Roma, Porta Pia. Ieri mi hai inviato le foto della tua mostra sui ponti. Oggi mi hai chiesto “non hai niente da dirmi?” Le tue foto le conosco da più di venti anni. Gente di spalle che guarda il mare, ombre sui tetti dei palazzi in costruzione. La prima foto con te dentro, invece, era dentro una cornicetta di argento regalo di matrimonio poggiata su un tondo di merletto. Il tavolo era senza sedie come un altare in un soggiorno di una casa di corso Trieste.
Sono contento della tua mostra, vorrei vederti ma sono qui lontano. Le tue foto sono tristi ma profonde, c'è un sentimento di immanenza e di trascendenza. Ma la tua domanda la leggo anche al di fuori di questo. Perciò voglio anche dirti grazie per quanto mi sei stata vicina e per il tempo che siamo stati vicini e per i tuoi capricci di bambina, la tua risata e i tuoi denti bianchi. Avevi le tue scarpe verde acido e un nasino all'insù quando ci siamo parlati in un tappeto di moquette grigio topo.
Oggi è un giorno di pioggia, prima la neve ha rinfrescato l'aria e quando la respiri senti un flusso di idee che parte dal naso fino alla testa. Alla fine di ogni anno e di ogni estate e di ogni incontro si fanno i bilanci, si capisce la distanza tra te e quelle cose e come quelle cose e quelle labbra si ingrandiscono e si colorano di rosso. Spero che tu stia bene, anch'io sto bene come può stare un cavaliere senza scorta. Grazie per avermi baciato in un giorno di estate sulla sabbia. Ti voglio bene.
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