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Cima di rapa

Prendo una borsata di cime di rapa. Costano sui 90 centesimi al chilo al bancone all'aperto del marocchino. Meglio stare al suo fianco per sentirlo meglio. Gli racconto di come ho venduto i 30 quintali di arance per pochi spiccioli e della povertà dei contadini al giorno d'oggi. Parliamo come due impresari dello stesso ramo. Lui vende frutta e verdura, io produco nell'agricoltura biologica e ci troviamo in una piazza di Milano. Dove io ricompro a 80 centesimi quello che ho venduto prima a 18.

- Ciao come stai?
- Bene compaesano.
- Ma tu quanta roba prendi ogni volta?
- Tre quintali di arance bastano una settimana.
- Il prossimo anno te le vendo io, però ne faccio 100 di quintali.
- Il ficodindia lo chiami karmus. O il karmus è il fico?
- Ti basta la cima. Vuoi dell'altro?

Ogni settimana il marocchino si piazza dopo il bancone delle pentole. Il socio del capo dei verdurieri somiglia a un mio amico, figlio del cugino di famiglia Raccuja. Da quando frequento il bancone il sosia mi guarda perplesso. Il cugino Turi, Orazio il Tappo ed io giocavamo a sette e mezzo nel pomeriggio. In palio tappi di gazzosa. Vincevo quasi sempre. Quindi cosa guardi, socio?

Passano i giorni e le settimane quando ritorno sempre alla stessa ora dalle parti del bancone con cime di rape. Tiro avanti stordito dall'insonnia e dalle cadute di stile. Il marocchino è gentile, guardo i pomodori ramati dei sardi e non lo vedo, non lo riconosco. E' uno qualsiasi che scarta i finocchi e preme i tasti per lo scontrino.
- Ciao amico, sei andato nelle tue terre?
- No. Ancora una settimana o due. Poi tutto cambierà nella mia testa. Potresti farlo anche tu (Ma questo non gliel'ho detto). Non so neanche come si chiama il mio amico, nè lui conosce il mio nome. Ci rivedremo ancora, siamo sicuri.

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