Donna Micia aveva i capelli raccolti sulla nuca. Il tuppo lo faceva da sola incrociando le trecce, o con l'aiuto della vicina, di mattina presto tutte le settimane. Ma i capelli più corti, intorno alla fronte e dalle tempie, si agitavano nell'aria come i fili di erba appena nati. Le rughe tagliavano come dei solchi gli occhi senza sopracciglia. Che ridevano sempre anche quando diceva dei ladri e delle cose storte - Non te ne curare!
Era una donna piccola e magra di 80 anni intenta a lavare lenzuola e camicie con il sapone fatto in casa. Quando era salita sulla scaletta a pioli per potare la vite era caduta rompendosi un braccio. - Ma chi ti ci porta a fare sté cose? aveva detto zio Giovanni. Lei, però, continuava a svuotare l'acqua dalle vasche e torcere la tela bagnata. Quando era necessario tingeva anche gli abiti di nero per un lutto in famiglia o con il bluette schiariva le camicie.
Don Salvatore, invece, più alto e corpulento sedeva dietro la finestra e con le dita faceva un conto per i fatti suoi. Il mio compito era fargli la barba ogni tanto con il rasoio elettrico nuovo nuovo. Portava una coppola scura, il panciotto con l'orologio e dei pantoloni grigi per le macchie che puzzavano di urina. Al ronzio molesto spianavo la guancia ma la barba era fitta e la pelle si arrossava. Sotto il naso i peli restavano intatti dove erano più neri. Lui si addormentava ogni tanto, io continuavo a rasare finché dava un cenno con la mano.
Il seno della nonna Micia, intanto, era scomparso. - Sai Pippa, ormai sono come due passùluni! diceva a mia madre. Voleva dire i grappoli di uvetta lasciati appesi ad asciugare. Ma i denti erano i suoi ancora, regolari e allineati sulle labbra. Solo uno spacco verticale tra gli altri divideva la parte inferiore della bocca. Il naso era come una piramide a doppia base. Di profilo era dritto, davanti era un pò storto alla giuntura delle narici.
Per le feste o anche la domenica avevo diritto a cento lire o anche a trecento per le pistole al tempo dei Morti di Novembre. Dopo le scuole di terza elementare, invece, ho ricevuto una bicicletta nuova e rossa, numero 20 di marca lombarda. Alla fine della rasatura o della visita imposta come dovere civico andavo via verso casa.
Mi diceva per salutare - Dio ti benedica!
E poi aggiungeva - Bello valente!
Era una donna piccola e magra di 80 anni intenta a lavare lenzuola e camicie con il sapone fatto in casa. Quando era salita sulla scaletta a pioli per potare la vite era caduta rompendosi un braccio. - Ma chi ti ci porta a fare sté cose? aveva detto zio Giovanni. Lei, però, continuava a svuotare l'acqua dalle vasche e torcere la tela bagnata. Quando era necessario tingeva anche gli abiti di nero per un lutto in famiglia o con il bluette schiariva le camicie.
Don Salvatore, invece, più alto e corpulento sedeva dietro la finestra e con le dita faceva un conto per i fatti suoi. Il mio compito era fargli la barba ogni tanto con il rasoio elettrico nuovo nuovo. Portava una coppola scura, il panciotto con l'orologio e dei pantoloni grigi per le macchie che puzzavano di urina. Al ronzio molesto spianavo la guancia ma la barba era fitta e la pelle si arrossava. Sotto il naso i peli restavano intatti dove erano più neri. Lui si addormentava ogni tanto, io continuavo a rasare finché dava un cenno con la mano.
Il seno della nonna Micia, intanto, era scomparso. - Sai Pippa, ormai sono come due passùluni! diceva a mia madre. Voleva dire i grappoli di uvetta lasciati appesi ad asciugare. Ma i denti erano i suoi ancora, regolari e allineati sulle labbra. Solo uno spacco verticale tra gli altri divideva la parte inferiore della bocca. Il naso era come una piramide a doppia base. Di profilo era dritto, davanti era un pò storto alla giuntura delle narici.
Per le feste o anche la domenica avevo diritto a cento lire o anche a trecento per le pistole al tempo dei Morti di Novembre. Dopo le scuole di terza elementare, invece, ho ricevuto una bicicletta nuova e rossa, numero 20 di marca lombarda. Alla fine della rasatura o della visita imposta come dovere civico andavo via verso casa.
Mi diceva per salutare - Dio ti benedica!
E poi aggiungeva - Bello valente!
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