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Oculato e profumato

La polvere dei rumori ricopre la gente, i mobili delle case lasciate dai morti. Ma oggi è giorno di nuvole e umido, potrebbe essere la tregua dell' estate permanente. Forse il ghiaccio del polo Nord la smette di sciogliersi. E questa prima acqua dal cielo potrebbe cancellare i segni del tempo, almeno dai vetri delle auto in sosta.

Nell'atrio di ingresso del palazzo una signora con occhiali parla del tempo a un'altra più giovane, e questa risponde per cortesia. Ma la signora con la parlantina non la ascolta, deve rammentare della neve dell'86 alta così e dei falsi miti sul freddo di Milano. L'altra dice allora del terremoto in Emilia e in Irpinia, era bambina e il padre la teneva per mano mentre scappavano dal palazzo di Salerno.

La porta dell'ambulatorio davanti alla piccola folla non si apre ancora, manca qualche minuto. Pare solo questione di minuti, la porta si aprirà alle nove. Quando cerco di entrare si capisce che è chiusa dal di dentro, allora aspetto con le due signore che continuano a parlare, ora del tempo ora di qualcosa a cui potrei rispondere secondo quanto si capisce. Ma non abbocco e mi concentro sulle maniglie d'epoca del portone di vetro.

Nell'ingresso del palazzo c'è un cartello che dice Sono vietati gli assembramenti e anche altri eventi di disturbo della quiete. Le due parlano ora del più e del meno a volume sostenuto tanto che qualcuno esce dall'ascensore preoccupato. A un certo punto verso di me sale dal centro dell'atrio un profumo penetrante come di acqua di colonia a lungo conservata. Lo sento nel centro della testa e in mancanza di ricambio di aria potrei decidere di lasciar perdere la visita dell'oculista.

Un rumore dietro la porta fa intendere che ormai l'ambulatorio è aperto. Così giro la maniglia e questa si apre. Al che la signora parlante si gira di scatto e la lascio passare come si fa coi tori davanti alla muleta. Lei però aspetta il dottor tal dei tali che non arriva mentre l'altra per sua fortuna va dritta verso l'altra porta aperta del medico specialista.

Il mio medico è diventato più anziano ma è sempre gentile, si notano dei mocassini colorati in contrasto con il grigiore del resto. Inoltre perlustra il fondo dei miei occhi con varie apparecchiature con il solito garbo e cortesia. Ruota ogni attrezzo il maestro degli occhi, copre le pupille quando serve e poi le scopre, dice di guardare verso la lucetta e io guardo. Poi si avvicina come se volesse vedere dentro la cornea con un attrezzo luminoso, si avvicina e stringe il dorso della mano sulla mia guancia fino a che dice, ora guardi la luce. Stringe forte anche l'altro occhio e l'altra guancia, poi finisce tutto.

Credo di aver diritto a un rimborso parziale di una parcella e mi reco perciò all'ufficio amministrativo guidato da due altre impiegate diverse dalle prime addette all'ambulatorio. Ma la signora parlante mi ha seguito e ora aspetta anche lei davanti al secondo sportello. L'odore di colonia si è impossessato così di quest'altro ufficio adiacente al primo in un altro numero della via e di tutti noi che aspettiamo un certificato e una fotocopia come riscontro.

Per un attimo, uscito fuori per strada, mi sono chiesto se la puzza mi era stata attaccata per contagio. O se venisse da me, oggi che ho fatto la doccia con un sapone diverso. Chissà tante volte, non si sa mai. Ma non avendo un riscontro preciso sulla questione ho ritenuto di non pensarci più. La signora con gli occhiali e l'ombrello era scomparsa ormai ed era ora di fare colazione con una bella brioscia e un cappuccino al chiosco del Tumbun di San Marco.

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