Milano, palazzo Reale. Ho visto le luci di Peter Greenaway sul Cenacolo di Leonardo. Sulla parete della sala delle Cariatidi l'immagine del volto di San Giovanni si avvicina fino al punto da far volare tutte le tessere di calce e di colore. L'affresco si corrode ma alla fine torna intero ed eterno. Se qualcuno (ma anche qualcosa) mi affascina, per possederla, la trituro, la scompongo fino a vedere tutte le sue parti più intime e poi rimetterle a posto. Faccio lo stesso con le cose. Taglio un'anguria in due grandi parti. La svuoto della polpa e la mangio. Le due coppe vuote della buccia le taglio a pezzetti, via via sempre più piccoli. La poltiglia con il tempo si ricompone (compost) e diventa preziosa o funesta per le piante.
Adesso ho quasi tutto, molto più di sempre. Adesso non devo lavorare per vivere, ho abbastanza. Ho anche una casa solo mia, una terra tutta mia. Prima ero nel traffico e vivevo in quattro metri quadrati, ora ho quattro stanze da 120 metri e un terreno di nove mila metri. Ci sono due cani che corrono, tanti alberi piantati e altrettanti da piantare ancora. Quando avevo la voglia non avevo una lira, adesso ho una lira ma la voglia è passata. No non è passata, ho sempre il senso del dover fare qualcosa per proteggermi aspettando tempi migliori. Invece dovrei semplicemente cercare di fare quello che voglio fare: alzarmi dal letto con un piano per la giornata. Dovrei fare con calma e determinazione quello che è giusto e bello fare. Ma nel frattempo ho dimenticato cosa volevo fare perché l'ho rimandato. Ho sentito di non avere la forza di andare oltre le barriere e le circostanze. Mi sono perso nel groviglio delle rinunce e dei compromessi. Era più urgente la necessità di coprirmi dalle...
All’azione del bambino che deve rompere per carpire l’anima delle cose, frammista al materialismo del tutto si trasforma, nulla si distrugge, preferisco il colpo d’occhio (o d’orecchio, di gusto, di tatto, di naso, di propriocezione – perché i sensi sono almeno 6 e non 5) capace di incenerire la mente e portare e-mozione. Così nel colore che Greenaway disintegra in microesplosioni, pur richiamando il forte degrado dell’opera dovuto alla tecnica usata dallo stesso Leonardo, mi ha colpito la capacità di dare vita, anche solo per un attimo, alla magia delle stelle. Per poi tornare là come prima, come niente fosse accaduto. Mi piacciono questi momenti di eternità in cui dopo lo scompiglio ogni cosa torna al suo posto, da sola. Anche se, nei giorni, inseguo gli sprazzi subitanei delle stelle.
RispondiEliminaP.S. Una piccola prova. Chiudi gli occhi, lì dove sei, e solleva un braccio davanti a te. Poi riportalo lungo il corpo. Con cosa hai avvertito lo spostamento dell’arto nello spazio? E voilà, ecco il sesto sesto, quello della propriocezione, dato dai ricettori presenti nei nostri muscoli e nelle nostre articolazioni. Un sesto senso molto fisico, per nulla telepatico.
La Cena di Leonardo-Greenaway è viva e messa in scena. Il volto del S.Giovanni-Mona Lisa è il volto di una fanciulla bellssima. Che sta scomparendo e che ogni giorno ci racconta quanto tempo è passato e passerà.
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