Mi hanno dato il nome del padre di mio padre. Mia madre dice che non sopportava le luci accese la notte prima di partorire. Neanche io le sopporto in faccia quando sono a letto. L'ospedale dove sono nato è dedicato al Bambino Gesù anche se non ha niente di dolce e carino ma ha le pareti beige e gli infissi di alluminio. Mia sorella, otto anni dopo, invece, è nata in casa con la levatrice, la signora Nuccia.
Mia madre dice ancora: “Benediciamo u vento da naca". L'aria mossa dal dondolare della culla tra i due ganci spinta da una mano è il vento. L'amaca improvvisata negli angoli della casa è la naca. "Stù diretturi da clinica si chiamava Giuffrida, aveva 65 o 70 anni. Una mattina è passato con i medici più giovani e gli infermieri e ci disse - La testa di stù picciriddu è cchiù nica del seno che gli dà il latte.”
La mia casa era di rosa corallo. Sono cresciuto tra i profumi e gli odori di foglie di aranci, di conigli nella gabbia, terra bruciata, dalie nel vaso e grano ammassato nella cantina come il monte dorato di Zio Paperone. A maggio le donne del quartiere venivano nel pomeriggio a cantare le lodi alla madonna per un voto di dieci anni. La stanza era celeste alle pareti e bianca per i vasi di fiori, le trombe del Paradiso.
Mia madre dice ancora: “Benediciamo u vento da naca". L'aria mossa dal dondolare della culla tra i due ganci spinta da una mano è il vento. L'amaca improvvisata negli angoli della casa è la naca. "Stù diretturi da clinica si chiamava Giuffrida, aveva 65 o 70 anni. Una mattina è passato con i medici più giovani e gli infermieri e ci disse - La testa di stù picciriddu è cchiù nica del seno che gli dà il latte.”
La mia casa era di rosa corallo. Sono cresciuto tra i profumi e gli odori di foglie di aranci, di conigli nella gabbia, terra bruciata, dalie nel vaso e grano ammassato nella cantina come il monte dorato di Zio Paperone. A maggio le donne del quartiere venivano nel pomeriggio a cantare le lodi alla madonna per un voto di dieci anni. La stanza era celeste alle pareti e bianca per i vasi di fiori, le trombe del Paradiso.
Sono andato via che ero giovane. Ho fotografato gli striscioni della rivoluzione, sono andato al funerale di Moro e poi di Berlinguer stringendo la mia ragazza sulle mura romane del Colle Oppio. Mi sono innamorato tante volte. Quando mi sono innamorato per davvero potevo avere un figlio. Ma non è successo. Molte volte mi sono perso. Poche volte ho trovato la strada. Adesso torno sempre dove sono cresciuto. Come un cavaliere di ventura, un ladro della mia stessa casa o un viaggiatore alla taverna che chiude la sera tardi.
Il vento culla i bambini..esalta gli odori..accarezza la pelle..e camminando nel vento ci si perde nei propri pensieri, si fanno i bilanci, tutto si attenua, tutto diventa malinconicamente leggero e lontano. Il vento a volte si porta via delle cose che forse non servono più.
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