Io sono giornalista, in effetti mi pagano perché sono giornalista. Il giornalista è un impiegato che lavora in una redazione dove ci sono un sacco di mancati professori di lettere e di storia oppure sportellisti delle poste e acide & grasse di vario genere. Pensavo di fare il giornalista inviato di guerra o di sport. Invece sono solo il direttore di una newsletter che riporta i risultati di bilancio delle società, i giri di poltrone, a quanto ammonta la cedola del dividendo, perché hanno emesso questa obbligazione, chi è stato radiato dall'albo dei promotori, chi ha truffato ed è scappato alle Cayman coi soldi della cassa. Poi dirigo anche altre testate e testatine sempre dello stesso gruppo. Ogni tanto scrivo roba del tipo, perché investire in Vietnam ora che la crisi è passata?
Faccio informazione utile però. A vent'anni ho lanciato un notiziario alla radio di Belpasso (Catania) e un dibattito dal titolo, Processo al sindaco. Senza patentino sono andato a chiedere come mai l'acqua non arriva nelle case della gente ogni volta che fa caldo. E lui, sprezzante, mi disse in una nuvola di fumo sotto i suoi denti da cavallo gialli e neri: "Mi fa piacere la sua domanda ma non le posso rispondere, giornalista in erba, ah".
Sono a Milano da 20 anni, sembra che si parli di Alcatraz ma non è così, e ho investito nella mia vecchia casa della prateria. Un pezzo di terra come quello dei pionieri con tanti ettari e vento in un posto che si chiama Castel di Judica a Franchetto, vicino Catania dove sono nato. Ogni tanto scappo, perciò, in Sicilia. Come sono scappato a Roma quando ero in Sicilia o come sono scappato a Milano quando ero a Roma.
Mi piacerebbe vivere facendo lo scrittore, questo si. Da qualche tempo ci sto pensando. Ma non mi piace leggere preferisco ascoltare. Forse perché c'è poco di interessante da leggere a portata di mano o forse perché si fa prima a vivere le cose direttamente. Così da un paio di anni scrivo per conto mio quello che mi pare. E tengo una specie di pozzo dove butto dentro gli sbuffi di coscienza. Chissà che un giorno riesca a capire cosa mi è successo in questa vita.
Faccio informazione utile però. A vent'anni ho lanciato un notiziario alla radio di Belpasso (Catania) e un dibattito dal titolo, Processo al sindaco. Senza patentino sono andato a chiedere come mai l'acqua non arriva nelle case della gente ogni volta che fa caldo. E lui, sprezzante, mi disse in una nuvola di fumo sotto i suoi denti da cavallo gialli e neri: "Mi fa piacere la sua domanda ma non le posso rispondere, giornalista in erba, ah".
Sono a Milano da 20 anni, sembra che si parli di Alcatraz ma non è così, e ho investito nella mia vecchia casa della prateria. Un pezzo di terra come quello dei pionieri con tanti ettari e vento in un posto che si chiama Castel di Judica a Franchetto, vicino Catania dove sono nato. Ogni tanto scappo, perciò, in Sicilia. Come sono scappato a Roma quando ero in Sicilia o come sono scappato a Milano quando ero a Roma.
Mi piacerebbe vivere facendo lo scrittore, questo si. Da qualche tempo ci sto pensando. Ma non mi piace leggere preferisco ascoltare. Forse perché c'è poco di interessante da leggere a portata di mano o forse perché si fa prima a vivere le cose direttamente. Così da un paio di anni scrivo per conto mio quello che mi pare. E tengo una specie di pozzo dove butto dentro gli sbuffi di coscienza. Chissà che un giorno riesca a capire cosa mi è successo in questa vita.
Faccio l'agricoltore in Sicilia per via delle terre che mio padre ha accumulato spostando pietre e liberando cm quadrati per seminare il grano. Mi piace molto guardare, e non pensare, i margini della terra di fronte a me. Mi piace tagliare l'erba all'inglese sotto l'eucalipto e piazzarci sotto un tavolo per un caffè e per suonare, da solo o in compagnia, sempre le stesse canzoni di amore e di odio per le ingiustizie.
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