Passa ai contenuti principali

Materasso ad aria

La prima volta che ho incontrato Mary Lanotte aveva un cappottino bulgaro alla fermata del treno. Siamo andati a passeggiare su una strada stretta e asfaltata in direzione del castello di Bolognate, un mezzo metro sopra il livello dei terreni intorno. Lei portava i pantaloni e non ha mai smesso di farlo finora. Forse per risparmiare si nutriva solo di caramelle blu e di yogurt alla mela. Quel giorno stava in piedi con la schiena dritta vicino a un sottopassaggio del treno. Più il tempo passava e più le cose da dire erano andate a finire in un solo vortice di tensione dissimulata. - Perchè ti ho invitato? - Cosa sono venuto a fare fin qui?
Il campo di mais scorreva di lato, i gatti giocavano dietro una recinzione di legni marci e il ristorante era freddo e vuoto come la neve di questi tempi. Quando Mary ha visto il menu è scoppiata in una risata falsa compulsiva. Ho detto al cameriere - Ci porti i quadrucci in brodo. Ho pensato - Almeno ci scaldiamo e poi nel caso si aggiusta tutto con un pò di grana padano. Il tetto era alto e l'ambiente accogliente come una sala da ballo prima del ballo.
In seguito abbiamo preso vari the e caffè aspettando che si freddassero per essere bevuti. Ma il tempo passava senza parole e mi sembrava di essere Oblomov in una taverna oppure qualche marito stanco dopo cena. Nel frattempo lei era passata da un nero dei capelli a un rosso ramato. Abbiamo impiegato sei mesi prima di salutarci con la mano e circa dieci minuti per abbracciarci senza il maglioncino.
Lei adesso lavora in un palazzone dell'ortopedia applicata e ha cambiato corsia di ospedale. Anche la casa è diversa ma ha ancora un problema. Deve ancora comprare un letto nuovo. Dorme su un materasso ad aria compressa che può spaccare qualsiasi schiena. Se ti addormenti da un lato rotoli dall'altro come un cuscinetto a sfera. Adesso Mary ha male alla cervicale, ma io che ci posso fare? Ho le mani pranoterapeutiche, è vero, posso fare un massaggio. Per intanto le ho regalato un ficodindia e insegnato ad annaffiarlo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Sostituzione

Scusate ero via. Mi hanno detto metti via. Mi sono detto sono via.  Ecco dunque: la parola di oggi, forse di questo prossimo secolo è: sostituzione. Il ChatGpt, il robot della chat, ti parla come ti parla una persona. Finora tutti gli altri media ti parlavano come una persona ma questa volta è diverso. Molto diverso. Sostituisce tutto, anche una buona parte di te stesso. Certo, prima deve imparare chi sei ma poi ti sostituisce. Comodo non dover più dipendere da questo e quello, e così entri nel gioco della mutazione e della sostituzione. Gli italiani stanno scomparendo e dunque è in corso la sostituzione etnica. Quella di cui parliamo invece è una sostituzione trasversale radicale che riguarda tutti.  Ma vediamo perché si arriva a questa roba terrificante o entusiasmante (nel caso si voglia credere che sostituirà solo la tua parte di cose noiose da fare). Praticamente tutta la tua vita da un po' di tempo sta passando attraverso lo schermo, la tua identità è trasferita nel digi...

Avevo un cuore

Adesso ho quasi tutto, molto più di sempre. Adesso non devo lavorare per vivere, ho abbastanza. Ho anche una casa solo mia, una terra tutta mia. Prima ero nel traffico e vivevo in quattro metri quadrati, ora ho quattro stanze da 120 metri e un terreno di nove mila metri. Ci sono due cani che corrono, tanti alberi piantati e altrettanti da piantare ancora.  Quando avevo la voglia non avevo una lira, adesso ho una lira ma la voglia è passata. No non è passata, ho sempre il senso del dover fare qualcosa per proteggermi aspettando tempi migliori. Invece dovrei semplicemente cercare di fare quello che voglio fare: alzarmi dal letto con un piano per la giornata. Dovrei fare con calma e determinazione quello che è giusto e bello fare. Ma nel frattempo ho dimenticato cosa volevo fare perché l'ho rimandato. Ho sentito di non avere la forza di andare oltre le barriere e le circostanze. Mi sono perso nel groviglio delle rinunce e dei compromessi. Era più urgente la necessità di coprirmi dalle...

Un muro nella testa

- Hai detto che ti chiami Serena, mi ricordo che ti chiami Serena. Non è vero? - No, io sono la Brunella. Avevo immagazzinato l'idea di Serena perché Serena è nome lombardo. Non che questa Brunella fosse bella come la Serena che immaginavo ma per comodità mi ero appoggiato a questa idea per darle un contesto. Per riportarla dentro uno schema notorio.  E così per più di una volta incontrandola nel parco, lei e il suo compagno Fango, pensavo: ecco la Serena. Pensavo, forse non si chiama Serena ma è il nome che più si avvicina all'idea che mi sono fatto del suo nome quella volta che me l'ha detto. Infatti Brunella non era neanche vicina alla Serena postina dei partigiani, che era una bionda bella e forte. Eppure ero quasi sicuro. Serena come la partigiana del film sulla resistenza in Val Padana. Come i protagonisti di Novecento di Bernardo Bertolucci o di Citto Maselli, donne partigiane in aiuto di compagni partigiani. Il popolo buono, il bello della rivoluzione poi estesa dal...