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Marcia longa

Partiti dalla IV Traversa arrivarono già provati al piazzale del Municipio che si apre dopo il giardino pubblico in cima alla XIX Traversa. Mimmo Russo sbandierava segnali da una macchina, un altro socio amico suo alto e dal naso grande appendeva i numeri alle magliette. Il gruppetto si unì agli altri tre mila concorrenti che andavano a passo di corsa ma una volta a Borrello, dopo appena un paio di km, si misero a camminare.

Verso le 10 i castagni passavano a fianco e la ginestra anche, a forma di albero e di siepe. Era la prima Marcia Longa da un paese verso il rifugio Sapienza, una specie di corsa maratona di 22 km trasformata in scampagnata con le madri e le vicine pronte a rifornire i poveri ragazzi di succo di arancia o latte di mandorla.

In gruppi sparsi i maratoneti veri avevano tagliato il traguardo intorno alle nove e mezza mentre i camminatori passeggiatori arrivarono con un certo sforzo, certuni senza scarpe e altri con le piaghe sotto i piedi. Alle 11 dopo tre ore di camminata sull'asfalto il monte San Leo e la contrada della Quercia erano chiari e limpidi, gli occhi cominciarono ad appannarsi di fronte all'Albergo di Corsaro. 

Turi Pulvirenti era il più preciso e ordinato, tirò fuori il fazzoletto bianco piegato in quattro dalla sua borsa a tracolla e si asciugò la fronte. Pippo Rapisarda e Gianni Piana fecero le foto, si perse del tempo per salire sui muretti e schierarsi in ordine. Solo Pippo Motta e Ciccio Santamaria erano freschi come le rose, forse perché erano abituati a spalare terra e portare i secchi di calce.

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