E' bello sapere che c'è qualcuno che ti aspetta quando torni. Soprattutto è bello pensare che questo qualcuno è come te lo immagini. La curiosità di incontrarti fa a pugni con la certezza che ci sarà comunque una qualche delusione. Però questo non mi impedisce di desiderarlo lo stesso. E' una sfida che mi piace correre. Come quando correvo per un campo dietro a una palla per scartare l'avversario e fare un gol in quella porta. O come quando ho inseguito per ore una ragazza bellissima e poi lasciarla andare quando era vicino a me. O di quella volta che ho passato delle ore a sentire un organo di chiesa per baciare nel buio la prima bocca.
Ieri ho finito il libro di Goliarda Sapienza, L'arte della gioia. Ho pianto come si piange quando si prova il dolore più grande. E' un libro rivelazione per me. C'è dentro lo stesso spirito e la stessa emozione che ho provato tante volte nella vita. Il piacere e il godimento ma anche la separazione e la disperazione. Sono contento che tu lo leggerai. Avremo di che parlare.
Chissà se l’utopico Vannevar Bush, precursore negli anni ’30 degli ipertesti, avrebbe potuto immaginare che sulla rete delle reti si sarebbe consumato il più grande intreccio non di sapere enciclopedico, ma di relazioni umane. Chat, email, community creano una piazza grande quanto il mondo, dove basta un cenno per incontrare chiunque. A colpi di tastiera e di mouse carne, ossa, sangue, piscio, cacca e linfa, tutti i nostri umori nobili e meno nobili, finiscono nel tubo catodico che collega il nostro pc a quello di milioni di altri individui. Ponendoci di fronte non all’esistenzialista vertigine dell’abisso, ma a quella dell’onnipotenza di poter fare e disfare a piacimento i legami che si creano o si rinnovano ad ogni secondo, con una velocità sempre maggiore. E con un consumismo che disintegra in breve ogni nuovo approccio, convinti che da qualche altra parte, appena voltato l’angolo, ci sarà un’occasione migliore. Più bella, intelligente, più adatta a noi. E’ il sogno della perfezione. Che ben si innesta sulla realtà più irreale che esista, quella virtuale. Ma che poi può rivelarsi, in questa grande partita delle sorti che è la vita, il modo più sorprendente per essere colto in flagrante. Tradimenti, abbandoni, rifiuti e preferenze si scoprono prima su Internet che dagli esseri in carne e ossa. Come già sapevano Schnitzler e poi quel grande maestro che è stato Kubrick, in ogni uomo si cela un Fridolin, ansioso di giocare Un doppio sogno. E dove farlo più facilmente che su questa Seconda Vita, dove tutto può ridursi all'illusione e alla prova del buio? Per dopo magari ritornare da un’Albertine. Perché lo si vuole (come Fridolin) o perché non si ha il coraggio di vivere la vita vera? Così può capitare che un blog finisca visto da occhi che non dovevano vedere. O forse, era solo un abbaglio, e ancor più crudele, solo visto da occhi divenuti velocemente indifferenti. D’altronde, se in nome omen, dovrei cantare qualcosa sull’amore che è un uccello ribelle, e ben sapere che è l’attrazione è la più volatile delle sensazioni. Ma forse è proprio questo che non voglio accettare. Sono testarda, lo so. E continuo ad affidarmi non alla rete, ma al caso fortunato.
RispondiEliminaErrata Corrige: sostituire "nel tubo coassiale che collega" con "nei cavi a fibra ottica che collegano".
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