Amo Bob Dylan da quando avevo il mangiacassette. E lo portavo al liceo per far sentire a tutti Storia di un impiegato di De Andrè o Desolation Row tradotta insieme a De Gregori.
Ci sono dei versi di Tamburine man che ancora adesso dicono ogni giorno una cosa nuova e le canzoni sono fatte apposta per essere cantate in diversi istanti della tua vita. Ho sentito la prima volta le sue canzoni in un nastro. La cassetta era rossa e sulla copertina c'era una foto che somigliava a un'altra foto che avevo fatto ai miei capelli per sapere da che parte tirarli senza nascondere la faccia.
Dalle parti di Tulsa, Oklahoma c'era un campo di baseball della seconda divisione e la sera, prima del tramonto, la gente si è stesa sull'erba come a un pic nic. Ha cantato Hollis Brown ma anche Lonesome day blues, ha cantato My back pages con il violino dietro a sostenere il verso Oh but I was so much older then, I'm younger than that now. con la voce meno ubriaca di quanto non fosse nel concerto di Fort Worth, Dallas quando invece insieme a Willie Nelson non reggeva il duetto su I win again nel 2005.
Quando il concerto è finito nel parcheggio dello stadio e dagli sportelli aperti delle Jeep ho sentito le registrazioni pirata di altri concerti di qualche sera prima. E una sera di queste non dormivo quando nel mezzo della notte sono uscito dal motel sulla ferrovia e ho respirato l'aria di fuori.
Andava Homesick blues di Bob tra le basiliche la prima volta che ho baciato la mia ragazza. Così da circa 20 anni se mi capita a tiro vado a sentirlo nei concerti, l'ho visto in cima a una montagna in Austria che cantava con gli occhiali da sole, in una pozzanghera nella pioggia alla periferia di Milano, ma anche nel teatro greco di Taormina quando era già ridotto male.
Una sera a Bologna c'era il Papa davanti mentre faceva le scale con il cappello in mano e dopo qualche passo incerto da trapezista si è rialzato al volo e gli ha stretto le due mani. Una volta d'estate sono andato come gli altri pellegrini dietro alla sua carovana.
Ci sono dei versi di Tamburine man che ancora adesso dicono ogni giorno una cosa nuova e le canzoni sono fatte apposta per essere cantate in diversi istanti della tua vita. Ho sentito la prima volta le sue canzoni in un nastro. La cassetta era rossa e sulla copertina c'era una foto che somigliava a un'altra foto che avevo fatto ai miei capelli per sapere da che parte tirarli senza nascondere la faccia.
Dalle parti di Tulsa, Oklahoma c'era un campo di baseball della seconda divisione e la sera, prima del tramonto, la gente si è stesa sull'erba come a un pic nic. Ha cantato Hollis Brown ma anche Lonesome day blues, ha cantato My back pages con il violino dietro a sostenere il verso Oh but I was so much older then, I'm younger than that now. con la voce meno ubriaca di quanto non fosse nel concerto di Fort Worth, Dallas quando invece insieme a Willie Nelson non reggeva il duetto su I win again nel 2005.
Quando il concerto è finito nel parcheggio dello stadio e dagli sportelli aperti delle Jeep ho sentito le registrazioni pirata di altri concerti di qualche sera prima. E una sera di queste non dormivo quando nel mezzo della notte sono uscito dal motel sulla ferrovia e ho respirato l'aria di fuori.
Quando eravamo in macchina con i miei, c'erano le cassette col nastro che usciva sempre per tutte le volte che le avevamo ascoltate e lo dovevi riavvolgere con la matita.
RispondiEliminaNoi cantavamo sopra la musica. C'erano un mucchio di cassette di Battisti e di vecchie canzoni di Dalla e De Gregori e Vecchioni e Gaetano e Ricchi e poveri e Pooh eccetera, le stesse che cantavamo intorno ai falò con gli amici a Letojanni, a Marniello e a Scoglitti e dovunque ci fosse una chitarra.
Una volta mi hanno regalato un walk-man: ascoltavo Battisti a ripetizione con un pizzico di quelle compagne nostalgiche e un po' sognatrici che avevo.
Poi sono arrivati i cd. Ero ancora innamorata della musica di Battisti, quando ho cominciato ad ascoltare Baglioni. Il suo primo concerto che ho visto, avevo forse tredici anni. Sono andata lì, l'ho visto muoversi con le braccia aperte come in bilico sul mondo, ho ascoltato le parole delle canzoni e mi sono innamorata perdutamente. C'era l'anima di un sognatore, una sensualità calda come acqua pesante sulla pelle e come fiato fra i capelli dietro l'orecchio, la testa di uno che si interroga sulle cose, e nei punti in cui cantava o parlava sottovoce socchiudevo gli occhi come un gatto e lo sentivo entrare sotto la pelle, era come se lo respirassi.
Ho comprato l'album del concerto e spesso lo prendevo per rigirarmi sotto gli occhi e fra le dita quel torso nudo, le spalle, la tensione discreta dei muscoli sotto la pelle un po' lucida.
Anni dopo sono andata a un altro suo concerto. C'era anche mamma, che è riuscita ad addormentarsi anche se eravamo in terza fila, a un tiro di schioppo da lui e dagli altoparlanti che ti facevano entrare la musica nella pancia.
A un certo punto, in un momento di silenzio, anche se mi vergognavo che mamma mi sentisse, gli ho gridato Claudio ti amo. Lui ha sorriso nel microfono e io mi sono emozionata: per la miseria, da allora in poi la mia voce avrebbe fatto parte della sua vita anche se nascosta in un buchino infinitesimale del suo inconscio.
Anche altri concerti ho visto, con amici e persone. Ma solo quella volta, quando ha fatto il giro per stringere le mani, gli sono arrivata a tanto così: mi sarebbe bastato allungare una mano per toccarlo. Invece sono rimasta a guardarlo da vicino. Lui mi ha guardata pure, o mi piaceva immaginarlo.
Non l'ho toccato. A differenza di mia sorella, che alcuni anni fa, pur di vedere Ligabue, è salita sul palco da sola a rischio di scontrarsi con il tipo della sorveglianza, e nei giorni successivi la gente la fermava per la strada per farle i complimenti.
Quella sera non è riuscita ad avvicinare il Luciano e men che meno a entrare nel camerino, ma in compenso ha fatto amicizia con quello della sorveglianza, il quale la ha fatta imbucare al concerto della sera dopo e le ha fatto sbirciare Ligabue da dietro le quinte, a pochi metri.
A me invece è rimasta la passione per le voci e il fiato caldo fra i capelli, per le spalle e per le cose che si toccano. In memoria.