel palmento dopo la vendemmia.
Il paese in collina aveva strade dritte e abitanti storti.
I soldati cantavano di sera lontani da casa come gli alpini.
Una canzone diceva - Ancora un litro di quel bon!

Erano ragazzi del nord a difendere i confini del mare.
Di giorno sedevano tra il torchio di quercia e le vasche di pietra.
Qualcuno disse di avere freddo e fame, qualcun'altro li aiutò.
Il padre li fece vestire, mangiarono le stesse cose dei suoi figli.
I figli diventarono i nuovi fratelli dei ragazzi venuti a sparare.

Pippa aiutava la madre a tessere le trecce, aveva 13 anni.
La ragazza sentiva un tale Marsiglia e imparò la melodia.
I soldati erano ragazzi padani e parlavano un'altra lingua.
Uno disse, - Siòr Pietro, se lo sapesse mio padre!
un'altro disse, - E' arrivato l'inverno e siamo senza scarpe!

Il padre andò da Giovanni il falegname con un legno di pero.
Fece dei sandali e Carmelo cucì le fette di cuoio.
Al tempo delle arance Pietro chiamò i soldati.
Smisero gli abiti della guerra, indossarono le scarpe nuove
e andarono a raccogliere i frutti del giardino.

Commenti

  1. Leggendo,...immediatamente, il mio pensiero è volato..indietro nel tempo, anche se fisicamente non c'ero ancora negli anni della guerra. La sensazione è di una nostalgia della gente di allora. Esisteva ancora un Credo, esisteva ancora il Rispetto e la Coscienza di ognuno, esisteva ancora la Fratellanza e il senso Patriottico. Era pur sempre una guerra, ma la Dignità di ognuno non era paragonabile a quella che purtroppo ai tempi nostri non si respira più. Oggi non s'impara più nessuna melodia, oggi non si muore più né di fame né di sete, si muore dell'indifferenza della gente e delle istituzioni. Le Emozioni sono solo per pochi, per coloro che hanno ancora la capacità di andare oltre con la mente e soprattutto con il cuore.

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    1. condivido il commento... non servono altre parole...Ma nella mente i ricordi di chi e' passato nella nostra vita raccontandoci un po' di questa storia!

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  2. Ma no. Le emozioni sono per tutti: come fai a negare che ogni essere umano abbia emozioni, anche forti? Non è che, perché non tutti ci vengono a dire quello che provano, questo significhi che non abbiano emozioni, princpi, ideali, passioni, il diritto che queste siano riconosciute (e rispettate), e una storia più o meno individuale, più o meno familiare, in base al tipo di cultura e alle convinzioni.
    Ci sono anche perversioni, per carità, o degenerazioni momentanee, periodiche o costanti di quelle che normalmente consideriamo emozioni "normali". Così come esistono atteggiamenti superficiali, anche questo è vero. Ma continuo, e di certo sbaglio, a credere nella essenza profonda dell'essere umano.
    Penso che ognuno di noi abbia un modo diverso - più o meno profondo, più o meno sofferto, più o meno introspettivo, più o meno sfumato e più o meno grezzo - di sentirle, e di esprimerle, quelle cose.
    Talvolta osservare ed entrare in relazione con le persone riserva grandi sorprese: innanzitutto arricchisce, permette di avere una visione più articolata, un panorama più ampio dell'umana natura.
    Che, è vero, spesso è deludente: specie le volte che non "combina" col nostro modo di essere, o di sentire.
    Ma, chiedo scusa, non so fino a che punto sia legittimo dire che le Emozioni sono solo per pochi: questo - sia detto con cautela - questo sminuire il fatto che anche altri provino emozioni, mi pare che sia dovuto al fatto che in realtà sentiamo davvero sono solo le nostre, di emozioni, e che perciò solo a queste tendiamo a riconoscere dignità di emozione; che quelle che altri vivono magari non le vivono per noi o con noi, cioè, appunto "non combinano"; o che non siamo noi stessi in grado di cogliere quelle altrui neanche quando le abbiamo davanti...

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